Politiche

Il Portogallo è uno dei paesi più a rischio nell'Europa che traballa. L'impatto di genere della crisi non è univoco: nel settore privato sono più colpiti gli uomini e nel pubblico le donne. Ma queste ultime sono le più colpite dalla politica restrittiva del governo

Lisbon Story, la crisi
per le portoghesi

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La ricetta portoghese in risposta alla crisi del debito del 2010 è fatta di misure che si avvertono molto a livello individuale, tagli ai salari e fermo delle carriere, aumento delle tasse sui redditi, tagli alla spesa sociale e soprattutto ai sussidi di disoccupazione. Sono state cancellate parecchie misure lanciate nel 2009 che miravano ad aiutare le imprese a promuovere l’occupazione e le persone ad affrontare la disoccupazione. Oggi molti dei principi che avevano ispirato le politiche anticrisi del 2009 sono spariti dai discorsi ufficiali. E’ venuta meno la preoccupazione di trattenere le persone nel mercato del lavoro, di migliorare le competenze e di favorire l’entrata nel mercato del lavoro. L’unica cosa di cui si sente parlare è di come ridurre il debito pubblico e di come garantire allo Stato l’accesso al credito nei mercati internazionali a tassi ragionevoli. Ma alcuni segnali positivi vanno colti.

Tagli agli investimenti, ma non nel settore della cura

Oggetto di grande controversia è stato soprattutto il rinvio della messa in cantiere di importanti opere pubbliche, le cui conseguenze ricadranno maggiormente sulle opportunità di impiego per gli uomini nel settore della costruzione. Tra i progetti rinviati figurano la costruzione di un nuovo aeroporto e un terzo ponte sul fiume Tagus, entrambi nei pressi di Lisbona, la connessione TAV Lisbona-Madrid e la costruzione di nuove autostrade.

I rischi per le prospettive di impiego delle donne stanno altrove e soprattutto nella decisione di penalizzare il pensionamento prima dei 65 anni e di sospendere le assunzioni nel settore pubblico. Molti impiegati statali hanno chiesto il pensionamento, cercando di approfittare delle condizioni vantaggiose che vigevano fino all’aprile scorso per il pensionamento anticipato. Non sono ancora disponibili dati per sesso ma non è difficile prevedere che a fare questa scelta siano state soprattutto le occupate con qualifiche e salari più alti. Si profila così uno scenario un po’ paradossale in cui molte donne non hanno accesso al lavoro ma molte altre lo abbandonano per andare in pensione.

Eppure l’orizzonte non è tutto nero. Gli ultimi anni hanno registrato indubbi progressi nella costruzione di una solida rete di servizi tesa a facilitare l’occupazione femminile e a favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Da una parte si è lavorato sul sostegno attivo all’impiego e all’imprenditoria femminile sia come misura di supporto delle donne con bassa occupabilità che come strumento per innovare l’economia, dall’altra si è lavorato sull’introduzione di un modello di scuola a tempo pieno nel sistema educativo, il riconoscimento di nuovi diritti per genitori lavoratori, e, in generale, l’aumento dei servizi per la cura delle persone dipendenti.

Fortunatamente, l’investimento pubblico nei servizi di cura alla persona non ha subito tagli o rallentamenti significativi, anche perchè molte delle iniziative erano già avviate e sono sostenute da un partenariato privato-pubblico. E’ molto importante che questo tipo di investimenti vada avanti perché in Portogallo la scarsità di servizi è tale che lo sforzo in corso è ancora lontano dal soddisfare i bisogni.

La disoccupazione e la scure sui sussidi

Per ora dominano le apprensioni sulla disoccupazione. I più colpiti sin dall’inizio della crisi sono stati gli uomini, che hanno subito i maggiori incrementi. Le donne però continuano ad essere sovra-rappresentate, con un tasso complessivo pari all’11,4 nel primo trimestre di quest’anno contro il 9,8 per gli uomini.

Più che la cifra complessiva rileva la situazione di alcuni sottogruppi. I maschi giovanissimi (15-24 ani) sono in prima fila negli aumenti di disoccupazione. Il loro tasso era pari a 11,7 punti percentuali nel 2008 mentre attualmente ha superato i 22,3 punti. Il balzo è stato tale da portarli ad un soffio dalle loro coetanee che registrano un tasso del 23,2%. E’ possibile tuttavia che si tratti di un "catching up" provvisorio da parte, poiché una parte della disoccupazione giovanile e maschile si deve all’abbandono scolastico, per contrastare il quale si sta diversificando l’offerta di pacchetti di formazione alternativi alla scuola.

Il gruppo più colpito fra le donne è, invece, quello in età centrale (35-44 anni) che, pur registrando livelli di disoccupazione inferiori rispetto alle giovanissime, sta subendo aumenti tuttora consistenti, più di 3 punti e mezzo tra l’inizio dell’anno scorso e di quest’anno. Al polo opposto troviamo le donne laureate, unico segmento a registrare una diminuzione della disoccupazione, al contrario di quanto sta avvenendo per i colleghi. C’è da chiedersi perché in Portogallo, la corsa alla scolarizzazione da parte delle donne stia pagando anche in tempi di crisi. Quanto di questo vantaggio si deve alla crescita di posti di lavoro al femminile piuttosto che al fatto che le donne hanno aspettative inferiori e accettano lavori sotto-qualificati? Domande destinate a rimanere inevase, per ora.

Disoccupazione in Portogallo

Fonte: calcoli basati su Employment Statistics - 1st Quarter 2010, INE

Il problema che accomuna tutti i disoccupati è il taglio dei sussidi. In Portogallo ne esiste più di uno. I principali sono il sussidio di disoccupazione propriamente detto che viene erogato a coloro che hanno raggiunto le 450 giornate lavorative regolarmente pagate nei 24 mesi precedenti la data di disoccupazione e il “sussidio sociale di disoccupazione” erogato a coloro che hanno raggiunto le 180 giornate lavorative pagate nei 12 mesi precedenti la data di disoccupazione. 

 La riduzione degli ammortizzatori sociali  ha significato la sospensione del sostegno finanziario per l’apprendistato di giovani disoccupati e disoccupati di ritorno nonchè dei sussidi per la formazione dei lavoratori durante i periodi di sospensione o riduzione dell’attività delle imprese per evitare i licenziamenti.  Ma ha investito soprattutto i sussidi di disoccupazione, imponendo criteri più restrittivi  a danno dei disoccupati con un minor numero di  giornate lavorative.

Come in  altri paesi europei, in Portogallo la quota dei disoccupati che percepiscono sussidi tende ad essere più alta fra i maschi. Le cifre variano a seconda di come si definisce la disoccupazione – ad esempio se vi si includono o meno tutti quelli registrati come disoccupati nei centri per l’Impiego.  In base agli ultimi dati ufficiali si può stimare questa quota al 55% per i maschi e al 52% per le donne. Il problema non sta tanto nello scarto di qualche punto percentuale sul totale dei sussidi quanto nel fatto che le donne tendono ad avere meno anzianità degli uomini e perciò una probabilità maggiore di percepire i sussidi meno generosi, quelli concessi a fronte di condizioni meno stringenti sull’attività lavorativa precedente. La scure dei tagli si è abbattuta, per l’appunto, su questi sussidi.

Beneficiari del sussidio di disoccupazione e del sussidio sociale di disoccupazione 


Così, se le donne sono state risparmiate dai peggiori effetti della crisi, non sono riuscite ad evitare i peggiori  effetti di alcuni dei ‘rimedi’.   In uno scenario in cui, comunque,  tutti sono più poveri,  conforta riandare ai segnali positivi, la resistenza di alcuni settori dell’occupazione, anche femminili,  e la continuità delle politiche che rafforzano la rete dei servizi di cura.