Cambiano le madri, cambiano i padri e cambia la legislazione di molti paesi con l'introduzione di congedi di paternità. Ma ogni stato Ue ha sviluppato un suo modello: uno sguardo d'insieme aspettando l'applicazione della direttiva europea che prevede due settimane obbligatorie e pienamente retribuite
Come funziona in Europa
la "quota papà"
Dopo la nascita del bambino la mamma ha diritto al congedo di maternità. E il papà?
I congedi di paternità sono congedi a favore dei padri all’atto della nascita del bambino. Non ci sono standard internazionali in merito, ma se ne registra una progressiva diffusione nelle legislazioni nazionali e nelle pratiche aziendali. La crescente frequenza di questa tipologia di congedi diventa sia l’indicatore della nuova importanza attribuita al padre durante i primi giorni di vita del bambino sia dell’aumento degli sforzi dei singoli Paesi che cercano di incoraggiare la condivisione delle responsabilità familiari. Alcuni paesi europei sono intervenuti a livello legislativo perché ne possano beneficiare tutte le categorie di lavoratori contribuendo non solo al benessere familiare, ma anche ad una migliore condizione lavorativa delle madri.
I congedi contribuiscono in modo essenziale all’attuazione della conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare come parte integrante di una più ampia struttura di politiche volte a sostenere l’uguaglianza di genere nel mercato del lavoro. I mutamenti in atto e quelli intervenuti nella redistribuzione dei carichi familiari, oltre ad aver investito le donne di un ruolo partecipativo nell’ambito lavorativo ha portato al diffondersi di quella che è stata chiamata paternità responsabile.
A marzo del 2010 il parlamento europeo ha approvato modifiche alla legislazione europea[1] in materia di congedo di maternità minimo, portandolo da 14 a 20 settimane, tutte remunerate al 100% dello stipendio, con una certa flessibilità per i paesi che hanno regimi di congedo parentale.
Questo è stato, quindi, il punto di partenza che ha indotto il legislatore a riconsiderare l'equilibrio tra lavoro e vita familiare non più in base alle differenze di genere, ma ad una precisa scelta dei genitori che decidono come gestire la propria quotidianità.
Ci sono alcuni paesi, tra cui l’Italia, in cui i padri non hanno diritto ad un congedo specifico, ma possono usufruire in particolari circostanze dei benefici derivanti dai congedi di maternità al posto della madre. Dal 2001 i padri hanno diritto ad usufruire del congedo di maternità nei casi di decesso della madre, di sua grave disabilità, di abbandono del bambino o in caso di coppie separate o divorziate se al padre è affidata la custodia del bambino.
Sedici dei ventisette stati membri prevedono nei loro ordinamenti in materia i congedi di paternità che variano da due a dieci giorni e di solito sono retribuiti sulla stessa base dei congedi di maternità. I congedi parentali sono contemplati in alcuni paesi, come un periodo di tempo di cui possono usufruire soltanto i padri. Ci si riferisce a questi in termini di father’s quota. La distinzione tra congedo di paternità e congedo parentale per i soli padri può apparire confusa. La comparazione tra Islanda, Norvegia e Svezia può fornire un esempio di tale complessità. L’Islanda prevede nove mesi di congedo dopo la nascita, tre mesi per la madre, tre mesi per il padre e tre mesi come diritto da dividere tra i genitori. Come si evince da questa struttura non c’è un congedo di paternità vero e proprio, ma tre mesi di congedo ad uso esclusivo del padre di cui può usufruire durante un periodo di tempo a scelta. La Norvegia, invece, prevede due settimane di congedo di paternità (da usare al momento della nascita del bambino) più ulteriori dieci settimane in father’s quota (che verranno innalzate a dodici). La maggior parte del congedo parentale è un diritto della coppia. Anche la Svezia prevede un congedo di paternità (dieci giorni) e un congedo in father’s quota (sessanta giorni) al congedo parentale.
L’unico paese in cui il congedo di paternità è obbligatorio è il Portogallo.
Con il sì del parlamento europeo a due settimane di congedo di paternità obbligatorio si attende l’impatto nel nostro sistema di congedi. Vera novità per l’Italia sono proprio le due settimane di congedo obbligatorio e totalmente retribuito. Le premesse prospettate dal legislatore europeo sono incoraggianti, il quadro italiano è ancora in evoluzione.
I lavoratori padri dovranno poter fruire, alla nascita di un figlio, di almeno due settimane di congedo interamente retribuito. Del tutto nuovo, anche per il nostro paese, l'invito rivolto agli stati membri di far beneficare i padri di un autonomo periodo di assenza da utilizzare nel periodo in cui opera il congedo obbligatorio per maternità, il cui periodo minimo deve essere aumentato, dagli stati membri dell'Unione europea, da 14 a 20 settimane. Quest'ultima misura non tocca, però, il nostro paese, che già stabilisce in cinque mesi l'astensione obbligatoria dal lavoro per le neo mamme.
Il provvedimento passa ora al Consiglio europeo nel quale si preannuncia una forte opposizione da parte di alcuni paesi che ritengono la proposta troppo onerosa.
Nel nostro paese solo recentemente l'opinione pubblica ha iniziato a riconoscere l'importanza del ruolo paterno all'interno della famiglia e nell'educazione dei figli. La società sta diventando sempre più consapevole del fatto che non solo la donna, ma anche l'uomo, deve adempiere al suo ruolo all'interno della famiglia e quindi partecipare alla crescita dei figli. Per attenuare il divario tra famiglia e professione, entrambi i genitori devono assumersi le proprie responsabilità nell'ambito familiare e, in questo modo, contribuire anche all'affermazione delle pari opportunità. I recenti dati Istat dimostrano che gli uomini vorrebbero avere più tempo da dedicare alla famiglia[2], ma che nella realtà la partecipazione ai doveri familiari risulta scarsa. Per porre l'accento sulle responsabilità dell'uomo per ciò che attiene i compiti familiari è necessaria una sensibilizzazione dell'opinione pubblica sulla percezione del ruolo paterno.
E’ in discussione alla camera (sede referente, assegnato alla commissione lavoro il 9 giugno 2010) un progetto di legge che porterebbe l’Italia ad adeguarsi al resto d’Europa sul tema del congedo di paternità. Il progetto di legge andrebbe a modificare il decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità”, istituendo, il congedo di paternità obbligatorio. Il progetto di legge all’esame del parlamento punta l’attenzione sulla modifica all’attuale art. 28 D.lgs 151/2001. Tale modifica mira ad introdurre l’obbligo per il padre lavoratore di astenersi dal lavoro per un periodo di quattro giorni continuativi, entro tre mesi dalla nascita del figlio. L’indennità prevista per tale periodo, pari al 100 per cento della retribuzione, è posta a carico del datore di lavoro, ovvero del sistema previdenziale di appartenenza nel caso di lavoratore autonomo.
La proposta di legge muove dalla considerazione che, nonostante i pur importanti passi avanti fatti negli ultimi anni, l’Italia sconta ancora un grave ritardo nelle politiche di sostegno alla genitorialità: ciò si traduce in un tasso di natalità inferiore alla media europea, in una insufficiente partecipazione delle donne al mondo del lavoro, nella scarsa condivisione da parte degli uomini delle responsabilità genitoriali.
A livello locale si è riusciti ad andare oltre: la Cassa Rurale di Aldeno e Cadine (nel 2008 progetto finanziato ex art. 9 L.53/00 e ha aderito allo standard Audit&Lavoro della Provincia Autonoma di Trento) per dimostrare che è possibile invertire tale tendenza e sostenere anche un nuovo ruolo delle aziende nel favorire il desiderio e la volontà di dedicare più tempo alla costruzione di un rapporto più solido e duraturo da parte dei padri, nell'ambito della collaborazione con il progetto Equal Gelso, coordinato dal Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell'Università di Trento, ha deciso di riconoscere 3 giorni di congedo obbligatorio ai padri alla nascita dei propri figli. E' il primo caso in Italia di congedo obbligatorio per i neo padri.
Prima, però, di passare dal diritto all’obbligatorietà è necessario nel nostro paese agire sull’aspetto culturale. Incidere sulla cultura, attraverso una campagna di divulgazione, significa trasferire alla società civile il concetto che il congedo di paternità è un diritto. Raggiungere un equilibrio tra carichi di cura familiare e impegno lavorativo consentirà di raggiungere la parità tra uomini e donne sia nell’ambito familiare che sul mercato del lavoro.
[1] Progetto di seconda relazione 5 marzo 2010 sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 92/85/CEE del Consiglio concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (COM(2008)0637 – C6-0340/2008 – 2008/0193(COD)).
[2] Quasi 3 milioni e mezzo di occupati con figli o con altre responsabilità di cura (il 35,8% del totale) vorrebbe modificare l’equilibrio tra lavoro retribuito e lavoro di cura: il 6,7% dedicando più tempo al lavoro extradomestico e il 29,1% trascorrendo più tempo con i propri figli e/o altre persone bisognose di assistenza. I due terzi degli uomini e il 61,2% delle donne dichiara, invece, di non voler modificare lo spazio dedicato a queste due dimensioni della vita quotidiana, con quote più ampie tra i padri (66,1%) e tra le donne occupate che si prendono regolarmente cura di bambini (non figli coabitanti) (68,2%), meno elevate tra le madri (59,2%). (Istat, Report Conciliazione tra lavoro e famiglia, 28 dicembre 2011).