Città e territori smart, sguardi di genere

Politiche

Un'affollata platea, in presenza e in streaming, ha seguito i lavori della seconda edizione di Smart City Genere e Inclusione. L’intelligenza dei territori e le differenze*. Una mattinata interamente dedicata al gender mainstreaming nelle città intelligenti, con una serie di interventi (qui i video) dedicati alla molteplicità di discipline e punti di osservazione che sono necessari per affrontare il tema. Una questione di tecnologie, certo, ma soprattutto di visioni delle comunità territoriali e dei significati possibili di sviluppo sostenibile dal punto di vista ecologico e dell’inclusione sociale, a partire da quella di genere. 

Learning smart city, città che apprende aperta e inclusiva, sono alcune delle parole chiave che attraversano il dibattito attuale (Campbell, 2012; Komininos et al., 2013), ed è interessante chiedersi quali siano le visioni, i processi di costruzione della conoscenza dei modelli di apprendimento a cui si fa riferimento, e se le donne ne siano coinvolte e/o protagoniste, cosa purtroppo per niente scontata.

Una declinazione in chiave di genere delle smart city trova risonanza nelle politiche europee dalla JPI Urban Europe, che promuove l’utilizzo di metodologie partecipative come i Living Labs, nel concetto di Responsible Research and Innovation e nel coinvolgimento dei cittadini nella ricerca scientifica e tecnologica, che ha permeato il 7° Programma quadro di ricerca e che sono ripresi ed enfatizzati in Horizon 2020.

Nel convegno è anche stata sottolineata la dimensione globale della questione, come mostra l’operato del Gender Advisory Group di UN Habitat: le megalopoli e le città globali dei paesi emergenti e di quelli più poveri vedono le donne alle prese con problemi diversi da quelli tipici delle città europee (accesso alla terra, disuguaglianze sociali e povertà più marcate e violenza soprattutto) ma rimane importante agire in modo che le tecnologie possano sostenere la riduzione dei gap e il miglioramento delle condizioni di vita piuttosto che rispecchiarli, riprodurli o addirittura enfatizzarli.

Non a caso i nodi trasversali del dibattito di Bologna sono stati quelli della ricerca ICT e dei processi di governance e partecipazione nelle smart cities. Sul piano dei contenuti della ricerca e del design delle tecnologie sono molte ormai le sperimentazioni, che hanno mostrato un incremento della rilevanza e dell’usabilità dei risultati quando si tenga presente la dimensione di genere sin dalle prime fasi della progettazione della ricerca e per tutto il suo ciclo, e soprattutto guardando al genere nei suoi intrecci con altri fattori di differenziazione e discriminazione, dall’età, alla provenienza ‘etnica’ o culturale, al ceto sociale etc. Le aziende ICT  presenti  al dibattito di Bologna hanno infatti ribadito come l’attenzione ai bisogni e i paradigmi della human centric o user centric innovation si stiano imponendo come imprescindibili, e questo crea un contesto fertile per spingere verso l’adozione di indicatori e processi che siano ancora più esplicitamente gender sensitive. 

Dal punto di vista della partecipazione delle donne sono molti gli spunti portati all’attenzione dalle relatrici, dall’utilizzo di processi partecipativi mediati da strumenti quali gli Open Space Technology, ad Agende digitali locali che sappiano coinvolgere i pezzi di società civile delle donne interessate e con competenze su digitale e innovazione, all’OpenSource come strumento di facilitazione e democratizzazione della diffusione delle ICT. La partecipazione è intesa come coinvolgimento, raccolta di bisogni e feedback, e in parallelo anche come partecipazione attiva ai processi e ai progetti nei quali l’investimento di risorse sia consistente: spesso le regole sono basate sul modello PPP (Public Private Partnerships) e rispecchiano assetti di potere che non favoriscono, per motivi strutturali, né la presenza  di un punto di vista e/o di competenze di genere, né il protagonismo di organizzazioni di donne o a guida femminile.

Una mattinata è bastata anche a dare una chiara idea delle possibili letture di genere delle restanti aree dell'European Smart City Ranking:

  • Smart mobility: mobilità a tragitti brevi e mobilità di ‘cura’  o work life balance, la progettazione di servizi di infomobility, la coesistenza di problemi di accessibilità e di sicurezza urbana sul trasporto pubblico rendono indispensabile che la pianificazione di mobilità multimodale avvenga con una piena ricognizione e consapevolezza delle differenze di genere.
  • Smart Living: in quest’area rientrano sia tutti gli approfondimenti portati a Bologna in materia di violenza di genere, violenza urbana, videosorveglianza e ICT in tema di smart health. Riguardo alla sicurezza urbana, si è evidenziato come i circuiti di videosorveglianza abbiano più influenza sulla percezione di sicurezza che su quella reale, e come l’attenzione andrebbe posta più che altro sulla messa a punto di dispositivi e progetti che consentano alle donne di abitare attivamente la città. Sul tema e-health è si è notato come il genere sia cruciale nell’accesso ai servizi: le donne sono ancora in moltissime famiglie i soggetti che si fanno carico di interfacciarsi con il sistema sanitario, e in questo ambito il fattore integrazione con altri servizi pubblici e risparmio di tempo è cruciale. Inoltre l’ambito ben si presta ad un’attenzione a bisogni femminili nella progettazione di app destinate alle future mamme o al monitoraggio dell’assunzione di contraccettivi.
  • Smart Economy: si è insistito decisamente sulla necessità di interventi che facilitino la nascita di start up digitali a protagonismo femminile, con potenziamento infrastrutturale e politiche di work life balance per tutte/i, superando la conciliazione vita lavoro come problema esclusivamente femminile.  Un grosso cambiamento culturale è da promuovere nel mondo prevalentemente maschile dell’innovazione entro il quale le donne competenti e di talento, comunque presenza minoritaria, sono ancora spesso trattate con atteggiamento paternalistico.
  • Smart People, ovvero le competenze digitali e collaborative delle donne, oltre lo schema del divario digitale: sono state valorizzate iniziative che hanno puntato più in là dell’alfabetizzazione verso la formazione peer to peer all’uso dei social media, la creazione di piattaforme per la formazione di network professionali e di mentoring reciproco tra donne, il riuso di hardware.

Sull’ossatura della Smart City, ovvero sugli Open Data, sono state presentate  esperienze in corso per promuovere una presenza sostanziale di dati disaggregati per sesso e una lettura di genere dei "dati aperti" (passaggi diversi che vengono purtroppo spesso confusi), affermandone l’importanza trasversale del genere sia per rendere concretamente attuabili i bilanci di genere che per il design di servizi a partire di una lettura di bisogni attenta e differenziata.

Quali i prossimi sviluppi? Tutti gli interventi di Bologna saranno innanzitutto raccolti in un e-book della collana WOW (World of WISTER) che verrà pubblicato nei primi mesi del 2014, mentre è in fase di elaborazione anche una raccolta di buone pratiche a cura di Forum PA e Futuro@lFemminile Microsoft.

Al livello europeo il percorso proseguirà con la Networking Session organizzata da ECWT a Vilnius il prossimo 6 Novembre, nell’ambito della conferenza ICT2013. Un test concreto di questa agenda di ricerca sarà il progetto 7° FP SEiSMiC (Societal Engagement in Science, Mutual Learning in Cities), nel quale l'European Centre for Women and Technology (ECWT) sperimenterà, tra il 2014 e il 2016, azioni di gender mainstreaming nelle Smart Cities.

Smart City Genere e Inclusione. L’intelligenza dei territori e le differenze, organizzato lo scorso 16 ottobre a Bologna nell’ambito di Smart city exhibition 2013, è co-promosso da ECWT Università Ca’ Foscari CISRE e Stati Generali Innovazione-WISTER, in collaborazione con Forum PA e Futuro@lFemminile, iniziativa CSR di Microsoft e Asus. 


(di Maria Sangiuliano)


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