Le donne usano di più il trasporto collettivo e meno l'auto privata. Ma hanno orari, percorsi e abitudini molto diversi dallo standard su cui è tarata la politica dei trasporti, soprattutto in città. Conoscere meglio questa realtà aiuterebbe a progettare in altro modo la mobilità e migliorare la vita quotidiana di tutti

Attaccate al tram. Ecco come
si muovono le donne

di Silvia Maffii, Patrizia Malgieri

Esiste una mobilità di genere? Secondo molti studi la risposta è si. Le differenze di genere nei modelli di mobilità sono determinate soprattutto dalla divisione dei ruoli nel mercato del lavoro e nella famiglia, oltre che dall'età e dalla posizione economica dei soggetti. E proprio perché dipendono dalla divisione dei ruoli, tali differenze sono cambiate in questi ultimi anni,  in funzione dei cambiamenti socio-economici e demografici, i più importanti dei quali sono le nuove tipologie di famiglie e i nuovi modelli sociali, la maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro, l'invecchiamento della popolazione. Sarebbe molto interessante riuscire a capire se le differenze di genere siano tutte riconducibili alla divisione di ruoli, o se invece in misura magari limitata esiste una maggiore propensione delle donne verso la cosiddetta “mobilità dolce” dovuta ad una maggiore attenzione agli aspetti ambientali e sociali della mobilità. Purtroppo però le statistiche  disponibili non consentono per ora di approfondire questa questione.

Esistono poche statistiche europee che tengano conto in modo sistematico delle differenze di genere nelle modalità di spostamento degli individui e che consentano quindi di indagare le differenze di genere nei modelli di mobilità. Le considerazione riportate di seguito tratte da un recente studio commissionato dal Parlamento Europeo, si basano su dati, spesso parziali, in gran parte relativi a Regno Unito, Germania, Francia, Spagna e Italia.

Questi dati evidenziano come le modalità di spostamento delle donne differiscano da quelli degli uomini in molti modi:  le distanze percorse sono mediamente più brevi rispetto alle percorrenze maschili, la propensione all’utilizzo dei mezzi pubblici è maggiore, così come la frequenza di spostamenti per motivi diversi dal lavoro e al di fuori delle ore di punta; inoltre le donne tendono ad effettuare più spostamenti multi-stop.  Come detto prima sarebbe molto interessante riuscire a comprendere fino a che punto queste differenze permangano anche in presenza di diverse divisione di ruolo sia nel mercato del lavoro che all’interno della famiglia.

Molte delle differenze di mobilità sono determinate dal fatto che le donne tendono a svolgere attività più diversificate degli uomini. Gestione della casa e assistenza ai familiari a carico - bambini,  anziani, disabili e persone con problemi di salute - sono spesso in tutto o in gran parte a carico delle donne. La prima conseguenza è una maggiore presenza di spostamenti femminili nelle ore non di punta, e una maggiore diversificazione delle destinazioni rispetto alla mobilità maschile più concentrata nelle fasce di punta e nei tragitti casa lavoro, casa studio. Quando la divisione di ruolo è meno significativa, e queste attività di cura della casa e dei familiari sono a carico in tutto o in parte dell’uomo le differenze di genere tendono a diminuire se non a scomparire. Almeno questo sembrerebbe emergere da uno studio sui pendolari negli Stati Uniti: mentre gli adulti single con figli a carico hanno comportamenti simili indipendentemente dal genere, il divario di genere  appare molto significativo per le coppie con figli in cui entrambi i genitori lavorano.

 Queste differenze di orari, motivi, tipologie di spostamento si riflettono anche nell’uso dei diversi modi.

Secondo i dati dell’ Eurobarometro gli uomini utilizzano più l’auto (57,5 % degli spostamenti contro il 45,8) e le moto (3 % contro lo 0,5%) mentre le donne vanno più a piedi (18,8 contro 10,2) con i mezzi pubblici (23,1 contro 18 %) e in bicicletta (9,1 conte 8,3%). Occorre tenere presente che l’utilizzo dell’auto da parte delle donne non solo è minore ma anche che una buona percentuale delle donne che utilizzano l’auto l’utilizzano come passeggero, come emerge dalle statistiche che riportano questa tipo di informazione. Vale la pena anche di ricordare che le donne hanno comportamenti di guida più virtuosi e rispetto delle norme di circolazione (limiti di velocità, uso della cintura di sicurezza, rispetto del tasso alcolico, ecc.).

Anche per quanto riguarda i motivi degli spostamenti le differenze di genere sono significative: le donne si spostano meno per lavoro, molto meno dei maschi per motivi di business, molto di più dei maschi per accompagnare qualcuno, fare acquisti, andare a visitare persone. Le conseguenze sono che le donne spesso non viaggiano da sole, hanno spostamenti più erratici, si muovono meno nell’ora di punta.

Nel nostro paese queste differenze non sono considerate e ciò ha delle implicazioni non da poco: la pianificazione dei servizi di trasporto, e dei trasporti in generale, è ancora tutta progettata sulla mobilità sistematica che risponde maggiormente alle esigenze di mobilità della popolazione maschile.  I servizi di trasporto collettivo sono disegnati sulle esigenze della mobilità casa-lavoro e casa-scuola, sia come rete di servizi che come frequenze: di conseguenza nelle ore in cui sono più utilizzati dalle donne sono meno frequenti, e offrono minori servizi diretti da origine a destinazione. Anche la struttura tariffaria è a svantaggio di questa mobilità meno sistematica:  gli abbonamenti raramente coprono spostamenti erratici (se non a prezzi elevatissimi) e quindi occorre utilizzare i biglietti interi più costosi, nonostante il fatto che le donne sono maggiori utilizzatrici dei mezzi pubblici (come risulta dall’indagine condotta in Scozia sulla mobilità citata in uno studio di He, Raeside, Chen e Mc Quaid).

Uso dell’autobus: frequenza in funzione dell’età e del sesso 

I mezzi e le infrastrutture fisiche ignorano le esigenze di che deve accompagnare bambini, anziani, disabili,  e di chi viaggia spesso con pacchi, spese etc. Non ci sono marciapiedi adeguati per raggiungere i mezzi; bus, tram, treni  e metropolitane non sono progettati per facilitare la salita e la discesa con pacchi, passeggini, bambini per mano.   Poco è fatto per la mobilità ciclopedonale.  Pochissimo è fatto per la sicurezza: le donne utilizzano i mezzi anche di notte; basti pensare a quante attività di cura e pulizia sono svolte da lavoratrici che si trovano dunque costretto a spostarsi in ore serali o notturne. Ma sia che usino mezzi privati che trasporti collettivi, la loro sicurezza incontra pochissime attenzioni: fermate ben illuminate, parcheggi in aree più visibili, anche - perché no?- carrozze dedicate alle sole donne.  

Sarebbe il caso di cominciare ad introdurre una visione di genere anche nella pianificazione e nella politica dei trasporti, modificando un sistema di mobilità che tende ad aggravare il già rilevante perso del doppio ruolo. E fare leva proprio sulle diversità di genere per promuovere una mobilità più sostenibile.

 



Quest'articolo è per larga parte basato su: European Parliament, IRS-TRT, Briefing note on the role of women in the green economy-the issue of mobility, 2012 http://www.europarl.europa.eu/committees/en/studiesdownload.html?languageDocument=EN&file=73851

Altri testi citati

Crane R. (2007), Is There a Quiet Revolution in Women’s Travel? Revisiting the Gender Gap in Commuting, Journal of the American Planning Association, vol.73, No.3, Summer 2007

Eurobarometer “Attitudes on issues related to EU Transport Policy”, July 2007

He L., Raeside R., Chen T., Mc Quaid R.W. (2012), Population ageing, gender and the transportation system, Research in Transportation Economics.


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