Il settore dello spettacolo chiede più tutele e diritti per professioni da troppi anni relegate all'instabilità. Oggi sono soprattutto le artiste a rischiare per la crisi innescata dalla pandemia
Essere artiste
nella pandemia
Il settore audiovisivo e dello spettacolo dal vivo è stato tra quelli più colpiti dalle misure di prevenzione del contagio e lo è tuttora: cinema e teatri sono stati i primi a chiudere, gli ultimi a riaprire. Una storia che si è ripetuta a distanza di breve tempo. Per questo motivo oggi le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo si sono mobilitati, dandosi appuntamento nelle maggiori piazze d’Italia, da Torino a Napoli, chiedendo attenzione e tutele per un comparto caratterizzato già in tempi ordinari da estrema frammentarietà, discontinuità lavorativa e di reddito.
I lavoratori e le lavoratrici dello spettacolo chiedono una riforma dell’intero sistema: individuare forme di sostegno certe e strutturate; istituire un tavolo permanente tra sindacati confederali, ministero della cultura, ministero del lavoro e associazioni di rappresentanza delle imprese dello spettacolo per “discutere gli stanziamenti dello stato, le risorse derivanti dal recovery fund, organizzare e agevolare forme di ripartenza in sicurezza diffuse e stabili, vigilare sul rispetto dei contratti nazionali, individuare, per tutta la fase dell’emergenza, criteri di assegnazione dei fondi che leghino l’erogazione alla tenuta occupazionale e riconoscere, ai fini previdenziali, tutto il periodo di emergenza Covid19 che ha determinato il collasso dell’intero settore dello spettacolo”.
Chi sono le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo
Sono giovani (il 71% ha meno di 45 anni), hanno un titolo di studio più alto della media degli occupati del paese, si concentrano nell'Italia Centrale e nel Nord Ovest (70% degli addetti) e nelle città di Milano, Roma e Napoli.
Le donne rappresentano il 45%. Le troviamo in larga maggioranza nei settori della danza, della figurazione e della moda (80,9%), nonché della scenografia, dell'arredamento e della confezione di costumi per lo spettacolo (67,7%).
Come altri settori, quello dello spettacolo manda avanti gli uomini. Le donne hanno rapporti di lavoro meno stabili, la disoccupazione di lungo periodo riguarda le lavoratrici di cinque punti percentuali in più di rispetto ai colleghi maschi, così come il lavoro intermittente (+4,4%). E la conciliazione è un campo di battaglia durissimo. A denunciarlo è la più ampia indagine condotta sul tema Vite da artisti, realizzata da Slc Cgil e Fondazione Vittorio.
Il gender gap dello spettacolo
“I problemi di conciliazione” si legge nell'indagine “sono numerosi, sia per i ritmi di lavoro che per la paura stessa di restare disoccupati. Quasi la metà (48,4%) dichiara infatti che l’eventuale richiesta di un congedo parentale potrebbe mettere a rischio il posto di lavoro (precisamente, il 55,9% delle donne e il 40,6% degli uomini)”.
“La conciliazione” riporta ancora la ricerca di Slc e FdV “è considerata una pratica molto o abbastanza difficile per l’84,4% dei rispondenti”. Anche la crescita professionale e la carriera sembrano percorsi preclusi a queste professionalità, tanto che il 92,1% sostiene che ciò risulta molto o abbastanza difficile.
Ma il gender gap non si ferma qui: esiste un profondo differenziale retributivo tra uomini e donne. Ad affermarlo, stavolta, è l'Inps che sostiene che "la retribuzione media annua nel 2019, pari a 10.664 euro nel complesso, risulta molto differenziata sia per età, sia per genere. In particolare aumenta al crescere dell’età, almeno fino alla classe 55-59, ed è costantemente più alta per il genere maschile (11.749 euro contro 9.199 euro per le femmine)". Si tratta di un lavoro povero, altamente instabile, eppure l'indice di soddisfazione tra gli addetti resta alto.
Vite instabili
Precarietà, intermittenza, multiple jobs, lavoro nero: sono le keywords del lavoro nello spettacolo in Italia. A confermarlo l'indagine Istat dedicata al settore e presentata da Vittoria Buratta il 30 aprile 2020 alla VII Commissione (Cultura, scienza e istruzione) della Camera dei deputati.
La durata mediana dei rapporti di lavoro, secondo i dati riportati da Buratta, è stata di appena194 giorni nell’anno per 399 ore retribuite. Valori molto inferiori a quelli registrati per i lavoratori dipendenti del settore privato (365 giorni e 1.252 ore).
In termini di retribuzioni, la paga mediana oraria è, secondo Istat, di 11,24 euro. Quella annua di 4.328 euro. Ancora l’Inps riporta che i cosiddetti multiple job holders sono generalmente retribuiti in modo migliore rispetto ai colleghi con unico rapporto, sia in termini orari (11,61 euro contro 10,97 euro), sia in termini annui (5.396 euro contro 3.261 euro). Tra questi, i lavoratori con la retribuzione oraria più bassa, cioè quelli che hanno posizioni lavorative anche al di fuori dell’ambito di interesse (10.89 euro) sono anche quanti percepiscono una retribuzione annua più alta (8.389 euro). Dal lato opposto, i lavoratori con più rapporti che non lavorano in altri settori, pur essendo retribuiti in modo superiore rispetto ai colleghi in termini orari (12,5 euro), lo sono per un periodo inferiore e maturano, quindi, una retribuzione annua inferiore anche più del 50% (3.015 euro).
Pandemia, un'occasione di riconoscimento?
Durante l’emergenza sanitaria legata al Covid19 è emersa con chiarezza l’assenza di tutele adeguate per i professionisti dello spettacolo. Va da sé la richiesta di un sistema di sostegno al reddito adeguato alla loro specifica condizione di discontinuità. Hanno bisogno di maggiori strumenti di welfare (indennità di malattia e indennità giornaliera di maternità) e d'inclusione, hanno bisogno di un sistema che sia in grado di supportarli anche e soprattutto nei momenti di contrazione dell’attività produttiva e lavorativa e anche del riconoscimento delle funzioni di formazione e dell'insegnamento di arti e mestieri.
L'insegnamento e la formazione, anche indirizzati alle scuole e finanziati dai Programmi operativi nazionali del Miur, in particolare, sono attività che caratterizzano, e negli anni hanno sostenuto, molte delle professionalità del comparto e che aspettano, ora più che mai, un riconoscimento.