La violenza trasforma chi la subisce, come accade alla protagonista della prima graphic novel di Jude Ellison Sady Doyle, che da vittima si trasforma in una creatura spaventosa e vendicativa, assumendo le sembianze di un "mostro". Ne parliamo in un'intervista
Il patriarcato
genera mostri
La "mostrificazione" è un processo che colpisce diversi aspetti dell'umano. I corpi – come quelli che eccedono il binarismo di genere – e persino vissuti e sentimenti, soprattutto quando si rifiutano di restare "al loro posto", come la rabbia delle donne quando esplode.
Ne scrive bene Jude Ellison Sadie Doyle, autore transgender che dopo Il mostruoso femminile. Il patriarcato e la paura delle donne e Spezzate. Perché ci piace quando le donne sbagliano, in Italia usciti per Edizioni Tlon rispettivamente nel 2021 e nel 2022, è ora in libreria con la sua prima graphic novel, Maw. Una mostruosa vendetta contro il patriarcato, disegnata da A.L. Kaplan, e pubblicata sempre da Edizioni Tlon.
Una storia ambientata nel corso di un ritiro femminista, durante il quale ha luogo un episodio di violenza ai danni della protagonista, che ridefinisce l'esperienza di vittimizzazione attraverso la rabbia, trasformandosi in un "mostro".
Dalla soglia che separa natura e civiltà, ordine e caos, vittima e carnefice, Maw parla di potere, di vendetta e di colpa, delle difficili genealogie del femminismo, di soggettivazione e guarigione.
Jude Ellison Sady Doyle vive nello stato di New York e da anni scrive di femminismo, cinema, letteratura e cultura di massa per numerosi blog e riviste online. La sua firma è apparsa su The Guardian, Elle, The Atlantic e sul magazine GEN di Medium. Lo abbiamo raggiunto direttamente.
Cos'è un mostro per lei?
Per me un mostro – idea che riprendo da Jack Halberstam – si posiziona dove l'umano incontra l'inumano, nel luogo dove viene attraversato il confine fra queste due dimenisoni. Un modo molto interessante per parlare delle persone alterizzate e spinte ai margini della società.
Trova una continuità tra Il mostruoso femminile e Maw?
Sì, penso che Maw si ricolleghi direttamente a Il mostruoso femminile. Ero particolarmente interessato al mito di Tiāmat, figura, simile a una dragonessa, che incarna il mondo, che ha generato il cosmo. Ogni cosa esiste in Tiāmat finché Marduk, l'eroe maschile, non decide di instaurare l'ordine uccidendola e creando la terra dal corpo di lei. Mi piace davvero molto l'idea di questa grande, gigantesca dragonessa che va in cerca di vendetta. Molto alla Lovecraft, in qualche modo.
Il potere è un tema centrale del transfemminismo e della sua ricerca. Come si è evoluta questa dimensione nel suo lavoro?
Credo che la mia comprensione del potere si sia evoluta moltissimo da quando ho scritto Il mostruoso femminile e che sia cambiata anche dopo Maw, perché sono giunto a una comprensione più profonda di come non sia solo una questione di persona vittimizzata e persona vittimizzante. Ci viene insegnato questo binarismo da una società che investe moltissimo nel tenere la struttura del potere al suo posto, con alcune persone in cima, da dove possono esercitarlo, e altre in basso, dove lo subiscono. Per me, ora, il potere ha a che fare con il comprendere il proprio agire in una determinata situazione ed essere in grado di individuare cosa si può fare in quel preciso contesto. In questo senso, il potere è qualcosa di positivo e costruttivo. È "potere di". Ed è qualcosa che possiamo riconoscere dentro di noi e nelle altre persone, qualcosa che possiamo usare in maniera solidale.
Scrive molto di paura: abbiamo paura del mostro, di diventare una trainwreck – al centro del suo libro Spezzate –, della violenza e dello stupro. Si parla, tra l'altro, di gay panic e omofobia. Cosa trova interessante della paura?
Credo che la paura sia un modo molto efficace per controllare le persone: non abbiamo bisogno di subire effettivamente un'aggressione tutte le volte che varchiamo la soglia di casa per pensare a quell'eventualità ogni volta che lo facciamo. Così come non abbiamo bisogno che il nostro genere venga sorvegliato e sanzionato violentemente perché noi in prima persona lo teniamo sotto controllo e vigiliamo costantemente, finendo per farci violenza da soli, da sole. La paura viene spesso usata e manovrata da figure abusanti o autoritarie perché, nel momento in cui vediamo qualcosa di cui abbiamo paura, scatta anche un istinto che ci porta ad attaccare e rimuovere: disumanizzare le persone e farne mostri diventa un modo per giustificare la violenza nei loro confronti. Omofobia e transfobia sono legate al bisogno di dirsi: io sono buono, perché non sono come te. Questo è il meccanismo centrale che opera. E l'esito è l'ipervigilanza su ogni cosa che si fa o che si dice, così da ridurre il rischio di innescare la paura di qualcuno e di incitare una reazione denigratoria o violenta. Allo stesso tempo, il modo più facile per dimostrare la propria mascolinità è agire questo stesso controllo in maniera violenta nei confronti degli altri. In questo caso, più che di paura parlerei di un bisogno di affermare e consolidare il proprio ruolo.
Nel fumetto racconta due vicende opposte: una personaggia verrà letteralmente trasformata dalla rabbia, un'altra ne diventerà vittima. Cosa fa la differenza tra le due?
È una struttura narrativa piuttosto comune nell'horror. Per esempio, si trova nel film degli anni Novanta Giovani streghe, dove vediamo una strega buona da una parte e una cattiva dall'altra. Di solito troviamo una donna che esprime la propria rabbia, contrapposta a un'altra che invece non lo fa. Lo stesso, per esempio, accade in Licantropia Evolution. Nel libro c'era bisogno di una personaggia come Wendy, perché si parla molto di sesso e di misoginia in termini di esperienze di violenza vissuta. Wendy, invece, non sa nominare un trauma che ha sperimentato direttamente, vivendo, allo stesso tempo, costretta dai ruoli di genere tradizionali. E alla fine purtroppo, se anche non hai fatto esperienza di violenza nella tua vita, che è una cosa buona e rara, può sempre esserci un giorno in cui, da un momento all'altro, finisci anche tu nella lista.
La storia è ambientata in un ritiro femminista, a cui prende parte, tra le altre, anche una donna trans. Secondo lei qual è il posto, invece, delle persone transmasc – che qui in Italia continuano a rappresentare un grande rimosso - nell'immaginario e nelle collettività femministe oggi?
È una questione delicata. Non amano pensare molto a noi. Negli Stati Uniti, gli uomini trans tendono a essere maggiormente benvenuti nelle comunità femministe, sulla base di una supposta socializzazione comune. E per le donne trans le cose possono diventare anche molto sgradevoli per questo. Allo stesso tempo, molte persone transmasc sono frenate dal vivere apertamente e serenamente la propria identità di genere per paura di essere considerate dei "traditori", cosa che spesso accade. Ma siamo sempre stati ciò che siamo. Non diventiamo persone diverse solo perché gli altri ci vedono con maggiore chiarezza. Spesso i genitori delle persone trans parlano di lutto per i propri figli, ma non ha senso: siamo ancora vivi, siamo qui.
È una forma di sessismo?
La scrittrice e attivista americana Julia Serano ha parlato di "sessismo oppositivo", quella forma di sessismo che vede maschilità e femminilità in completa opposizione l'una con l'altra e che si traduce nel "sessismo tradizionale", per cui si prevede un modo di essere per le donne e un altro per gli uomini. Una delle sfide maggiori per le persone transmasc è individuare un modo di incarnare la propria maschilità senza ricorrere al sessismo oppositivo: non abbiamo bisogno di definirci come il negativo di una donna, o di respingere qualunque supposta connessione con la femminilità, per essere chi siamo. L'obiettivo è definire chi siamo nei nostri termini. E ha senso agire in solidarietà con le donne, perché anche noi siamo un genere marginalizzato e anche noi siamo soggetti a molta della stessa violenza e delle stesse forme di controllo, per esempio rispetto ai diritti riproduttivi.
Negli Stati Uniti è in corso un'ondata di reazione rispetto al genere, cosa sta accadendo?
In questo momento, credo che le persone trans siano strumentalizzate come tema divisivo per promuovere un'ideologia di genere regressiva. E si fa fatica a vedere una ragione per cui stare al nostro fianco: spingere le persone trans giù dal treno sembra un compromesso accettabile da molti, ma bisogna tener presente che la ragione per cui siamo diventati un luogo di rottura di questo tipo è perché siamo rappresentativi di ciò che significa autonomia dei corpi. Per esempio, se si è fatto tanto allarmismo sui giovani transmasc è perché era previsto che si mettessero a far figli, perché si avessero più persone possibili con un utero ma senza nessun posto dove andare. Per quanto sia doloroso e spaventoso, è necessario che le persone vedano queste connessioni. Tra l'altro, mi sembra che in Italia ci sia attualmente una situazione simile alla nostra, con l'ascesa di demagoghi populisti e fascisti.
Le protagoniste di Maw cercano di fondare un'identità collettiva su una ferita comune, legata alle condizioni materiali dell'oppressione di genere che subiscono. Allo stesso tempo, si richiamano a una nozione di femminilità trascendente, alla figura mitica di una madre fonte di potere. Che valore assume dunque per lei la nozione di identità?
L'appello all'identità può sfociare facilmente nell'essenzialismo. Il che, tra l'altro, può portare a pensare che la nostra identità da sola ci fermi dal fare del male. Ma chiunque può esercitare potere in modo violento. Il valore del riferimento mitico è diverso. Recentemente ho scritto di Rachel Pollack, una donna trans statunitense che lavorava nel movimento della spiritualità delle donne, notoriamente molto transfobico e trans-escludente. Nonostante ciò, nel corso del suo lavoro Pollack ha cercato e raccolto tutta una serie di immagini di divinità e figure mitologiche trans. Pensiamo a Dioniso, cresciuto come una donna, e ai riti dionisiaci, nel corso dei quali si indossavano protesi falliche. L'idea di Pollack era questa: quando ti è sempre stata presentata un'immagine di te come di qualcuno con un problema medico, malato, con qualcosa che non va e che deve essere cambiato, non puoi semplicemente buttarla fuori e lasciartela alle spalle, ma devi rimpiazzarla con un'immagine migliore. E a questo scopo può essere d'aiuto trovare persone transmasc o transfemme nella mitologia. Trovare una bella idea di te è potente. Ovviamente non basta – non ci si può limitare a stare seduti con delle bellissime immagini di sé e non fare nient'altro; ma è importante.
Perché ha scelto la forma del fumetto e cosa le ha permesso di esplorare? E che impatto ha avuto il confronto con Kaplan, il disegnatore?
Mi trovavo a un punto della mia vita in cui, tra articoli e saggi, mi sembrava di continuare a scrivere la stessa cosa. Avevo bisogno di provare una strada diversa. La forma della graphic novel è stata utile perché gira intorno a verità emozionali e perché ha regole e spazi piuttosto restrittivi, che ti obbligano a pensare in maniera diversa, ad andare dritto alla sensazione e al sentimento senza troppo razionalizzare e riflettere su come ti dovresti sentire. Questo rende possibili storie disordinate, in cui raccontare la verità di qualcosa senza avere necessariamente le risposte su come metterla a posto. Maw è un libro sulla violenza contro le donne, e inevitabilmente si mette in scena sulla pagina qualche forma di violenza. Allo stesso tempo, volevo che il libro parlasse anche di corpi e di come siano tutti diversi e, per questo, c'è molta nudità. Con Kaplan abbiamo ragionato molto su come evitare di alimentare con il nostro lavoro il sessismo che vogliamo smantellare. Non volevamo costruire uno sguardo violento su qualcuno che faceva esperienza di violenza. E Kaplan mi ha insegnato moltissimo sulla forma. Inquadrature, layout, se in un certo momento si sta guardando l'aggressore o la vittima: queste cose fanno un'enorme differenza.
Glossario
Trainwreck. Espressione che indica una persona molto problematica, che in italiano può essere tradotta con "scheggia impazzita"; nel libro di Doyle, come si legge nella sinossi, descrive il fenomeno sociale del "deragliamento dai binari del proprio ruolo che porta a perdere tutto ciò che si aveva ottenuto".
Gay panic. In inglese gay panic defense, difesa da panico gay, è una strategia legale, tipicamente anglosassone, talvolta utilizzata per difendere persone accusate di aver ucciso o aggredito persone omosessuali. Consiste nel dimostrare che la persona accusata ha agito in una sorta di stato di infermità mentale temporanea denominata "panico omosessuale". La comunità Lgbtqia+ la considera una tecnica che ha lo scopo di colpevolizzare la vittima.
Transmasc. Termine usato per descrivere le persone transgender e/o non binarie che hanno un'identità di genere prevalentemente maschile.