Il tasso di utilizzo del congedo di paternità è più che triplicato, ma con forti squilibri territoriali e di reddito. Il punto sulla situazione in Italia a partire dall'elaborazione degli ultimi dati Inps di Save the Children

Il tempo
dei papà

Ha più di trent'anni e vive al Nord, un reddito medio alto e lavora in un'impresa di grandi o medie dimensioni. È il ritratto del padre che più spesso resta a casa per prendersi cura di un figlio appena nato nel nostro paese che emerge dai dati dell'ultimo rapporto annuale Inps elaborati da Save the Children, in occasione della festa del papà. 

In Italia la durata del congedo di paternità è cambiata nel tempo, fino ad arrivare nel 2021 a dieci giorni obbligatori più uno facoltativo – inizialmente prevedeva solo un giorno obbligatorio e due facoltativi. Nel 2022, ultimo anno per il quale sono disponibili i dati, il congedo di paternità è stato reso obbligatorio per tutti i lavoratori dipendenti del settore privato e della pubblica amministrazione. 

L'estensione progressiva della durata e la sua obbligatorietà, seppur riservata a determinate condizioni contrattuali, hanno inciso in modo inequivocabile sull'andamento dell'accesso alla misura. E infatti da quando è stato introdotto nel 2013, in Italia il tasso di utilizzo del congedo di paternità è più che triplicato: nel 2013 ne aveva usufruito poco meno di un padre su cinque (ossia il 19,25% dei padri), nel 2022 sono stati tre padri su cinque (il 64,02%) a usufruirne.

Dati 2013-2022 sul congedo di paternità in Italia

congedo padri
Fonte: Save the Children

Il segno positivo di un cambiamento – lento ma costante – nella cura dei figli nel nostro paese, che però è ancora troppo sbilanciato nei confronti delle donne. 

"È necessario sostenere questo cambiamento" commenta Giorgia D'Errico, Direttrice Affari pubblici e relazioni istituzionali di Save the Children "fino ad arrivare all'equiparazione con il congedo obbligatorio di maternità. Una misura, questa, anche a sostegno delle neomamme, in un periodo della vita che troppo spesso si rivela difficile e caratterizzato da sentimenti di inadeguatezza e solitudine". 

In questo senso l'Italia è ancora indietro rispetto ad altri paesi in Europa.

Se secondo la legislazione europea attuale, infatti, i padri hanno diritto ad almeno due settimane di congedo per la nascita dei figli - con 14 settimane per le madri, di cui due obbligatorie - in molti paesi dell'Unione europea i congedi di paternità sono ancora più estesi. 

Stando agli ultimi dati del Parlamento europeo sui congedi di maternità e paternità, per i padri si passa dalle quattro settimane di congedo della Francia alle sette dei Paesi Bassi, fino ad arrivare alle 16 settimane previste in Spagna. 

Altri paesi stanno cambiando o hanno già cambiato la legislazione, introducendo il congedo parentale, un periodo aggiuntivo di congedo che può essere preso da entrambi i genitori dopo la nascita dei figli. 

È il caso ad esempio dell'Irlanda, dove si possono prendere fino a tre settimane aggiuntive. In altri paesi, come il Portogallo e la Finlandia, la distinzione fra congedo di paternità e di maternità è decaduta, ed esiste ormai solo il congedo parentale, dove entrambi i genitori possono decidere come distribuire fino a 160 giorni di congedo (Finlandia), e il congedo totalmente condiviso viene incentivato e premiato con la possibilità di prendere fino a trenta giorni aggiuntivi (Portogallo).

Tasso di utilizzo del congedo di paternità in Italia 2013-2022

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Fonte: Save the Children

Inoltre, come risulta evidente dai numeri a disposizione, in Italia restano marcate nell'accesso ai congedi importanti disuguaglianze. 

Se valori di fruizione superiori all'80% sono stati registrati nelle province del Nord, in particolare a Bergamo e Lecco (entrambe 81%), Treviso (82%), Vicenza (83%) e Pordenone (85%), infatti, quelli più bassi – inferiori al 30% – si concentrano al Sud, nelle province di Crotone (24%), Trapani (27%), Agrigento e Vibo Valentia (entrambe 29%). 

A questo si aggiunge un dato importante: che la percentuale più alta dei papà che ha fatto uso del congedo in Italia ha un reddito annuale compreso fra i 28mila e i 50mila euro (85,68%), e un contratto di lavoro a tempo indeterminato (69,49%).

Un quadro come quello italiano, caratterizzato da forti squilibri territoriali, di reddito e di tipologia contrattuale, ci sottopone quindi di fronte a un'ulteriore sfida: per cambiare davvero il modo di vivere la cura dei figli e la genitorialità, il congedo di paternità dovrebbe essere un diritto di tutti, e non trasformarsi nell'ennesima misura che finisce per favorire chi è più privilegiato già in partenza.  

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