Come stanno le donne? Rispondiamo a partire dall'ultimo rapporto dell'Istat sul benessere sostenibile in Italia, dove le lavoratrici sono ancora troppo penalizzate rispetto ai colleghi in termini economici e di conciliazione, intrappolate nelle sabbie mobili delle attività riproduttive

Sabbie
mobili

di Francesca Frajese, Rosy D'Elia

Le donne che vivono in Italia devono fare i conti con uno svantaggio ancora marcato e difficile da superare nei confronti degli uomini, soprattutto nel lavoro e in termini di benessere economico. È quanto emerge dall'undicesima edizione del rapporto Benessere equo e sostenibile (Bes), relativa all'anno 2023 e pubblicata dall'Istat il 17 aprile scorso.

I dati di più della metà degli indicatori contenuti nel rapporto sono disaggregati per genere, e descrivono dunque in maniera molto chiara come vivono uomini e donne nel nostro paese. 

L'analisi prende in esame dodici domini di riferimento: dalla salute alla qualità dei servizi, misurati attraverso 152 indicatori, e disaggregati, oltre che per genere, per età, titolo di studio e regione. Questa impostazione rappresenta un superamento della tradizionale analisi economico-centrica del benessere e, in più punti, fa emergere una distanza persistente tra uomini e donne.

Fra gli indici contenuti nello studio, quello che esamina il rapporto tra il valore che l'indicatore assume per le donne e per gli uomini è in grado più degli altri di spiegarci il divario di genere. Laddove è disponibile l'informazione disaggregata per genere, questo rapporto viene analizzato, in particolare, per 88 indicatori: un risultato maggiore di 1 indica una condizione di benessere migliore per le donne, mentre un valore minore di 1 determina un vantaggio a favore degli uomini. Quanto più ci si allontana da 1, tanto più la disparità è elevata.

Le aree in cui il benessere maschile prevale in maniera più marcata su quello femminile sono gli organi decisionali e la politica locale, ma nella scala dello svantaggio descritta nel Bes ci sono diverse voci che riguardano la sfera lavorativa.

Rapporto tra gli indicatori di benessere di donne e uomini[1]

Rapporto tra gli indicatori di benessere tra donne e uomini
Fonte: Istat, Indicatori Bes

Il rapporto, infatti, evidenzia uno sbilanciamento negativo nei confronti delle donne soprattutto nei domini che riguardano il benessere economico, il lavoro e la conciliazione dei tempi di vita. In quest'ultimo caso, molti degli indicatori considerati in maniera aggregata evidenziano un miglioramento a favore delle donne, ma permangono divari e situazioni di stallo.

In generale,  in Italia cresce la partecipazione al mercato del lavoro – con un tasso di occupazione delle persone tra i 20 e i 64 anni che arriva al 66,3%, e quello di mancata partecipazione al mercato del lavoro che scende al 14,8%. Per le donne però cambia poco: persistono "divari di genere e territoriali, con valori ancora ampiamente più bassi del tasso di occupazione e più alti di quello di mancata partecipazione tra le donne e nel Mezzogiorno", si legge nel rapporto.

Si continua quindi a riscontrare un tasso di occupazione più basso tra le donne (56,5% contro il 76% degli uomini), e il divario di genere resiste con forza anche per gli indicatori che, se considerati in maniera aggregata, raggiungono i risultati migliori: uno dei più critici è quello sul part-time involontario, dove la quota sul totale delle persone occupate scende sotto al 10% nel 2023, ma la percentuale femminile resta ancora tripla, e si associa spesso a un'occupazione a tempo determinato.

Allo stesso tempo, sebbene il dato riportato nell'analisi sia aggiornato solo al 2014, vale la pena evidenziare che, sulla bilancia di chi svolge più di 60 ore a settimana di lavoro retribuito e/o familiare, sono le donne ad avere il peso maggiore.

C'è infatti un altro aspetto da non sottovalutare: in una partita il tempo a disposizione è tutto, e la componente femminile parte con un malus, come emerge dal rapporto.

Resta stabile al 61,6% l'indice di asimmetria nel lavoro familiare, che si applica alle donne di età compresa tra i 25 e i 44 anni in coppia, e misura la parte del tempo dedicato al lavoro domestico da entrambi i partner occupati.

In questo senso, l'analisi evidenzia un'interruzione nella tendenza al miglioramento osservata negli anni scorsi – questo nonostante il fatto stesso di partire da una condizione sfavorevole dovrebbe in teoria garantire l'opportunità di un margine di miglioramento più largo.

Indicatori di lavoro e conciliazione dei tempi di vita[2]

Indicatori lavoro conciliazione
Fonte: Istat, Indicatori Bes

Nei dati rilevati tramite il rapporto Bes 2023 quest'ipotesi non è sempre valida: né per la gestione del tempo a disposizione, né, ad esempio, per il rapporto tra il tasso di occupazione delle donne che hanno figli o figlie e di quelle che non ne hanno, che conferma la persistenza di un divario nel divario.

Al centro di tutto questo c'è la povertà di tempo a cui le donne sembrano ancora essere destinate, con la necessità di dover far fronte a quello che viene definito il doppio onere, dato dal lavoro non retribuito svolto in casa, in aggiunta a quello retribuito.

Sebbene a livello territoriale ci siano delle variazioni, con un aumento del carico per le donne nel Mezzogiorno e una diminuzione al Centro, il risultato complessivo rispetto al precedente rapporto Bes evidenzia una persistenza nella disponibilità sbilanciata del tempo a disposizione.

Le disparità riscontrate negli ambiti del lavoro e della conciliazione dei tempi di vita si riflettono anche su altri aspetti analizzati dal rapporto. Infatti, i valori relativi alla soddisfazione sulla vita sono più alti tra gli uomini, e il divario sta aumentando: la differenza è passata infatti dai 2,6 punti percentuali del 2019 agli attuali 3,9. 

Anche nel dominio del benessere economico, il divario riguarda prevalentemente la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, in particolare l'indicatore di bassa intensità del lavoro (indice di parità 0,84) e il rischio di povertà (0,85).

La permanenza nelle "sabbie mobili", del lavoro familiare e non solo, conferma una posizione di svantaggio, da cui per le donne è ancora difficile uscire.

Note

[1] Ultimo anno disponibile. Numeri puri. Il rapporto tra indicatori tiene conto della polarità in termini di misure di benessere; quindi, valori superiori a 1 indicano una situazione migliore per le femmine, inferiori a 1 migliore per i maschi. Si è operata una trasformazione di scala sull'asse delle ascisse per rendere il grafico più leggibile (scala logaritmica).

[2] Valore dell'ultimo anno disponibile. La variazione percentuale è rispetto al 2019. Il colore verde indica un miglioramento, il rosso un peggioramento e li grigio una situazione di stabilità, tenuto conto della polarità dell'indicatore. Gli indicatori hanno polarità positiva se l'incremento del loro valore segnala un miglioramento del benessere, negativa in caso contrario. Per variazioni comprese entro ±1%, gli indicatori sono considerati stabili nel periodo di riferimento. Nella tabella non è riportato l'indicatore "Occupati (15-64 anni) che svolgono più di 60 ore di lavoro retribuito e/o familiare", perché per questo indicatore non sono disponibili confronti per i periodi di riferimento. (a) I dati si riferiscono alla serie precedente all'entrata in vigore, dal 1° gennaio 2021, del Regolamento (Eu) 2019/1700, che ha introdotto delle modifiche nella Rilevazione sulle forze di lavoro.(b) lI dato del 2022 è provvisorio.


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