Cresce l'innovazione a prevalenza femminile, che in Italia si concentra nei settori dell'informatica e della ricerca. Uno sguardo agli ultimi dati ministeriali su start up e piccole e medie imprese
Come crescono
le innovatrici
Nel 42,8% delle start up che in Italia rientrano sotto la definizione di “innovative” c’è almeno una donna con una carica amministrativa o in possesso di una quota societaria. A dirlo è la relazione annuale a cura del Ministro delle Imprese e del Made in Italy, un rapporto che restituisce lo stato dell'arte di start up e piccole e medie imprese innovative presenti nel nostro paese e fa un monitoraggio dei programmi e delle politiche istituzionali volti a sostenerle.
Questo significa anche che nella maggior parte delle start up innovative ci sono solo uomini, ma è un dato in miglioramento, quindi va letto con un certo ottimismo. Intanto è molto interessante notare come la relazione ministeriale abbia raccolto i dati sulle imprese in un’ottica di genere: sappiamo quindi in quante start up c’è almeno una donna, dove le donne hanno una presenza forte, e dove le imprese sono totalmente al femminile.
Andando più nello specifico, la relazione considera femminili le imprese "a prevalenza femminile" (vale a dire le società in cui la partecipazione delle donne, calcolata mediando le quote di possesso e le cariche amministrative detenute, è complessivamente superiore al 50%), e sono il 12,3% del totale. Incrociando il fattore di genere con quello su giovani e presenza straniera emerge poi un dato significativo: le imprese femminili tendono a essere giovani e vedono in percentuale maggiore la prevalenza di personale di origine straniera.
Nel 2022, spiega la relazione, erano 188 le piccole e medie imprese innovative in cui le donne detenevano almeno il 50% del capitale sociale "con un incremento – se confrontato con l’anno precedente – di 22 imprese. In poco meno della metà di queste 188 imprese la presenza femminile era forte, in una su tre era maggioritaria mentre in una su quattro era esclusiva". Nello stesso anno, si legge nella relazione, la quota di startup con prevalenza femminile è salita del 13,2% rispetto al precedente.
Nel passaggio dal 2022 al 2023, si legge ancora nella relazione, nelle iscrizioni di nuove imprese la prevalenza femminile, è aumentata con un’incidenza relativa che è salita dal 7,6 al 7,7 per cento.
Se andiamo a esaminare la distribuzione settoriale delle imprese innovative, inoltre, dalla relazione emerge che, in continuità con i dati generali, la maggioranza delle startup a prevalenza femminile opera nel settore dei servizi, in particolare nella produzione di software, consulenza informatica e attività connesse – seguita dall’attività di ricerca scientifica e sviluppo, che risulta essere la seconda attività maggiormente rappresentativa.
Considerando che parliamo di start up femminili vale la pena sottolineare il fatto che si concentrano nel settore delle Information and communication technlogies (Ict). Dove si fa impresa innovativa: nelle grandi città specialmente a Milano, poi a Roma e poi a Napoli.
In generale i dati sulla longevità, la redditività e la resilienza sono migliori poi nelle imprese caratterizzate dalla presenza di giovani e di donne, probabilmente perché quelli che decidono di fare impresa hanno un bagaglio molto solido di competenze.
Certo non sono dati completi, non sappiamo dove le donne sono collocate in termini di numero di addetti o di valore della produzione, ma sono dati che ci permettono di abbozzare un quadro. Peccato che, se si parla di monitoraggio delle politiche, non ci sia un riscontro sulla dimensione di genere e quindi non sappiamo se e in quale misura le donne abbiano accesso a forme di sostegno da parte dello stato.