Nel 2030 in Italia ci saranno 5 milioni di persone anziane non autosufficienti, oltre a milioni di altre persone sole, individui e genitori spesso con un unico figlio. Investire nell'economia della cura è l'unico futuro che ci resta
Tra vent'anni l'Italia potrebbe essere popolata da milioni di persone sole: individui e genitori, spesso con un unico figlio. I legami di coppia saranno sempre meno, la popolazione sempre più vecchia, e le nascite – neanche a dirlo – continueranno a diminuire. Questo il quadro drammatico che emerge dal report dell'Istat sul futuro demografico del paese.
Sulla scia del dibattito in corso sull’assistenza di lungo periodo, torniamo allora a interrogarci in queste pagine sul futuro della cura per le persone non autosufficienti.
L'assistenza è la spina dorsale della società. Prendersi cura degli altri ed essere curati, in diverse fasi della nostra vita, è una delle esperienze emotive centrali della nostra esistenza.
La pandemia da Covid-19 è stata un campanello d'allarme e ha dimostrato, ancora una volta, quanto siamo interdipendenti. Allo stesso tempo ha messo in luce, senza possibilità di dubbio, la misura in cui la società dipende dalle donne nel fornire servizi di assistenza essenziali: le donne costituiscono la maggior parte della forza lavoro in tutti i settori legati all'assistenza (sanità, istruzione, assistenza sociale e lavoro domestico).
Per troppo tempo, la mancanza cronica di servizi di assistenza accessibili, economici e di qualità ha rappresentato nell'Unione europea un ostacolo significativo alla piena partecipazione delle donne a tutti gli aspetti della vita economica, sociale, culturale e politica. Le politiche di assistenza e l'offerta di servizi di assistenza sono quindi le precondizioni per raggiungere la parità tra (tutte) le donne e gli uomini.
È giunto il momento di passare dall'obsoleto modello di male breadwinner a un modello più equo di equal-earner/equal-carer.
In questa direzione, la recente presentazione di una Strategia europea per l’assistenza (la cosiddetta care strategy) da parte della Commissione europea è da salutare con soddisfazione. Come scritto nel documento, l'assistenza non è un problema di dipendenza, ma un diritto umano fondamentale, una parte essenziale della nostra solidarietà collettiva e una rete di sicurezza che soddisfa i nostri bisogni di assistenza collettiva e le nostre responsabilità reciproche. Investire nell'economia della cura per strutture e servizi accessibili, di qualità e a costi contenuti deve essere l'elemento centrale di un modello sociale (e verde) dell'Ue.
Come sottolinea però la European Women Lobby è ancora forte il bisogno di misure efficaci, in particolare obiettivi precisi per l'assistenza a lungo termine e piani d'azione per raggiungere gli obiettivi di assistenza all'infanzia e ai non autosufficienti.[1]
Cosa sta succedendo in Italia? In una lettera inviata di recente dal Ministro Orlando al quotidiano Avvenire, si sottolinea che sono oltre 2,8 milioni gli anziani non autosufficienti in Italia: il 20,7% degli anziani, l’81% del totale dei non autosufficienti. Il rischio cresce con l’età e supera il 40% oltre gli ottanta anni: significa che nel 2030 ci saranno 5 milioni di persone anziane non autosufficienti.
Nella Legge di Bilancio 2022-23 sono stati introdotti i primi livelli essenziali delle prestazioni sociali per la presa in carico delle persone non autosufficienti che ora trovano una concreta attuazione nel Piano nazionale per la non autosufficienza, condiviso con le regioni e gli enti locali e che stanzia 2,6 miliardi di euro nel triennio 2022-24 al fine di promuovere l’assistenza domiciliare, i servizi di sollievo per le famiglie, le nuove forme dell’abitare solidale, la formazione delle e degli assistenti famigliari.
Il governo uscente – sottolinea però una nota del Patto per un Nuovo Welfare sulla non Autosufficienza – [2] dovrebbe approvare il testo del disegno di legge delega per la riforma nazionale del settore, riforma attesa da trent’anni che, nel frattempo, è stata realizzata in tutti i paesi europei simili al nostro.
“Il nuovo Governo e il nuovo Parlamento” prosegue la nota “dovranno proseguire il percorso di elaborazione della riforma e portarlo a compimento, come previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Saranno, quindi, chiamati a disegnarne la versione definitiva: l’obiettivo dovrebbe essere un testo ambizioso, all’altezza delle aspettative di anziani e famiglie”.
Per il coordinatore del patto, Cristiano Gori, ciò significa una riforma coerente con la proposta del Sistema Nazionale Assistenza Anziani (recentemente sintetizzata nel manifesto per la nuova legislatura). "Bisogna procedere in quella direzione, perché solo così i diversi attori – a ogni livello di governo – potranno lavorare insieme per fornire risposte integrate ad anziani e famiglie".
Note
[1] Per i servizi all’infanzia gli obiettivi sono cresciuti rispetto a quelli di Barcellona del 2002 – a distanza di 20 anni ancora non raggiunti – ma è difficile capire come la care strategy europea garantirà il loro raggiungimento entro il 2030. È fondamentale che i servizi per l'educazione e lo sviluppo della prima infanzia siano gratuiti per garantire a tutti i bambini e le bambine di qualsiasi estrazione sociale, un inizio di vita equo.
[2] Il patto raggruppa 52 organizzazioni, la gran parte di quelle della società civile coinvolte nell’assistenza e nella tutela degli anziani non autosufficienti nel nostro paese: rappresentano gli anziani, i loro familiari, i pensionati, gli ordini professionali e i soggetti che offrono servizi.
Leggi anche
Il benessere passa per l'invecchiamento
Anche le persone anziane hanno un futuro
Perché le donne si ammalano di più