Dall'inizio della crisi, il mondo ha 4 milioni di giovani disoccupati in più: in tutto, 75 milioni. Un fenomeno globale, che però colpisce di più le economie sviluppate e l'Europa. E ai disoccupati ufficiali vanno aggiunti gli scoraggiati: un effetto nascosto, che colpisce più gli uomini che le donne. Un'analisi dei dati Ilo
I giovani disoccupati sono attualmente 75 milioni a livello globale, con un aumento di oltre 4 milioni rispetto al 2007. Le previsioni di medio periodo (per gli anni 2012-2016) confermano un quadro di persistente difficoltà per le giovani generazioni: non sono previsti miglioramenti rilevanti, pertanto l’elevato tasso di disoccupazione giovanile è destinato a rimanere grosso modo ai livelli attuali fino a tutto il 2016. E’ quanto emerge dalla recente pubblicazione dell'International Labour Organization (Ilo) Global Employment Trends for Youth 2012.
La crisi economica globale ha fatto registrare un aumento del tasso di disoccupazione giovanile globale dall’11,6% nel 2007 al 12,7% nel 2010, con un ritorno a livelli simili a quelli dei primi anni ’90 (v. figura 1). Nonostante le basi di partenza siano state diverse, in tutte le aree del mondo si è osservato un incremento del tasso di disoccupazione giovanile che in alcuni casi ha raggiunto livelli drammatici (in tutto il Medio Oriente ma anche in molti paesi sviluppati, soprattutto nell’Ue). Di fatto non vi è regione del mondo che non debba affrontare grandi sfide per risolvere il problema dell’occupazione giovanile. Perfino in Asia orientale, forse l’area economicamente più dinamica in questa fase storica, il tasso di disoccupazione giovanile nel 2011 risulta 2,8 volte più elevato rispetto a quello degli adulti.
Alla vigilia della crisi economica globale il tasso di disoccupazione medio (per macro-regione) presentava differenze elevate che andavano da un minimo dell’8,6% nell’Asia meridionale al 25,7% nel Medio Oriente, con un valore medio globale dell’11,6% (v. fig. 1). La crisi ha indotto aumenti in tutte le macro-regioni del mondo, ma di intensità molto diversa. Tra le macro-regioni quella colpita più duramente è costituita da “Economie sviluppate e Ue” che coincide grosso modo con l’area Ocse. In quest’area tra il 2008 e il 2011 il numero di giovani disoccupati è aumentato del 26,5%, con un balzo del tasso di disoccupazione di 4,7 punti percentuali rispetto al 2008. Gran parte dell’aumento è stato registrato tra il 2008 e il 2009 e ha fatto registrate livelli record in molti paesi sviluppati. Dopo il 2009 non si sono registrate riduzioni significative, e il tasso medio si è attestato intorno al 18% nel 2012, paragonabile solo a quello registrato nei primi anni ’90. Le previsioni dell’Ilo per il periodo 2012-2016 indicano solo una lieve contrazione: i livelli del tasso di disoccupazione giovanile pre-crisi non verranno pertanto raggiunti nemmeno nel 2016.
Fonte: ILO, Global Employment Trends for Youth 2012, Geneva
Un tasso di disoccupazione elevato può scoraggiare i giovani dalla ricerca di un lavoro, ma per chi tiene duro si prospettano lunghi periodi di disoccupazione: a conferma di ciò l’Ilo ricorda che nell'Unione Europea sono proprio i paesi con i tassi più alti (Spagna, Croazia e Slovenia) a registrare anche la maggiore incidenza di disoccupazione giovanile di lunga durata: più di un terzo dei giovani disoccupati cerca lavoro da oltre un anno in Spagna, e la quota sale drammaticamente a circa la metà in Croazia e Slovenia.
Poiché le condizioni fortemente avverse del mercato del lavoro possono portare alcuni giovani a rinunciare alla ricerca di un lavoro oppure a posticipare l’uscita dal sistema di istruzione è importante considerare gli effetti della crisi sulla partecipazione al lavoro e non solo sulla disoccupazione. Tenendo conto dei trend di crescita della partecipazione al lavoro negli anni pre-crisi l'Ilo ha stimato la perdita del potenziale di partecipazione, ossia la differenza tra i livelli osservati e quelli che ci si poteva aspettare se non ci fosse stata la crisi. I risultati ottenuti mostrano cospicue differenze per sesso e tra le diverse macro-regioni che conviene esaminare più da vicino.
A livello globale, la perdita potenziale di partecipazione in termini di punti percentuali è pari a 1,2 per gli uomini e a 0,5 per le donne. Ovvero, se il tasso di disoccupazione venisse aggiustato per tener conto dello scoraggiamento indotto dalla crisi, quello dei giovani uomini aumenterebbe dal 12,4 al 13,6% e quello delle donne dal 13 al 13,5%. Per quanto appaia drammaticamente alto, dunque, il tasso di disoccupazione sottostima le difficoltà incontrate dai giovani nel mercato del lavoro, soprattutto in periodi di grave crisi economica. Ed è interessante osservare che l’analisi globale conferma quanto è stato osservato in molti paesi sviluppati: l’effetto di scoraggiamento indotto dall’attuale crisi economica è decisamente più marcato per gli uomini che per le donne.
I gap nella partecipazione al lavoro presentano anche differenza significative tra le macro-regioni. In particolare, è molto marcato il contrasto tra l’area delle “economie sviluppate e Ue”, e l’area dell’”Europa non-Ue” che comprende Europa centrale , il Sud-Est Europeo, e i nove paesi ex-sovietici della Comunità degli Stati Indipendenti. Nella prima la crisi ha portato all’uscita dal mercato del lavoro circa 2 milioni di giovani. Qui l’effetto scoraggiamento ha fatto scendere la partecipazione mentre saliva la disoccupazione. Ciò prelude a ulteriori aumenti del tasso di disoccupazione non appena i giovani che ora stanno ritardando l’ingresso decideranno di (ri)entrare . Il quadro è molto diverso nella seconda macro area dove i tassi di partecipazione dei giovani risultano decisamente più elevati di quanto ci si sarebbe potuti aspettare sulla base degli andamenti pre-crisi. L’aumento nella disoccupazione giovanile si è cioè accompagnato ad un aumento nella partecipazione con una conseguente rinuncia a proseguire gli studi. Laddove - come succede in questi paesi - non esistono sistemi adeguati di protezione sociale e l’impatto della crisi si traduce in una forte contrazione dei redditi familiari (per la caduta del salario e/o per la perdita del lavoro di qualche membro della famiglia), molti giovani sono spinti a ad entrare nel mercato del lavoro anche se avrebbero preferito proseguire gli studi. Questo effetto è particolarmente pronunciato per le giovani donne.