Il sistema fiscale italiano in teoria è indipendente dal sesso e dallo stato civile, ma nella pratica alcuni meccanismi possono trasformarsi in disincentivi all'occupazione femminile. L'attuale sistema di detrazioni e assegni familiari può scoraggiare il "secondo reddito" della famiglia, soprattutto se basso
Se il fisco scoraggia
il lavoro delle donne
È noto che, nel confronto europeo, l’Italia si distingue per la scarsa partecipazione delle donne al mercato del lavoro. A questa cattiva performance contribuisce anche l'attuale sistema di tassazione sul reddito? Fose vale la pena provare a riflettere su questa domanda, anche se ovviamente non è quello l'unico né il più importante dei fattori che limitano l'occupazione femminile (1).
Ci preme innanzitutto porre l’accento su come l’insoddisfacente performance del nostro paese è concentrata soprattutto fra le donne con prospettive di reddito modeste. Nella tabella 1 riportiamo i tassi di occupazione delle donne di età compresa fra i 25 e i 54 anni (abbiamo preferito circoscrivere l’attenzione su questa fascia di età compresa per poter astrarre dall’impatto sulla partecipazione del sistema di formazione e di quello pensionistico) in Italia e nel complesso dell’area dell’euro (2). Appare evidente come il divario sia più marcato fra le donne sposate e fra quelle con bassi livelli di istruzione. Inoltre, solo il 16,7 per cento delle donne italiane lavora part-time in Italia, quasi quattordici punti percentuali sotto la media dell’area dell’euro (30,5 per cento).
Tabella 1. Tassi di occupazione femminile, 25-54 (valori percentuali)
| Italia | Area dell’Euro | Differenza |
Totale | 67,1 | 83,2 | -16,1 |
Di cui: a tempo pieno | 50,4 | 52,7 | -2,3 |
a tempo parziale | 16,7 | 30,5 | -13,8 |
Stato Civile: |
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Coniugate | 61,0 | 81,0 | -20,0 |
Libere | 80,1 | 86,4 | -6,3 |
Educazione |
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Primaria | 38,7 | 64,4 | -25,7 |
Secondaria | 64,4 | 80,8 | -16,4 |
Terziaria | 87,0 | 88,6 | -1,6 |
Alla luce di questi dati appare rilevante verificare se il sistema fiscale italiano contenga elementi che scoraggiano l’occupazione in lavori che, sia per la durata ridotta dell’orario di lavoro sia per le qualifiche richieste, sono relativamente meno retribuiti. La tassazione sul lavoro vigente in Italia è su base individuale, dunque in linea di principio indipendente dal sesso del dichiarante e dal suo stato civile. Nella sua applicazione, però, il sistema prevede una serie di trasferimenti diretti o indiretti fra famiglie ed enti pubblici (in particolare, le detrazioni per familiari a carico, gli assegni familiari, le riduzioni delle rette per asili nido, le esenzioni dai ticket sanitari) che incrementano quella che la letteratura economica definisce tassazione sul secondo percettore, disincentivandone l’offerta di lavoro.
Per comprendere meglio il meccanismo, analizziamo un esempio pratico. Esaminiamo il caso di un nucleo familiare residente a Cremona e composto da una coppia sposata con due figli minorenni a carico, di due e cinque anni. Il padre percepisce un reddito da lavoro dipendente di 24.000 € lordi annui. Se la moglie non è occupata (colonna 1), l’Irpef si applica al solo reddito del marito ed è pari a 4.333 €. Il marito ha diritto a detrarre 2.139 € per carichi familiari e percepisce 1.813 € in assegni familiari. Il reddito disponibile netto ammonta quindi a 23.119 €.
Consideriamo ora cosa accadrebbe se la moglie accettasse un impiego a tempo parziale, con una retribuzione lorda annua pari 10.000 € (colonna 2). Sulla base delle attuali aliquote l’Irpef ammonterebbe a 603 €, equivalente a una aliquota media del 6,03 per cento. Essendo aumentato il reddito familiare, sia le detrazioni fiscali sia gli assegni familiari goduti dal marito sarebbero decurtati, a 1.449 € e 930 € rispettivamente. Durante l’orario di lavoro della madre, la famiglia dovrebbe probabilmente rivolgersi, per 10 mesi, a un asilo nido la cui retta mensile, calcolata sulla base dell’indice Isee, ammonta a 193 € (3). Il reddito disponibile netto sarebbe quindi pari a 29.013 €. Se ne desume che l’occupazione della moglie incrementerebbe il reddito familiare di soli 5.894 €, meno del 60 per cento della sua retribuzione lorda. A fronte di un’aliquota Irpef media del 6,03 per cento, la tassazione implicita sul secondo percettore che grava sulla donna sposata è quindi del 41,06 per cento.
Da questo semplice esempio si può comprendere quali siano i disincentivi che vengono indirettamente creati dal sistema fiscale.
Tabella 2. Tassazione implicita sul secondo percettore (euro)
| Moglie non occupata | Moglie occupata part-time a 10.000 € |
Reddito Totale | 24.000 | 34.000 |
IRPEF | 4.833 | 4.833+603=5.864 |
Detrazioni | 2.139 | 1.449 |
Assegno Nucleo Familiare | 1.813 | 930 |
Retta Asilo Nido3 | - | 193 *10 mesi= 1.930 |
Reddito Disponibile | 23.119 | 29.013 |
La tassazione implicita delle donne sposate è molto alta se i redditi del marito sono medio-bassi, ovvero quando l’ammontare delle detrazioni, degli assegni familiari e delle altre agevolazioni è più ingente. Ad esempio, nel caso precedente il marito non avrebbe comunque goduto di nessuna detrazione o assegno familiare qualora il suo reddito lordo avesse superato i 110.000€. Per livelli bassi di reddito, invece, la convenienza ad accettare un lavoro da parte della moglie viene mitigata dalla rinuncia da parte del marito alle detrazioni e agli assegni familiari. L’andamento della tassa implicita si riflette verosimilmente sulle decisioni di partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
Al fine di ottenere una prima valutazione quantitativa di tale dinamica, in un recente articolo (4) abbiamo costruito un modello statistico che ci permette di stimare gli effetti di schemi alternativi di tassazione sul reddito sull’offerta di lavoro femminile. Ad esempio, abbiamo simulato le conseguenze occupazionali e reddituali di due modifiche del sistema fiscale: il raddoppio delle detrazioni per carichi familiari e una riduzione della prima aliquota Irpef dal 23 al 20 per cento. I risultati sono riportati in tabella 2.
Tabella 3. Confronto tra simulazione scenari alternativi
(valori percentuali)
| Attuale | Raddoppio detrazioni per carichi familiari | Riduzione della prima aliquota dal 23% al 20% |
Nuclei familiari povertà | 19,5 | 18,7 | 18,8 |
Tasso di partecipazione femminile (25-54) | 70 | 69 | 73 |
Tasso di occupazione femminile (25-54) | 67 | 66 | 70 |
Perdita di gettito |
| ~10 | ~10 |
Entrambe le riforme, alleggerendo il carico fiscale delle famiglie meno abbienti, riducono l’incidenza della povertà. La percentuale di nuclei familiari al di sotto della soglia di povertà5 scenderebbe, in entrambi i casi, di quasi un punto percentuale. Il primo intervento però, accentuando i meccanismi descritti nella prima parte di questo articolo, disincentiva l’occupazione femminile, che scenderebbe dal 67 al 66 per cento. Il secondo invece, avrebbe un effetto positivo sull’occupazione, che crescerebbe dal 67 al 70 per cento. Infine è interessante notare che entrambe le riforme hanno, approssimativamente, lo stesso “costo”, in termini di contrazione del gettito fiscale derivante dai redditi da lavoro.
I risultati di questo esercizio sono ovviamente parziali e soffrono delle limitazioni tipiche di ogni studio statistico. Pensiamo possano tuttavia servire come spunto di riflessione affinché in possibili future modifiche del sistema fiscale si possa tener conto, nel rispetto dei vincoli di bilancio e di eventuali obiettivi redistributivi, delle implicazioni sull’offerta di lavoro, con particolare attenzione all’occupazione femminile.
NOTE
(1) Molti fattori economici, sociali e culturali possono spiegare la bassa partecipazione delle donne italiane al mercato del lavoro. Storicamente, la necessità di provvedere alla cura dei familiari e della casa, compiti tradizionalmente riservati alle donne, la minore scolarità e la rilevanza della forza fisica nell’attività lavorativa hanno giocato indubbiamente un ruolo di primaria importanza.
(2) Le statistiche sono elaborate sulla base dell’indagine sui redditi e le condizioni di vita familiari EU-SILC condotta nei paesi dell’Unione Europea, coordinata dalla Commissione Europea.
(3) Le informazioni sulle rette dell’asilo nido provengono da http://www.comune.cremona.it/images/comu/file_bd/definizione_rette_frequenza_nido.pdf. Le tariffe sono aumentate del 10 per cento in caso di “tempo lungo”, che prevede l’uscita degli infanti posticipata dalle 16 alle 18:30.
(4) Colonna, F., Marcassa, S. “Taxation and Labor Force Participation: The Case of Italy” http://ideas.repec.org/p/hka/wpaper/2011-021.html5 La soglia di povertà è fissata al 60 per cento della mediana del reddito equivalente. Per dettagli si veda http://ec.europa.eu/eurostat/ramon/coded_files/KS-BP-02-008-EN.pdf
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