La selezione e il finanziamento della ricerca in Europa sono affidate, per gran parte, a accademici maschi di mezz'età. Le donne sono sottorappresentate e questo diminuisce il loro peso complessivo nella scienza e nella politica della scienza. Possiamo permetterci di sprecare il potenziale apporto femminile alle sfide della ricerca?
Ricerca, cancelli chiusi
e sfide aperte
Una delle funzioni più importanti della scienza è l’attività di gate-keeping (selezione e filtro, n.d.r.) praticata dai pari, che determina chi è ammesso all’interno di una particolare comunità scientifica. I gate-keepers (coloro che esercitano la selezione, n.d.r.), definiscono ciò che è buona scienza stabilendo i criteri e gli standard, valutando i meriti e portando avanti le eccellenze scientifiche.
L’attività di gate-keeping sui finanziamenti alla ricerca in Europa è condotta in larga misura da accademici maschi di mezza età. Le donne sono sotto-rappresentate tra i gate-keepers e dunque tra coloro che occupano posizioni di comando nel settore e nelle policy scientifiche. Per di più, è noto che meno donne rispetto agli uomini fanno domanda, e quindi ottengono, dei finanziamenti, e anche quando partecipano ai bandi, lo fanno per fondi di minore entità. In uno studio condotto in Danimarca (Langberg 2006) le ricercatrici del settore pubblico hanno riferito di disporre di risorse più limitare e avere una minore influenza sull’agenda scientifica e nell’ambiente della ricerca rispetto ai colleghi maschi.
Poiché l’accesso alle risorse è tra le chiavi principali del successo nella scienza, molte organizzazioni che si occupano dei finanziamenti stanno implementando una serie di azioni mirate a promuovere l’equità di genere, dallo stabilire obiettivi per le quote di donne che ottengono i fondi fino a programmi specifici per ricercatrici giovani e di supporto alla mobilità.
Gli ultimi dati degli “European Framework Programmes” mostrano che solo il 25% delle partecipanti sono donne, nonostante gli sforzi della commissione europea di smuovere il potenziale femminile e incrementare il numero di donne nei panel di valutazione delle proposte di progetto (sono il 35%). Questo dimostra la complessità del problema. Il crescente numero delle ricercatrici nei comitati e nei panel non determina in automatico un aumento delle donne che partecipano alle selezioni e che le vincono.
Nel mondo della ricerca scientidica le donne continuano a essere una minoranza: nei 27 paesi dell'Unione europea le ricercatrici sono solo il 30% del totale. La loro percentuale cresce più velocemente di quella maschile, ma non così tanto da significare che lo squilibrio di genere nel settore scientifico si stia correggendo spontaneamente.
Tuttavia c’è un interesse crescente verso le tematiche di genere tra le policy scientifiche e qualche progresso, seppur modesto, è stato registrato un po’ in tutta Europa negli ultimi dieci anni. Solo in quei paesi che mettono in pratica politiche attive a favore dell’avanzamento femminile (principalmente si tratta di paesi nordici) le donne costituiscono più del 40% dei gate-keepers dei board scientifici. Grazie alla maggiore attenzione sulla questione, alcune organizzazioni che si occupano di finanziamenti alla ricerca a livello internazionale, nazionale e privato richiedono analisi di genere per accedere ai fondi (1). Ai beneficiari viene chiesto di specificare come intendono promuovere: i) pari responsabilità tra uomini e donne nel lavoro, nei processi decisionali e come soggetti della ricerca clinica; ii) rimuovere le barriere istituzionali alla parità; iii) sfruttare le analisi su sesso e genere in quanto risorse per creare nuovo sapere e nuove tecnologie.
Poiché le donne non hanno una posizione forte nella distribuzione del potere nelle policy scientifiche, la loro influenza nell’agenda scientifica è limitata. Le donne in posizione di leadership nelle istituzioni scientifiche europee (rettori/direttori) sono solo il 13% nel settore scolastico più alto e il 9% in quello universitario. In media nel’Ue solo il 22% delle posizioni all’interno dei comitati decisionali è ricoperto da donne. Il panorama delle più importanti istituzioni scientifiche europee è quindi dominato dagli uomini.
In generale, l’attività di gate-keeping viene esercitata sia nel processo che nel contenuto delle decisioni, condizionando così gli ambienti accademici nello sviluppo e nella sostanza. In questa connessione, il ruolo di valutazione e accreditamento è cruciale. La valutazione è una componente importante dell’attività scientifica, ma è anche un’attività sociale e come tale è influenzata fa fattori concettuali, normativi, culturali e istituzionali. Perché le valutazioni vengono condotte non in ambienti vuoti ma all’interno di contesti complessi. Di conseguenza, la valutazione è limitata a ciò che viene praticato, conosciuto e capito all’interno della comunità scientifica. Il gate-keeping e la valutazione possono dunque favorire alcuni argomenti di ricerca e alcuni campi, e essere strumentale non solo alla definizione dell’eccellenza scientifica, ma anche alla costruzione del sapere scientifico.
Le evidenze mostrano che le donne preferiscono e hanno una maggiore tendenza a lavorare in campi interdisciplinari, mentre molte valutazioni sono profondamente radicate in approcci mono-disciplinari e riproducono linee di demarcazione nette tra le materie. I settori interdisciplinari non sono al centro delle comunità scientifiche, dunque non sono ben organizzati e visibili nei confronti dei consigli di ricerca e di altre organizzazioni che si occupano di finanziamenti. In più, mentre l’interdisciplinarità fa parte del discorso scientifico e viene incoraggiata, il sistema delle pubblicazioni opera invece a livello delle singole discipline. Inoltre le pubblicazioni di carattere interdisciplinare in riviste ad alto impatto mono-disciplinare non vengono né apprezzate né riconosciute.
La questione centrale, dunque, è se i risultati ottenuti da scienziati maschi e femmine sono valutati sullo stesso piano. Gli studi su questo aspetto hanno gettato uno sguardo nuovo sul genere delle carriere e sui parametri di genere nella scienza, a cominciare dal pionieristico lavoro di Wennerås and Wold pubblicato su Nature, su sessismo e nepotismo nella peer rewiew delle domande per borse di ricerca allo Sweden’s Medical Research Council. La ricerca ha evidenziato che la qualità dei progetti di ricerca era un parametro fondamentale nel valutare la competenza scientifica dei candidati, ma lo stesso valeva per il loro genere e per la loro affiliazione con uno o più membri del comitato di valutazione. Il sistema della peer review non era dunque così neutrale come ci si sarebbe aspettato.
Oggi molte riviste come Nature, The Lancet, The Journal of the American College of Cardiology e the Canadian Medical Association Journal, hanno linee guida editoriali che richiedono agli autori di specificare il sesso dei soggetti studiati e/o di condurre un'analisi su sesso e genere.
Diverse preoccupazioni sono state anche espresse riguardo il fatto che il sistema di gate-keeping possa non solo essere insoddisfacente, ma anche che ostacoli le carriere femminili. Le competenze e il talento non sono sufficienti per diventare una scienziata di successo. Le risorse, il tempo, il supporto e la rete professionale sono precondizioni altrettanto necessarie. E queste cose sono distribuite in modo molto sproporzionato tra gli scienziati maschi e femmine.
Le università sono istituzioni estremamente determinate in base al genere. In molti paesi più è alto il prestigio di una certa università e maggiore è la quota di scienziati maschi. E se tra i dottorati, i post-dottorati e i ricercatori a contratto la quota femminile è quasi la stessa di quella maschile, la situazione è completamente diversa nelle posizioni apicali del sistema accademico. In media solo il 18% dei livelli professionali nell'Ue-27 è composto da donne, mentre salgono al 36% nel livello b e al 44% del livello c del personale accademico. Molte aree di ricerca, specie nei settori scientifici e tecnologici, rimangono quasi esclusivamente maschili nelle posizioni più alte, specie a livello professionale. Nei 27 paesi dell'Unione europea, il 45% dei dottori di ricerca (Ph.D.) nel 2006 erano donne; il loro numero è pari o superiore rispetto agli uomini in tutti i settori scientifici, tranne per la scienza, la matematica e l'informatica (41%), e per l'ingegneria, la manifattura e le costruzioni (25%) (2).
Gli scienziati uomini dominano anche altre istituzioni, le redazioni, i panel della peer review, e i comitati per la selezione dei professori. L'arruolamento in questi board e comitati in molti casi avviene per vie informali e non trasparenti, e riproduce lo stesso sistema di potere di sempre. I comitati e i panel di lavutazione esclusivamente maschili sono ancora comiuni in molti paesi, anche quelli in cui c'è un'alta percentuale di ricercatrici.
Nel complesso, diversi aspetti dei bias di genere nella produzione e nella valutazione dell'eccellenza scientifica sono stati portati al centro del dibattito (cf. European Commission 2004). Questi bias in effetti si verificano (i) nella caratterizzazione dell'eccellenza scientifica, (ii) nella scelta degli indicatori impliciti e espliciti usati per la definizione dell'eccellenza scientifica, (iii) nei criteri usati per valutare la produzione scientifica, (iv) nel modo in cui i criteri vengono applicati a maschi e femmine, (V) nelle procedure con cui i criteri vengono applicati, (vi) nel fallimento di integrare le donne nelle reti scientifiche.
Ricapitolando, le scienziate hanno difficoltà nel fare carriera nella ricerca e sono sotto-rappresentate nei processi decisionali legati alla ricerca in tutta Europa. Le donne hanno quindi minori opportunità di influenzare l'agenda scientifica e contribuire a risolvere le sfide contemporanee che le società si trovano a affrontare. La sotto-rappresentazione delle donne nella scienza è un grande spreco di talenti e risorse. La ricerca ha bisogno di esplorare gli effetti di un gate-keeping dominato dagli uomini nella comunità scientifica e i suoi esiti, capire le dinamiche e le ragioni dietro la sotto-rappresentazione delle donne e i bias di genere, e elaborare strategie per affrontare queste problematiche.
Articolo pubblicato in forma ridotta. Il testo intergrale è consultabile nella versione inglese
Note
(1) http://genderedinnovations.eu/sex-and-gender-analysis-policies-major-granting-agencies.html
(2) She Figures 2009
Bibliografia
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