Bloccare i bambini costa meno di una ritorsione commerciale. Ma ha gli stessi effetti. Alcune riflessioni sulla crisi russo-americana delle adozioni, e un avvertimento: abituiamoci, la vita quotidiana entrerà sempre più nella diplomazia globale
I bambini sono le nuove miniere? Il caso delle adozioni russe
Imponendo il divieto di adozioni in Russia per gli americani, Putin e il parlamento russo hanno messo lo scambio dei bambini nel posto giusto: sul tavolo della politica estera. Non c'è da sorprendersi. Adesso che tanto i russi quanto gli americani si sono giustamente indignati per il fatto che dei bambini siano tenuti in ostaggio per una ritorsione della Russia contro il Magnitsky Act, che sanziona chi vìola i diritti umani, sarebbe bene interrogarsi sul senso della mossa russa. Così, i politici saranno preparati la prossima volta che dalla vita comune della gente comune scaturisce una crisi diplomatica. Insieme al commercio e alla guerra, la vita quotidiana sta infatti diventando sempre più materia di diplomazia internazionale.
Il nuovo divieto russo sulle adozioni americane vìola i trattati internazionali. I suoi proponenti si sono pero’ mostrati meno preoccupati di adempiere ai loro obblighi internazionali quanto desiderosi di trarre beneficio dalla manipolazione del “commercio” dei bambini. Hanno ragione – il trasferimento dei bambini dai loro orfanotrofi alle nostre famiglie produce una leva contrattuale enorme. E usarla costa pochissimo alla Russia. (Va detto per inciso che la compravendita di bambini è tassativamente vietata dalla normativa internazionale e sicuramente negli Usa ed in Russia anche se non si puo’ negare il perdurare di elementi di scambio commerciale. Il “mercato” dei bambini non è però soltanto legato a fattori strettamente economici bensì al più generale rapporto fra domanda e offerta del “bene-bambino”. )
Immaginate che i bambini siano analoghi ad un minerale ferroso: se un paese controlla il 10% del consumo di un’altra nazione, vi sorprenderebbe che lo usi per negoziare un accordo migliore, oppure per ottenere investimenti diretti? E' esattamente questa la posizione della Russia rispetto alla domanda americana di adozioni. Ovviamente, i bambini non sono minerali e i violatori dei diritti umani non sono (necessariamente) capitani d'azienda in cerca di finanziamenti esteri. Ma gli americani sono tra i più grandi consumatori dell'offerta mondiale di bambini in adozione, e la Russia è una delle loro fonti principali. Nel 2011, i bambini russi adottati negli Usa sono stati 970, su un totale di 9.320 adozioni straniere. Al secondo posto, un bel po' dopo la Cina (2.589) ma davanti alla Corea del Sud (736) e molto oltre qualsiasi altro concorrente. Dal punto di vista russo, c'è una forza in questi numeri.
La Russia è anche il secondo fornitore di ferro per gli Stati Uniti: nel 2010, il Canada ha fornito oltre la metà dell'import nazionale, mentre la fetta russa è stata pari al 10% del totale, secondo indexmundi. Un embargo russo sui minerali ferrosi sarebbe costoso; la perdita di entrate avrebbe di sicuro un impatto sugli equilibri economici domestici, e gli Stati Uniti potrebbero intentare una lite di fronte all’Organizzazione Mondiale del Commercio – organizzazione che ha denti piuttosto aguzzi. Il divieto sulle adozioni, invece, ha un impatto relativamente ridotto in Russia – colpisce i bambini stessi e gli intermediari che gestiscono il loro trasferimento. E ha anche i suoi benefici: gli istituti in cui i bambini alloggiano continueranno a trarne vantaggio, mantenendoli al loro interno. Inoltre, tenere i bambini russi in Russia soddisfa un sentimento nazionale (e nazionalista). Poco importa che ai russi non interessa adottare a loro volta a sufficienza per colmare il bisogno. Secondo l'Unicef, 740.000 bambini russi crescono senza genitori ma solo 18.000 famiglie russe sono attualmente in attesa di adottare un bambino. Negli ultimi vent'anni, gli Stati Uniti hanno adottato 60.000 bambini russi. Alcuni parlamentari della Duma hanno sostenuto che il divieto solleciterà i russi a farsi avanti.
Non è da trascurare la giustizia poetica di questa particolare versione della logica “occhio per occhio”. Gli Stati Uniti accusano la Russia di violare i diritti umani? La Russia non ha un'alta considerazione del trattamento che gli americani riservano ai bambini: secondo alcuni parlamentari russi starebbero meglio nei locali orfanotrofi (le cui condizioni abissali sono state spesso documentate) che nelle mani di genitori americani che li fanno morire nei parcheggi (com'è successo a un bambino nel 2008) o addirittura li rimandano indietro come prodotti difettosi, come ha fatto una donna nel 2010.
Pagheranno i costi del nuovo divieto i bambini e le famiglie americane. Qui sta il potere della Russia. Negli Stati Uniti, ne faranno le spese famiglie coloro che sono in procinto di adottare 46 bambini che adesso la Russia può rifiutarsi di far espatriare. Non è un numero enorme ma è indicativo delle migliaia di famiglie per le quali l'accesso all’offerta internazionale dei bambini è diventato una strategia normale – e talvolta filantropica – di formazione famigliare. Di fronte a problemi di fertilità, gli americani attraversano i confini per accedere ad orfanotrofi ed altre istituzioni specializzate o per comprare uova e seme, combinarli e affittare gestanti. Sempre di più, dunque, ci si rivolge all’estero per soddisfare uno dei bisogni fondamentali della vita quotidiana: riprodursi. Ma non solo: valendosi delle nuove tecnologie – dalla medicina alla comunicazione – gli americani, come peraltro gli italiani e tanti altri, mobilitano le risorse poste in essere dalla globalizzazione anche per studiare, curarsi, vivere da pensionati, trovare partner sessuali, sposarsi.
Ciascuna di queste attività – che in patria risulterebbe burocraticamente semplice – all’estero diviene complessa. I bambini non possono essere semplicemente imbarcati su linee nazionali; le loro entrate e uscite devono rispettare le regole dei paesi che lasciano e che raggiungono. Ciò richiede di coordinare l'adozione e altre procedure di genitorialità sulla base delle quali si possano emettere documenti d’identità, visti ed eventualmente garantire la cittadinanza. Allo stesso modo, l'accesso a istituzioni scolastiche e universitarie richiede il riconoscimento di credenziali: un diploma liceale preso negli Usa non garantirà l'accesso a molte università europee. Un controllo medico di routine può costare meno a Lione che a Chicago, ma non è detto che un'assicurazione firmata a Chicago lo coprirà. E una bostoniana può sposare la sua compagna ad Amsterdam ma non può aspettarsi che l’Immigration and Naturalization Service rilasci un visto per la sposa straniera nonostante il fatto che il matrimonio si sarebbe potuto celebrare legalmente anche in Massachussets.
Finora, queste questioni hanno turbato i sonni dei consoli. I sogni degli ambasciatori sono disturbati da minacce di guerra e allietati da promesse di commercio. Ma via via che le vite degli americani – come di quasi tutti gli altri – diventano sempre più transnazionali, gli stati capiranno che possono negoziare su bambini, studenti, amanti, malati ed anziani proprio allo stesso modo in cui hanno sempre trattato scambi di armi e mangimi. Suonare la sveglia dei diritti umani aiuta a mobilitare l'indignazione, ma qui è in gioco il potere contrattuale. La Russia sta impartendo una lezione che altre nazioni rapidamente apprenderanno. Dovremmo capirla.
La versione originale di quest'articolo è stata pubblicata sul blog di Yasmine Ergas sull'Huffington Post