Non fondata
sul matrimonio

Nel libro "Coppie e famiglie" Chiara Saraceno ripercorre i grandi cambiamenti che nell’ultima parte del ‘900 hanno terremotato la cittadella familiare. Una lettura utile, nel pieno di un moto che sta riscrivendo il profilo giuridico della famiglia in Europa - ma non in Italia. Che resta patria delle contraddizioni tra proclami e realtà

di Chiara Valentini

«Di che cosa parliamo quando parliamo di famiglia?». Parte da questa domanda tutt’altro che innocente l’ultimo libro di Chiara Saraceno, “Coppie e famiglie”, che fin dal sottotitolo rende esplicita con una speciale sottolineatura la posizione della sua autrice: “Non è questione di natura”. Non è certo una constatazione ovvia se pensiamo a quanto ai nostri giorni sentiamo come importanti le scelte delle persone, con quanta convinzione abbiamo chiesto (e continuiamo a farlo) di far aderire le norme ai cambiamenti della vita. Chiara Saraceno, una delle maggiori esperte in materia, ci ricorda opportunamente che le cose non sono così semplici. La speranza di poter cucire addosso il vestito più adatto al corpo della famiglia si è sempre scontrato con il forte interesse sociale e politico degli stati a regolamentare anche in base ad altri parametri quell’istituzione-chiave della convivenza che è appunto la cellula famigliare. Secondo Saraceno la famiglia è addirittura «l’istituzione più intenzionalmente costruita, meno “naturale” che ci sia», è un luogo denso di norme e di conflitti sui diritti e i doveri che ne derivano per i suoi componenti. Questo interesse sociale e politico a regolamentarne il funzionamento è più marcato nelle società autoritarie: pensiamo per esempio, in Italia, al fascismo e alla forsennata campagna demografica di Mussolini per spingere le donne a mettere al mondo un numero crescente di “figli per la patria”. Ma anche nelle società democratiche capita che ai desideri e alle volontà delle persone si contrappongono le pressioni e i veti delle tradizioni e delle religioni, come in Italia sappiamo anche troppo bene.

Esaminando i vari modi di fare famiglia in Europa Saraceno mette in evidenza la spinta che ha portato ad allargare progressivamente il campo di quel che è riconosciuto come socialmente possibile e lecito. Le prime trasformazioni erano partite dall’interno stesso della famiglia tradizionale, diventata più paritaria anche in seguito alla nuova autonomia delle donne e alla loro coscienza di genere: aumento dell’istruzione e prospettive di lavoro fuori dallo spazio domestico, maternità come scelta e possibilità di divorziare ne erano stati gli elementi decisivi.

Ma da queste trasformazioni ampiamente note Chiara Saraceno fa discendere quasi in un rapporto di causa/effetto i grandi cambiamenti che nell’ultima parte del ‘900 hanno terremotato la cittadella della famiglia. Se infatti è possibile e socialmente accettabile divorziare (e in tutti i paesi avanzati non esiste più fra le cause il concetto di colpa) lo è anche risposarsi, portando i figli, se ci sono, nella nuova famiglia, dove ovviamente possono arrivare anche i figli del partner. Ecco allora le famiglie “ricomposte”, più note come allargate, oggetto in particolare in Italia di continui film, inchieste e romanzi: a testimonianza di come queste nuove forme di multigenitorialità hanno toccato non solo le abitudini ma anche l’immaginario. Ma se i figli possono essere condivisi altre cose possono cambiare, anche l’adozione. In particolare viene in luce l’ideologismo e la crudeltà di quel “nuovo inizio” che è alla base della legge italiana, per cui l’atto dell’adozione deve troncare ogni legame del bambino con la famiglia naturale e persino con l’eventuale famiglia affidataria, in nome di un’esclusività genitoriale che non esiste più nei fatti.

La multigenitorialità può aiutare ad affrontare anche alcuni problemi legati alla nascita da fecondazione assistita. Per esempio, rompendo il nesso fra eterosessualità e riproduzione ha aperto la via alla genitorialità omosessuale, prima di tutto per le donne, ma anche per gli uomini se trovano una donna disposta a fare la madre surrogata, scrive Chiara Saraceno.

Ma ancor più della genitorialità è lo stesso istituto del matrimonio ad essere arrivato piuttosto ammaccato nel nuovo secolo. Non solo perché in Europa divorzia quasi una coppia su due. Ma soprattutto perché, nel senso comune e anche nelle leggi di molti paesi, le coppie di fatto assomigliano sempre di più alle coppie sposate. Ovviamente queste trasformazioni non sono avvenute in modo omogeneo nei vari paesi europei. Per esempio in Spagna il divorzio ha avuto una forte accelerazione solo negli ultimi 10 anni. Quasi dappertutto però le leggi si sono mosse nella direzione di sostenere nel campo della famiglia le scelte individuali, proteggendo allo stesso tempo i diritti dei più deboli, i figli. Sappiamo bene che in Italia non è andata così e che il doloroso elenco delle proibizioni nuove e vecchie resiste su molti terreni, dai Pacs negati per omo ed etero a una legge sulla fecondazione assistita giustamente definita legge burqa al divorzio che batte il record della lentezza e macchinosità (e a proposito di divorzio Saraceno ricorda opportunamente il legame statisticamente dimostrato fra la scelta delle donne di divorziare e il loro tasso di occupazione).

Forse la riflessione più intrigante che esce da questo libro ricco di suggestioni mai banali è quella su una singolare scelta fatta dal nostro paese già dagli anni 90. In controtendenza con il resto d’Europa, l’Italia aveva riportato al centro della scena proprio la famiglia nella sua dimensione più tradizionale, nuova icona di cattolici e conservatori di vario genere, che in qualche modo aveva sostituito l’icona della maternità. Ma nonostante le continue dichiarazioni di principio e le sfilate dei family days ben poco si è poi fatto sul piano concreto per la famiglia. «Molte parole pochi soldi, specialmente dai governi di centro destra», sintetizza Saraceno, ricordando che in compenso parecchi pesi sono intanto scivolati proprio sulle mamme in carne ed ossa. Mamme di sempre meno figli, come ci dicono le cifre, ma mamme a lunghissima percorrenza, visto che anche a causa delle pessime politiche sull’occupazione giovanile i loro figli e figlie restano a casa fino ai trent’anni e più. E anche quando riescono a farsi una famiglia e a mettere al mondo qualche bambino, non potendo contare su uno welfare funzionante, si rivolgono ai nonni e in particolare delle nonne: nuove figure emergenti, che cominciano ad essere riconosciute anche dal diritto. Basti ricordare che nel nuovo Piano per la famiglia scritto dal governo Monti e ancora in campo anche se non approvato si stabilisce che i congedi parentali siano allargati appunto ai nonni. Mentre alcuni comuni del Nord come Modena considerano un elemento negativo per ottenere un posto al nido la presenza di nonne e nonni attivi e in buona salute. Sono solo alcuni esempi di quello slittamento del peso del welfare dallo stato alle famiglie, cioè alle donne: un meccanismo perverso che serve anche a giustificarne il basso livello di occupazione. E’ piuttosto amaro constatare che sembra l’unica invenzione in materia di famiglie nel corso degli ultimi 20 anni.

Chiara Saraceno, “Coppie e famiglie”, Feltrinelli 2012, 140 pp., 15 euro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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