La parità ai tempi supplementari

Politiche

Come prima cosa mettiamo in chiaro due punti: il primo è che “quote rosa” è un’espressione da riserva indiana che risulta fuorviante rispetto al fine per cui è utile normare i numeri della rappresentanza e quindi nel parlare diremo “democrazia paritaria”.  Il secondo punto è quello cruciale. Perché è importante il 50 e 50 stabilito per legge? Innanzi tutto perché risponderebbe a un ruolo auspicabile della politica che è quello di indirizzare e anticipare i cambiamenti e non di sancirli e rincorrerli o, peggio ancora, ostacolarli. Se la parità è un obiettivo reale della politica, dovrebbero esserlo anche gli strumenti per raggiungerla.  La richiesta è 50 e 50 ovunque si decide, sarebbe a dire, per esempio, che non va bene se il governo è per metà di ministre se poi tutte le nomine a sottosegretari sono maschili. 

Il merito è poi l’argomento preferito dai detrattori (e dalle detrattrici) delle quote. Volendo entrare nella retorica del merito si potrebbe argomentare che ci sono molte donne meritevoli escluse dalla politica perché uomini per niente meritevoli occupano posti che dovrebbero essere loro. Se andiamo infatti a vedere chi sono gli uomini in parlamento, il merito di sicuro non è sempre stato il criterio di selezione.  Ma anche quando fossero donne immeritevoli alla pari ai loro corrispettivi uomini, questo sarebbe un piano di discorso secondario: la possibilità che ogni parte sociale sia rappresentata a pieno titolo è un problema di giustizia e non di coscienza. In quest’ottica un parlamento prevalentemente maschile è deprecabile tanto quanto un parlamento tutto bianco, o tutto di ricchi o tutto di professionisti (notai, avvocati, professori, medici) o tutto di anziani. Certo, non sempre le donne che poi arrivano in parlamento rappresentano gli interessi delle donne, così come non tutti i precari rappresentano i precari, ecc ma sono pur sempre un elemento di discontinuità nel monopolio maschile. Infine è utile ribadire che c’è un legame proficuo tra proporzione di donne parlamentari e diritti delle donne: i paesi in cui ci sono più donne in parlamento sono quelli dove i diritti delle donne (e conseguentemente quelli LGBTI) sono più avanzati e dove l’introduzione di misure per la promozione della parità di rappresentanza è avvenuta decenni fa.

Ieri i tre emendamenti per la parità di genere non sono passati. Questo è grave, significa che il governo e la maggioranza non considerano la parità un elemento importante, ma di questo ci eravamo accorte già con la scelta del voto segreto. La partita non è ancora finita, aspettiamo di vedere cosa succede al senato. E soprattutto raccogliamo un dato importante: è la terza volta in quattro anni che da inGenere parliamo discutiamo dibattiamo di misure per promuovere la democrazia paritaria, di solito nel silenzio assordante dei media mainstream. Questa volta è stato diverso, la discussione ha investito tutti e la parità è finalmente entrata nell’agenda politica, con la speranza che, visto che legge e cultura sono parte di un medesimo cambiamento, anche se la legge non dovesse passare  i partiti si sentano obbligati a rispondere di un’istanza divenuta diffusa. Ancora meglio sarebbe che lo strapotere degli uomini nei partiti non obblighi le donne in ruoli secondari e subalterni, ma che le donne che scelgono la politica istituzionale sappiano prendere e pretendere lo spazio per agire la propria soggettività politica. L'augurio è più donne, consapevolmente donne. Ma siamo disposte ad applaudire anche prima della virgola.

Di seguito una veloce rassegna di alcuni interventi usciti sui giornali

 

Chiara Saraceno su Repubblica considera importante non limitarsi a parlare di quote rosa, promuovendo invece vere e proprie norme antimonopolistiche rispetto al potere politico degli uomini. La presenza delle donne è spesso pensata come “graziosa concessione”, non come esito di meccanismi che offrono pari opportunità. Gli ostacoli posti all’elezione delle donne in vari settori sono ben evidenti, eppure le ministre sono rimaste in silenzio. Per la Saraceno è importante invece che nella legge elettorale sia garantita la parità poiché, per quanto l’esser donna in quanto tale non garantisca maggiore qualità ed efficienza rispetto all’uomo, la presenza femminile può contribuire ad innescare dinamiche diverse, a definire nuove priorità, ad offrire opportunità di miglioramento. Sempre Chiara saraceno difende gli emendamenti sulla parità intervistata da Carlo Lania per  Il Manifesto.

Roberta Carlini su Pagina99 condanna l’ipocrisia che si nasconde nella scelta del segreto dell’urna e afferma che non si tratta di una sconfitta delle donne, che sono andate e vanno avanti comunque, ma della Politica, quella trasparente e capace di mettersi in discussione.

Mariella Gramaglia sulla Stampa considera la bocciatura dei vari emendamenti sulla parità un’occasione mancata. Critica la scelta dell’aula di riservarsi il voto segreto, sottolineando che si tratta di una questione di giustizia e non di coscienza. Ma non si dà per vinta: attendiamo ancora la decisione del Senato e dei partiti.

Pia Locatelli mostra il suo sdegno per il voto comune (dato anche dai partiti da cui non ce lo si sarebbe aspettato) contro gli emendamenti per le pari opportunità di genere. Condanna la codardia del voto segreto e biasima i vigliacchi che hanno avuto paura per il loro seggio, senza neanche avere il coraggio di esprimere pubblicamente la propria posizione.

 

 

 


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