Cimeli di famiglia - Lydia Flem
In un libro pubblicato dieci anni fa – Come ho svuotato la casa dei miei genitori – la psicoanalista francese Lydia Flem, prolifica autrice di scritti su Freud, Casanova, e di un romanzo ispirato a Lewis Carroll, esplora il doloroso processo del lutto per la morte dei genitori. Nelle due frasi del fondatore della psicoanalisi posti come epigrafi si condensa l’obiettivo di Flem: dar conto del ciclone emotivo che si scatena in ciascuna/o di noi quando scompaiono la madre e il padre. Il luogo in cui si condensano emozioni di natura assai contraddittoria – angoscia, sollievo, dolore, gioia – è la casa dei genitori morti, spesso la stessa in cui siamo cresciute e in seguito abbiamo lasciato per abitare altrove. Da un certo punto di vista, scrive Flem, “svuotare” è un termine offensivo, che significa selezionare, buttar via, vendere, conservare; ha qualcosa di sinistro, che ricorda i gesti del ladro che si appropria di beni lasciati dai morti. Al tempo stesso, questo verbo indica anche l’operazione che consente di creare un vuoto dentro noi stessi mentre liberiamo stanze, armadi e cassetti del loro contenuto, e insieme allontaniamo allo stesso modo i genitori defunti. Mentre guardiamo e tocchiamo soprammobili, vestiti, lettere, tovaglie e suppellettili varie, si abbatte su di noi una valanga di associazioni e ricordi: selezionarli e darli via è un sollievo; significa allontanare da noi fantasmi e reminiscenze di ogni genere. Ma vuol dire anche riandare con la memoria a tradizioni domestiche ormai tramontate che rivivono alla vista di biancherie ricamate, di porcellane, di cartoline e lettere ricevute da amici e parenti nel corso dei decenni.
Il processo di svuotamento è tuttavia lungo e complesso, e coinvolge un rapporto assai intenso con i contenuti materiali della casa:
“Le cose non sono soltanto cose, esse conservano tracce umane, prolungano la memoria della gente per noi. Nella loro maniera modesta, leale, gli oggetti che ci hanno accompagnato così a lungo sono non meno fedeli degli animali e delle piante che ci circondano. Ciascuno ha la sua storia e un significato che si è mescolato con quello delle persone che l’hanno adoperato e amato. Oggetti e persone insieme formano una sorta di unità che non può essere separata in modo indolore.”
Nel caso della famiglia Flem, di origine ebraica, il tragico destino dei nonni e degli zii durante il nazismo è documentato tra le carte ritrovate nei cassetti, dove una lettera delle Croce Rossa Olandese inviata al padre dell’autrice nel 1949, lo informava della cattura e deportazione ad Auschwitz della madre, che lì era morta nel settembre del 1942.