Il solo talento non basta, la musica si rivela un ambito con forti discriminazioni di genere soprattutto nella ripartizione delle sempre più esigue risorse disponibili
Che musica maestra!
Nel mondo della musica si suol dire che “il solo talento non è sufficiente per il successo di una carriera professionale” ma per le donne perfino “il grande talento” non è sufficiente e le pari opportunità sono lontane dall’essere una realtà. Come confermato dal Ministero della Cultura Francese, prima nel 2011 e nuovamente nel 2014, il 98% dei fondi pubblici per la programmazione musicale va alla produzione delle opere composte da uomini, il 94% dei direttori d’orchestra sono uomini e l’86% degli istituti di formazione musicali sono diretti da uomini. Questo quadro tristissimo produce situazioni personali, professionali, economiche e sociali instabili per le compositrici, le quali fronteggiano lo spettro della povertà in età avanzata. Finché le giurie che decidono chi riceverà commissioni per nuovi lavori saranno in maggioranza uomini non ci saranno mai decisioni favorevoli per le donne. Nel 2012, l’On. Silvia Costa, ora Presidente della Commissione Cultura del Parlamento Europeo, invitò la Fondazione[2] a svolgere una ricerca al fine di creare una fotografia delle leggi, pubblicazioni e proposte prodotte dai Paesi Membri dell’UE e dalle istituzioni internazionali, riguardanti il mainstreaming di genere e la possibilità di accesso, per le donne, allo spettacolo dal vivo in generale ed, in particolare, nell’ambito musicale. Il risultato è stato il volume che abbiamo pubblicato nel 2014, “Key Changes per le Donne nella Musica e nello Spettacolo dal Vivo”.
La Risoluzione sull’Uguaglianza di Trattamento e Accesso per Uomini e Donne nelle Arti dello Spettacolo di Marzo 2009 del Parlamento Europeo è stata indirizzata a tutti i Governi e le Istituzioni europee, con l’invito di mettere in pratica le proposte ivi contenute, sottolineando che “la discriminazione contro le donne mantiene basso lo sviluppo del settore della cultura e lo priva di talenti e capacità… Il contatto costante con il pubblico è necessario per ottenere l’altrui riconoscimento.” La risoluzione afferma che “sebbene le ineguaglianze nelle prospettive di carriera e nelle opportunità tra uomini e donne nello spettacolo dal vivo siano molto presenti e persistenti… i meccanismi che producono tali ineguaglianze di genere dovrebbero essere seriamente presi in esame… (ed incoraggia) gli Stati Membri a produrre analisi comparative della situazione presente nell’ambito dello spettacolo dal vivo nei vari Stati dell’Unione, per redigere statistiche al fine di facilitare il progetto e la messa in atto di politiche comuni e assicurare che il progresso raggiunto possa essere paragonato e misurato”.
L’unico paese che ha seguito questi suggerimenti è stato la Francia. Nel giugno 2013 il Ministero per la Cultura Francese pubblicò il rapporto, “La place des femmes dans l’art et la culture», a cura della Senatrice Brigitte Gonthier-Maurin e le informazioni ivi contenuti riflettono una situazione comune, purtroppo, in tutto la Comunità Europea. Il rapporto, di oltre 250 pagine, rileva tre punti che il Ministro francese ritiene essenziali: combattere gli stereotipi nel mondo dello spettacolo dal vivo, dare spazio e riconoscimento alle creatrici, promuovere l’accesso delle donne ai posti decisionali.
Le statistiche riportate nel documento sono agghiaccianti: in Francia la regia è per 75% maschile, e appena il 15% delle opere messe in scena sono scritte da donne. Nessuno conosce i nomi di compositrici prima del XVII secolo.[3] e soltanto 3% della musica programmata e sovvenzionata da denaro pubblico è di donne. Inoltre meno di 15% dei quadri nelle collezioni pubbliche sono di donne. Ma se la Francia piange gli altri paesi nella Comunità non ridono nemmeno quelli che di solito brillano se i dati sulla Svezia riportano che:
“Durante le stagioni 2008/09/10, il 99% delle opere messe in scena dalle orchestre svedesi è stato composto da uomini. Durante questa stagione (2013/2014), le diciannove più grandi orchestre svedesi mettano in scena circa 1000 opere. Di queste, il 92,1 % sono composte da uomini” KVAST, Kvinnlig Anhopningav Svenska Tonsättare, Svezia, 2014.
Dalle pagine del Guardian arriva un monito: “L’industria musicale…. ha davvero bisogno di fare qualcosa contro l’atteggiamento sessista che ancora prevale in questo campo: è necessario non accettare più punti di vista ridicoli, datati e bigotti, e neanche comportamenti che molto semplicemente non sarebbero accettati in altri ambiti della società o dell’industria…. I palchi sono pieni di uomini, uomini stanno alle console, uomini dominano gli studios, le aziende per le tecnologie musicali, le agenzie artistiche, creando una cultura della musica sessista, ageista e dalle vedute ristrette, che non onora il vero potere della musica, che è quello di unire, curare e dare forza”
La musica è una compagnia costante nelle vite degli europei, un elemento fondamentale della loro eredità culturale e una fonte di occupazione, nonché un mercato economico energico, con più di 600.000 persone che operano nel settore. La diffusione multimediale e musicale via internet o rete di telefonia mobile ha aperto nuovi orizzonti per lo sfruttamento commerciale della musica, ma questo non sempre si traduce in sostenibilità o in qualità, e diversi sono gli approcci dei governi europei, mentre in Italia il Consiglio dei Ministri nel 2003 dichiara “gli artisti professionisti, la maggior parte dei quali sono freelance o hanno uno stato lavorativo atipico, misureranno il loro livello di successo sul mercato, dove il risultato artistico è ancora premiato nella forma di feedback finanziario o riconoscimento sotto forma di premi culturali prestigiosi o critiche positive”. Mentre il Ministro della Cultura Svedese nel 2001, Marita Ulvskog, ha sottolineato che “Nella maggior parte degli Stati, anche gli artisti professionisti e oramai famosi, trovano difficoltà nel sopravvivere con la loro arte. Una grande maggioranza è costretta a cercare fonti supplementari di reddito (come insegnanti nei propri ambiti, se sono fortunati, ma spesso e volentieri in campi che non hanno nulla a che fare con il loro lavoro di artisti)…….”
Le musiciste rappresentano più dell’80% degli insegnanti nelle istituzioni statali e private. Sono compositrici e creatrici di musica, esecutrici, produttrici, editrici, storiche, copiste, responsabili per l’organizzazione di festival ed istituti di formazione. Tuttavia, anche quando insegnano composizione, dirigono cori, orchestre o complessi (ottoni, jazz o heavy metal) il loro coinvolgimento come autrici negli eventi musicali principali è minimo. Solo il 2% della musica composte da donne europee è programmato da istituzioni sovvenzionate pubblicamente mentre l’89% di tutte delle istituzioni pubbliche culturali e artistiche sono dirette da uomini. Se, come la nostra ricerca conferma, le donne rappresentano il 40% dei compositori nella Comunità Europea, perché a soli 2% di esse viene data la possibilità dimettere in scena i propri lavori da organizzazioni sovvenzionate dai propri stati ? Migliaia di musiciste altamente professionalizzate sono testimoni del restringersi delle opportunità a causa dei sempre minori fondi per le arti, ma protestano poiché le possibilità esistenti continuano ad andare a uomini. Lamentano il fatto che il proprio lavoro sia soggetto al giudizio dei direttori artistici o dei produttori: commissioni, esecuzioni, programmazione, tutto dipende dalla parola magica, “qualità” come in: “la musica di una donna sarebbe stata inclusa se avesse avuto le stesse qualità di quella di un uomo”. Quando la Società Spagnola per i Diritti d’Autore era diretta da una compositrice, lei insisteva sulla “lettura anonima dei brani musicali” con il risultato che più del 50% delle opere musicali scelte, e finanziate, erano di donne.
[1] Musicista, musicologa, fondatrice e Presidente della Fondazione Adkins Chiti: Donne in Musica
[2]Nata nel 1978 come “movimento” per la promozione e sostegno delle compositrici e creatrici di musica, Donne in Musica è diventata Fondazione nel 1994. Coordina una rete di 41.000 compositrici, musicisti, musicologi e didatte in 108 paesi. La sua missione riguarda il mainstreaming, empowerment e capacity building per compositrici di ogni età, nazionalità, credo e genere di musica. Dal 1978 soltanto in Italia ha programmato oltre 5440 lavori di donne da 79 paesi diversi. Dal 1978 FACDIM ha ricercato e pubblicato 51 volumi in italiano, inglese, arabo, spagnolo, tedesco, francese, portoghese, croato, serbocroato e greco. Ha creato online l’“Encyclopaedia of Living European Women Composers, Songwriters and Creators of Music”.
[3] Il che vuol dire una totale mancanza di informazioni nei libri scolastici e nei corsi tenuti in centri specializzati – conservatori, accademie ed università – anche perché la Francia ha una storia gloriosa per quanto riguarda la presenza di compositrici e creatrici di musica fin dal undicesimo secolo.