Donne e uomini hanno bisogni diversi e usano la città in modo diverso. Come nasce un bilancio di genere, come può aiutare un comune a fare le sue scelte. Intervista con Fortunata Dini, assessora a San Giuliano Terme: uno dei pochi comuni italiani che fa i conti con il genere
A cosa serve
il bilancio di genere
San Giuliano Terme (31.600 abitanti in provincia di Pisa) è uno dei pochi comuni italiani che fa un bilancio di genere. Per capire cosa vuol dire, e quali conseguenze pratiche ha, ne abbiamo parlato con Fortunata Dini, assessora alle Pari opportunità e a molto altro.
In Italia i comuni che elaborano un bilancio di genere sono meno di trenta. Il suo è tra questi. Come siete arrivati a questa decisione? Da dove vi è venuta l’idea?
Sin dal programma di mandato del sindaco 2004-2009 l'amministrazione del comune ha fatto una scelta politica precisa: gestire la cosa pubblica in modo trasparente e democratico affermando il principio che coloro che hanno ruoli di responsabilità devono rendere conto del proprio operato. Dal 2007 l'amministrazione si è dotata di un sistema di rendicontazione sociale, il bilancio sociale, che viene presentato durante le assemblee cittadine nelle 20 frazioni che compongono il comune. Il bilancio di genere si inserisce in questo percorso. Con la lettura di genere di un bilancio si analizzano le scelte politiche che nel documento economico-finanziario vengono tradotte in cifre, cercando di renderne trasparenti le ricadute sulla qualità della vita non di un cittadino “neutro” ma di cittadini in quanto donne e uomini. Nella nostra società, infatti, donne e uomini hanno bisogni diversi perché hanno ruoli diversi (e il lavoro di cura grava principalmente sulle donne), si organizzano la vita in maniera diversa, usano la città e i servizi in maniera diversa.
La ricchezza di una comunità è data anche dal lavoro di cura che non viene monetizzato e calcolato nelle entrate di un bilancio. Poiché con le scelte di bilancio un'amministrazione ridistribuisce la ricchezza prodotta, è importante scegliere un criterio per questa redistribuzione (che quindi coinvolge anche il lavoro di cura) che rispetti i principi di equità, efficienza ed efficacia rispetto a due quesiti: quali sono i bisogni delle/dei cittadine/i, e quali risposte l'amministrazione mette in campo per soddisfare questi bisogni con gli strumenti a sua disposizione. Il bilancio di genere aumenta la consapevolezza di chi amministra rispetto alla ricaduta delle scelte politiche fatte e la trasparenza dell’operato dell'amministrazione.
Fare seriamente il bilancio di genere, valutando l’impatto delle decisioni di spesa sulla disuguaglianza di genere, richiede la collaborazione di tutto l’apparato comunale. Come è riuscita ad ottenerla?
Poiché la macchina comunale ha una struttura verticistico-piramidale, e dato che le politiche di genere politiche sono trasversali e non settoriali, abbiamo pensato che per fare mainstreaming di genere le Pari opportunità dovessero stare in una posizione “alta”. Per questo per far crescere la macchina comunale su questi temi si è scelto di posizionare la delega alle pari opportunità con la direzione generale. E' da lì infatti, che passano tutte le decisioni, è con il direttore che i dirigenti regolarmente si confrontano sulle azioni amministrative da portare avanti per realizzare il programma di mandato del sindaco. Così, se la direzione adotta l'ottica di genere, a cascata questa scenderà e contaminerà tutti i settori dell'ente. La nostra scelta è stata vincente. Nel nostro comune le politiche di genere hanno fatto un salto di qualità notevole rispetto al passato e ai comuni a noi limitrofi.
Un'altra scelta importante è stata quella di fare formazione su questi temi. Alcune dipendenti comunali, in posizioni strategiche nell'ente, hanno partecipato a diversi corsi di formazione sul bilancio di genere; sono state formate anche le componenti dei due organismi di parità; sono stati organizzati inoltre seminari per informare e formare le/i consigliere/i comunali e le/gli assessore/i e le diverse componenti della società civile.
Un altro importante passo in avanti è stato fatto grazie alla ratifica nel 2007 della “Carta Europea dell'uguaglianza di donne e uomini nella vita locale e regionale”, da cui è disceso l'obbligo di redigere il Piano d'azione per la parità, approvato nel 2009. La Carta prevede espressamente, tra le diverse azioni da mettere in campo, che gli enti sottoscrittori redigano il bilancio di genere.
Che cosa ha imparato dal bilancio di genere che poi è servito nella programmazione dell’anno successivo?
Analizzando i dati sulla condizione della popolazione in ottica di genere abbiamo capito che è importante leggere le fasce di età come fasce di bisogni. La popolazione è stata divisa in quattro grandi fasce: l'area di cura infanzia ed adolescenza, età 0-18 ; l'area di conciliazione famiglia-lavoro, che comprende la popolazione impegnata contemporaneamente nel mondo del lavoro e nelle attività di cura per infanzia, adolescenza ed anziani, età 19-59; l'area di supporto ed assistenza, non impegnata nel mondo del lavoro, che offre aiuto all'area di conciliazione, età 60-79; l'area di cura anziani, con perdita di autonomia e bisogni di assistenza e cura, età superiore agli 80 anni.
Il 54% della popolazione del nostro comune si trova nella fascia di conciliazione famiglia-lavoro e questo ci ha spinto a proporre ulteriori servizi di conciliazione per famiglie con minori, che rispetto ai servizi per gli anziani risultano più scoperti. Oltre ai servizi storici previsti durante le vacanze estive (“campi solari”) abbiamo organizzato durante le vacanze natalizie e pasquali, con associazioni del territorio, laboratori di musica, teatro, pittura, ecc all'interno degli edifici scolastici.
Il bilancio di genere, oltre all'analisi di contesto, necessaria per ricavare informazioni sui bisogni della popolazione, ha prodotto l'analisi dei servizi erogati che ha evidenziato molto chiaramente il fenomeno delle nuove povertà. In un periodo di grave e profonda crisi economica si fa ancora più stretto il binomio donne-povertà. Le giovani donne, nonostante il livello di istruzione più alto dei coetanei, hanno grosse difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro; molte lavorano nel settore dei servizi (per esempio in cooperative) con redditi bassi, spesso senza sufficienti garanzie. Le donne anziane residenti sul nostro territorio hanno pensioni di vecchiaia che sono esattamente la metà di quelle degli uomini anziani. Analizzando i fruitori dei servizi o progetti finanziati dal comune, come quello per affrontare l'emergenza abitativa, è emerso che le donne sole con figli, con scolarità medio-bassa, sono a rischio di povertà. Anche se non perdono il lavoro, non ce la fanno a far fronte alle spese per l'affitto e per una vita dignitosa per sé e per i propri figli (il 20% non riceve dal padre dei figli alcun aiuto). Perciò nel bilancio preventivo 2009-2010-2011 abbiamo mantenuto gli stessi impegni di spesa per le politiche sociali, della casa e per l'istruzione a fronte di tagli del 15-20% in tutti gli altri settori. Inoltre, abbiamo introdotto un fondo di solidarietà destinato alle famiglie più colpite dalla crisi economica, tra cui quelle monoparentali con minori a carico e quelle composte da ultra-sessantacinquenni a basso reddito, oltre a confermare agevolazioni ed esenzioni dalla TIA per famiglie in difficoltà economiche. Con il bilancio di genere gli amministratori hanno capito con maggior chiarezza chi dovessero essere i destinatari di tali azioni. In un momento in cui le risorse scarseggiano è fondamentale assicurarsi che le risorse arrivino dove il bisogno è più forte e pressante.
I tagli che il vostro comune ha subito sono stati molto ampi? Hanno danneggiato più le donne che gli uomini?
In seguito ai tagli dovuti alla manovra correttiva - per il 2011 circa 1 milione e mezzo, e per il 2012 circa 2 milioni - per rispettare i vincoli imposti ogni residente dovrà contribuire nel 2011 per 45 euro e nel 2012 per 64 euro. Inoltre il rispetto del patto di stabilità costituirà un ulteriore freno allo sviluppo economico locale.
Sul fronte sociale la situazione è veramente preoccupante, conteggiando gli effetti diretti ed indiretti, nella nostra regione la perdita media di reddito familiare è dell'ordine di 518 euro. Nel 2010 circa 5 mila famiglie toscane sono scese sotto la soglia di indigenza. La regione Toscana ha compensato l'azzeramento del fondo per le non autosufficienze affinché non ci sia un arretramento nella quantità e qualità dei servizi erogati. La drastica riduzione prevista per il fondo delle politiche sociali ha portato all'interruzione di servizi importanti per la cittadinanza con ricadute negative sull'occupazione e dell'economia nel campo dei servizi dove lavorano soprattutto donne (ndr: per un utile riepilogo dei tagli alle politiche sociali si veda l'analisi di Antonio Misiani: http://www.nens.it/zone/pagina.php?ID_pgn=605&ctg1=Analisi&ctg2=Nessuna)
Fortunata Dini, di formazione psicologa, è assessora alle Pari Opportunità, Politiche Sociali e della casa, Diritto alla Salute, Famiglie, Tempi orari e spazi della città, rapporti con le Associazioni di volontariato del Comune di san Giuliano Terme, provincia di Pisa.