Quando la vita diventa narrazione: tre giovani donne raccontano il lavoro precario, con autoironia e un'incredulità di fondo. "Non è possibile che stia succedendo a me" sembrano dirsi le protagoniste quando dal mondo della formazione cercano, faticosamente, di traghettarsi in quello del lavoro

Ti racconto il precariato

Tre giovani donne si cimentano con il racconto delle precarietà, a partire da sé. Il tratto comune dei libri scelti stavolta - tra gli altri -  in libreria è l'auto-ironia, sono libri che fanno ridere, ma la risata è amara.

Michela Murgia: "Il mondo deve sapere" è la sua opera di esordio, l'esilarante racconto di una giovane stra-laureata al call center dell'aspirapolvere intergalattico venduto a domicilio. Un diario che, giorno per giorno, ci racconta delle casarecce, ma molto american style, tecniche motivazionali, di "come ti frego la casalinga", della competizione selvaggia e il miraggio di un'improbabile carriera a colpi di contratti trimestrali. Il libro nasce dal successo del blog ed è stato trasformato nel film "Tutta la vita davanti" di Virzì. Una storia che parla di una generazione, quella che prima o poi, per poco o per tanto, dal call center ci siamo passati quasi tutti.

Silvia Dai Pra', "Quelli che però è lo stesso"; dopo un dottorato e gli studi all'estero, una giovane trentenne si iscrive al provveditorato (bisogna tentarle tutte, la via della ricerca ha bisogno di essere accompagnata da un lavoro altro) e viene chiamata per una supplenza annuale ad Ostia. La protagonista si ritrova così a fare l'insegnante senza averci mai pensato: tre trimestri tra giovani fascisti, ragazze che non sanno come si rimane in cinta, gli scoppi di rabbia di adolescenti sentimentali e una scuola che non riesce a dare stimoli, a educare e spesso neanche a trattenere. Un percorso di crescita, dove a crescere è la protagonista che, non più protetta dalle mura dell'accademia, vede messa a dura prova la sua identità "di brava ragazza di sinistra". Tragicomico, si fa leggere tutto d'un fiato.

Caterina Venturini "Le tue stelle sono nane" , è un'opera prima che, per raccontare la precarietà e il difficile ingresso nel mondo del lavoro di una giovane donna (anche lei, ovviamente, come le altre protagoniste iper-formata), sceglie come espediente narrativo un surreale gioco dell'oca. Ambientato a Milano, in forma di quasi-favola nera riesce a raccontare le fatiche e le torture della stagista a cui vengono chieste mansioni umilianti e abnegazione in cambio di miraggi e promesse. E' un one woman show, la giocatrice deve farsi carico di tutto: delle mosse efficaci, delle disgrazie, delle ricompense e delle punizioni, un circuito che ha un inizio ma di cui non si vede la fine.

L'altra faccia del problema è oltreconfine: secondo Almalaurea, il 3,5% dei laureati sceglie ogni anno di trasferirsi all'estero (con un costo economico-sociale di 6 miliardi di euro, secondo il Sole24ore). Cervelli in fuga (negli ultimi anni una media del 30% dei neo-assunti dal CNR francese sono italiani), ma non solo: anche tanti ragazzi e tante ragazze normali alla ricerca di meritocrazia, possibilità, welfare. Le storie dei nuovi emigranti sono raccolte in un volume di Claudia Cucchiarato "Vivo altrove", un ritratto generazionale che racconta l'emorragia tutta italiana di idee, capacità e competenze.


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