La raccolta di saggi curata da Francesco Miele ed Enrico Maria Piras pone specifica attenzione alle pratiche del lavoro di cura, interpretandole come un processo collettivo in cui saperi tradizionali ed emergenti interagiscono e si contaminano
Mettere la cura in pratica (Ledizioni, 2017) è un testo che affronta il tema della cura, ponendo particolare attenzione alle pratiche agite in contesti diversi dagli ospedali e messe in campo da profili professionali sia tradizionali che emergenti.
Il libro si presenta come una raccolta di saggi, frutto di una sessione di lavoro sul tema della gestione della salute fuori e dentro i confini delle istituzioni sanitarie svoltasi a Milano, nel 2014, in occasione della quinta conferenza della Società italiana di studi sulla scienza e sulla tecnologia (Sts Italia).
Il contesto sociale, culturale ed economico italiano ha vissuto negli ultimi anni considerevoli cambiamenti in riferimento alla gestione e organizzazione dei servizi socio-sanitari. Determinanti nell’accelerazione di questi processi di mutamento sono stati molteplici fattori: la diminuzione della spesa sanitaria pro capite, l’incorporazione da parte dei professionisti della salute di procedure standardizzate e funzioni manageriali e il cambiamento del profilo dei pazienti, sempre più informati e diversificati nelle scelte dei percorsi di cura. In questo scenario i luoghi tradizionalmente deputati alla cura, quali gli ospedali, hanno perso la loro centralità e la presa in carico dei pazienti è stata delegata a nuove forme di care e a nuovi profili di caregiver.
Attraverso un percorso di lettura che evidenzia criticità e opportunità dei mutamenti in corso, il volume pone specifica attenzione alle pratiche ovvero alla dimensione situata e materiale del lavoro di cura, interpretandola come un processo collettivo in cui saperi codificati e profani interagiscono e si contaminano. È proprio l’attenzione posta alle pratiche della cura a costituire il trait d’union del testo, altrimenti ostico per il lettore, dati i differenti approcci teorici dei contributi, così come i diversi oggetti d’indagine.
I primi due saggi indagano l’agire di professionisti sanitari “tradizionali”, quali medici e infermieri ospedalieri e medici di medicina generale, in contesti non convenzionali, nello specifico Enrico Maria Piras e Francesco Miele offrono i risultati di un’etnografia realizzata in un campo scuola per bambini e adolescenti diabetici, mentre Attila Bruni, Alberto Zanutto e Claudio Coletta indagano l’organizzazione della cura domiciliare per pazienti anziani con terapie complesse.
Il terzo e quarto contributo analizzano l’attività di profili professionali più recenti, ma fondamentali nello scenario di cura attuale: i mediatori linguistico culturali e le assistenti familiari, in particolare Paolo Rossi e Mara Tognetti Bordogna analizzano la posizione di confine (boundary subjects) dei mediatori linguistico culturali, mentre Francesco Della Puppa approfondisce le esperienze professionali e le condizioni sociali e lavorative delle assistenti familiari immigrate. Infine, gli ultimi due saggi pongono l’attenzione a due contesti in cui la cura attraversa l’agire di molteplici figure professionali: il contributo di Roberto Lusardi e Maria Augusta Nicoli indaga le culture professionali dell’integrazione socio-sanitaria, attraverso un’etnografia del lavoro quotidiano di infermieri domiciliari e assistenti sociali, mentre Giulia Rodeschini offre un’analisi dell’interazione tra professionisti sanitari e socio-sanitari che operano in una struttura residenziale per anziani autosufficienti.
Dalle analisi offerte nei contributi emerge la necessità di porre la cura al centro delle riflessioni e delle logiche organizzative degli operatori dei servizi socio-sanitari, poiché solo riconoscendone il valore, essa potrà diventare reale strumento per una presa in carico efficace dei pazienti. Porre la cura al centro richiede da un lato che i professionisti socio-sanitari la considerino come un sapere e successivamente come un lavoro e dall’altro, che gli stessi professionisti si aprano all’integrazione delle differenti culture professionali, superando in questo modo l’etnocentrismo professionale che con la sua autoreferenzialità rischia di parcellizzare gli sforzi e rendere più complessi i percorsi dei pazienti. In altre parole, porre la cura al centro significa incorporare un modo di essere che si concretizza nelle pratiche rivolte non solo agli utenti, ma anche agli altri professionisti, e che si nutre di scambi quotidiani, confronti, contaminazioni e collaborazioni generative.
La cura fuori dagli ospedali richiede l’esplorazione di traiettorie inedite, traiettorie che contemplano la negoziazione continua di protocolli e procedure, che sollecitano l’interazione e il riconoscimento sostanziale tra profili professionali tradizionali ed emergenti e che prevedono la collaborazione e il coinvolgimento di reti familiari e amicali del paziente. Flessibilità e adattabilità sono caratteristiche necessarie per i professionisti che attraversano questo spazio, e che sono chiamati ad offrire una presa in carico individualizzata. L’empowerment del paziente e dei suoi caregivers appare l’orizzonte a cui ambire, sia per ridurre gli accessi alle strutture ospedaliere, sia per favorire una gestione autonoma delle cure e delle terapie, rispettosa dei tempi e dei bisogni di chi è costretto a sottoporvisi.
Un aspetto che nel testo solamente alcuni saggi trattano in modo esplicito riguarda la dimensione relazionale della cura. Eppure i processi in corso sembrano indicare sia proprio questa la strada da seguire.
Dare valore alla relazione significa, per i professionisti della cura, scegliere una precisa postura di lavoro che si caratterizza per una disponibilità dialogica nell’incontro con l’altro, sia esso paziente, familiare o caregiver e per una sollecitudine nell’attingere a competenze diversificate.
Attraverso slogan come “curare la rete che cura” e “curare la cura”, alcuni autori ben evidenziano la necessità che tutti gli attori coinvolti in questi processi mettano mano alla propria cassetta degli attrezzi, alla ricerca di modi possibili e innovativi di mettere la cura in pratica.