Le politiche di conciliazione tra vita e lavoro possono avere un forte impatto sull'occupazione femminile. Un'analisi comparata spiega cosa succede in Europa
Conciliare vita e
lavoro in Europa
Affrontare il problema della sotto rappresentazione delle donne nel mercato del lavoro, significa affrontare uno dei suoi principali fattori trainanti, l’ineguale distribuzione delle responsabilità di cura tra donne e uomini. Altri fattori, come i disincentivi economici, compreso il divario di retribuzione tendono a rafforzare lo sbilanciamento dei carichi familiari a svantaggio delle donne.
Le donne, sempre più qualificate, superando persino gli uomini in termini di risultati scolastici in Europa, rimangono notevolmente sotto rappresentate nel mondo del lavoro rispetto agli uomini. Nel 2018 il divario occupazionale di genere (età 20-64 anni) nell’Ue ha raggiunto l’11,5 %.
La genitorialità e le altre responsabilità di cura sembrano, quindi, essere una delle principali cause delle differenze occupazionali tra donne e uomini.
In quasi tutti gli stati membri, il divario occupazionale di genere aumenta notevolmente dopo aver avuto figli. Le madri tendono ad essere meno presenti sul mercato del lavoro rispetto alle donne senza figli in tutti i livelli di istruzione e in tutti i tipi di famiglia. Il divario occupazionale di genere è particolarmente elevato per le lavoratrici poco qualificate e per le donne sole[1].
La paternità ha l'effetto opposto sui tassi di occupazione degli uomini. In tutti gli stati membri, i padri con almeno un figlio di età inferiore ai 6 anni hanno maggiori probabilità di essere occupati rispetto alle madri.
Nel complesso, avere maggiori responsabilità di cura per le donne ha come conseguenza che siano più assenti dal posto di lavoro, che prendano con maggior frequenza congedi più lunghi rispetto agli uomini, e siano costrette a ridurre l’orario di lavoro e in alcuni casi ad abbandonare del tutto il mercato.
Descritto il quadro, la programmazione di politiche di conciliazione vita lavoro può avere un forte impatto nel rafforzare o attenuare l'influenza del lavoro di cura sugli esiti occupazionali delle donne. In molti stati membri, le persistenti carenze delle politiche di conciliazione vita lavoro stanno acutizzando il problema dell’occupazione femminile, mentre in altri misure ben congegnate servono a eliminare gli ostacoli alla partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
Tasso di occupazione per sesso, età (20-64)
Fonte: Elaborazione ANPAL su dati Eurostat, Labour Force Survey (2018)
L’analisi comparata da cui parte questo articolo[2] si è concentrata sulle politiche di conciliazione vita lavoro identificate in servizi di sostegno all’assistenza all’infanzia e alla cura delle persone malate o disabili, congedi e misure di organizzazione flessibile del lavoro. È stata analizzata la governance delle politiche considerate, le informazioni sono state tratte dall’osservazione diretta effettuata attraverso focus e questionari inviati a 6 Stati membri[3]. È stato descritto e analizzato l’andamento delle diverse politiche cercando di identificare i fattori che concorrono all’inserimento e/o reinserimento delle donne nel mercato del lavoro. Nell’ambito dell’analisi, tema trasversale di cui si è tenuto conto è il coinvolgimento degli uomini.
Sebbene le legislazioni nazionali, gli orientamenti e i piani di azione presi in esame, abbiano contribuito a un certo grado di convergenza, i progressi come dimostrato, sono stati disomogenei sotto alcuni aspetti. Ciò vale in principal modo per quanto riguarda gli obiettivi di Barcellona sui servizi di cura all’infanzia: dall’analisi condotta emerge che, tra i paesi presi in considerazione, solo Finlandia, Paesi Bassi e Spagna hanno raggiunto gli obiettivi del 33% dei bambini al di sotto dei tre anni inseriti in strutture formali di assistenza.
Le politiche relative ai congedi, invece, si concentrano sulla possibilità, per le persone con responsabilità di cura di rimanere nel mondo del lavoro. Con la ratio, in relazione alla partecipazione femminile al mercato del lavoro, di dare alle donne, sulle quali spesso grava il carico della cura, l'opportunità di conciliare la vita professionale con la vita privata.
L’impatto potenziale di queste politiche dovrebbe essere quello di riequilibrare l’utilizzo dei congedi stessi tra uomini e donne.
Tasso di occupazione per genere, età (20 - 49), con almeno 1 figlio (0-6)
Fonte: Elaborazione ANPAL su dati Eurostat, Labour Force Survey (2018)
L’utilizzo dei congedi da parte degli uomini è una questione difficile da affrontare, ma vitale sia dal punto di vista culturale che economico: uno dei temi di maggior attenzione è la retribuzione dei congedi che spesso non è sufficiente affinché il padre possa usufruirne.
Come evidenziato nell’analisi comparata gli stati membri coinvolti nello studio hanno adottato una serie di politiche volte a promuovere l’equilibrio di genere al fine di garantire il coinvolgimento degli uomini nelle responsabilità di cura, ma anche una maggior parità nell’ambito dell’esigibilità del diritto alla fruizione del congedo stesso.
In merito, poi, alle misure di flessibilità organizzativa esiste la possibilità per i genitori che lavorano di richiedere la flessibilità oraria e/o il telelavoro (nel caso di Paesi bassi e Regno Unito) e, nella maggior parte dei casi analizzati, la possibilità per i genitori di ridurre l’orario lavorativo a causa delle responsabilità familiari. L’interesse suscitato da queste misure deriva dal fatto che nessuna si concentra esplicitamente sulle donne, ma tutte si applicano a tutti i lavoratori dipendenti. A tal proposito è, però, importante notare come in tre dei paesi analizzati (Francia, Paesi Bassi e Regno Unito) tali misure di flessibilità sono utilizzate in misura nettamente maggioritaria dalle donne, soprattutto se madri, a causa della cultura dei ruoli di genere radicata nel lavoro d'assistenza.
Dall’analisi comparata è emerso che le politiche di conciliazione vita lavoro sono dirimenti per rimuovere gli ostacoli all’occupazione femminile, anche se a livello europeo sono sempre le donne a usufruirne in maggior misura e gli uomini tendono a limitarne l’utilizzo. Dei progressi si sono comunque avuti soprattutto nei paesi che hanno coniugato servizi di cura accessibili, convenienti e di qualità. È noto, inoltre, che la partecipazione delle donne al mercato del lavoro risponde a (dis)incentivi fiscali. Inoltre, introdurre misure di flessibilità organizzativa significa introdurre un maggior bilanciamento nella ripartizione dei carichi di cura.
Mettere al centro queste politiche e lavorare nella direzione di un aumento del tasso di partecipazione femminile può portare ad aumentare la parità di genere, promuovere la crescita economica e contribuire a migliorare la sostenibilità dell'attuale stato sociale, soprattutto alla luce dell'invecchiamento della popolazione di alcuni stati membri.
Investire, poi, su politiche strutturali e innovative – e non disperdere energie e risorse una tantum per niente sistematiche –, è ormai necessario sia per seguire il cambiamento del mercato del lavoro che l’evolversi della struttura delle famiglie.
Note
[1] European Commission (2016), The efficiency and effectiveness of social protection systems over the life course
[2] Conciliazione vita lavoro: sviluppo di policy (a cura di Valeria Viale), ANPAL, 2019.
[3] Finlandia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Regno Unito e Spagna.
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