Perché la chiamiamo 'shecession'

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"Più casa, meno lavoro. O meglio: meno lavoro retribuito. L’impatto del Covid-19 sulle donne è netto e prende la stessa direzione in tutto il mondo" ne scrive Roberta Carlini su Il Bo Live, testata dell'Università di Padova. "Tant’è che in direzione esattamente opposta a quella della crisi del 2008 (quando si parlò di he-cession, una recessione al maschile) quella attuale è battezzata come una she-cession, una recessione al femminile. Comunque la si guardi, le donne sono sovrarappresentate su tutti i fronti: il primo, quello dei lavori maggiormente esposti al contagio, data la prevalenza femminile nel settore sanitario, in particolare quello infermieristico e di cura, nelle case di riposo come nelle case private. Il secondo, quello delle persone che hanno perso il lavoro a causa della crisi. E il terzo, quello del lavoro in casa: sia nella forma del lavoro a distanza, che nell’aumento dei carichi del lavoro non retribuito dovuto alla chiusura di servizi essenziali o dalla loro trasformazione, ancora una volta, a distanza, a partire dalla scuola. L’unico capitolo nel quale le donne non sono sovraesposte è quello della risposta politica, che stavolta può utilizzare una quantità di risorse economiche pubbliche mai vista prima, sia grazie ai piani europei che all’abolizione dei tetti ai debiti nazionali, ma che ha abbandonato, indebolito o neanche considerato un’ottica di genere nell’impostazione degli interventi".

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