Accesso a cibo sano e acqua potabile stanno insieme a condizioni di lavoro dignitose e inclusione nei processi decisionali. La lunga lotta delle lavoratrici agricole del Brasile e dell'America Latina per difendere sovranità alimentare e diritti nel settore dell'agroecologia
Lavoratrici agricole per
la sovranità alimentare
L’organizzazione collettiva delle donne che emerge principalmente nei territori non urbani dell’America Latina ha messo in moto negli ultimi due decenni una serie di azioni, riflessioni e proposte politico-epistemiche a cavallo fra agroecologia e femminismo.
Venendo da un percorso di lotta per la terra e resistenza nei territori di gran lunga precedente al momento storico attuale, queste donne organizzandosi tra loro hanno messo insieme contributi per pensare a politiche con cui superare il momento di crisi attuale.
In Brasile l’azione politica delle donne nelle aree rurali si registra fin dagli anni ’50 nel processo della lotta per la terra. Nomi come quello della sindacalista Margarida Alves e di Elisabeth Teixeira, leader delle Leghe Contadine, sono punti di riferimento di quel momento storico. Tuttavia, è stato durante il periodo della ridemocratizzazione degli anni ’80 che l’organizzazione delle donne rurali ha acquisito spazio e visibilità come nuovo soggetto politico, costruendo veri e propri programmi per chiedere riconoscimento per le lavoratrici agricole. A partire da allora, agendo in movimenti misti o autonomi, le donne hanno organizzato azioni volte a reclamare dinanzi allo stato condizioni migliori per la popolazione rurale e contemporaneamente a costruire percorsi per il riconoscimento del loro ruolo di lavoratrici.
Le principali rivendicazioni storiche di queste donne sono state l’accesso alla previdenza sociale – soprattutto pensioni, congedo di maternità, diritto alla sindacalizzazione, espansione delle possibilità di autonomia produttiva, principalmente tramite accesso alla terra, compresi diritto di proprietà – e politiche per lo sviluppo di agricoltura e produzione.
Vale la pena ricordare che nonostante tali progressi, solo dopo gli anni 2000 sono emerse politiche pubbliche specificamente dedicate ai lavoratori rurali.
Oltre a reclamare diritti e migliori condizioni di vita in relazione al contesto rurale, le rivendicazioni delle lavoratrici agricole hanno guardato anche a contesti più ampi di vulnerabilità o marginalità economica e sociale. Tanto le donne delle aree rurali quanto quelle delle classi popolari delle periferie cittadine si mobilitano lottando per questioni infrastrutturali di base nelle loro località – come acqua, elettricità, cibo, strade, scuole e trasporti. Nei contesti di occupazione della terra e di mobilitazione dei movimenti rurali e contadini, le donne hanno un ruolo riconosciuto nel garantire l’alimentazione e la struttura delle famiglie occupanti attraverso il loro lavoro collettivo, e a volte questa è la loro prima esperienza di inserimento politico, che schiude possibilità per azioni future delle donne negli insediamenti.
Questi sforzi intrapresi dalle donne, con l’obiettivo di dare visibilità al loro lavoro e ai loro programmi politici, hanno anche portato alla creazione negli anni ’80 in America Latina di movimenti esclusivamente femminili nati in Brasile – come il Movimento de Mulheres Camponesas ("Movimento delle donne contadine"), il Movimento de Mulheres Trabalhadoras Rurais ("Movimento delle donne lavoratrici rurali") e il Movimento Interestadual das Quebradeiras de Coco Babaçu ("Movimento delle rompitrici di cocco babassu") nel Maranhão, nati in Brasile.
La mobilitazione delle donne rurali e contadine su sicurezza, sovranità alimentare e agroecologia in America Latina ha messo sotto tensione e politicizzato temi che riguardano la sopravvivenza e l’esistenza stessa, umana e planetaria. Ed è una strada a doppio senso: le loro lotte rafforzano la politicizzazione della vita umana, mentre agroecologia e sovranità alimentare sostengono e rafforzano politicamente le lavoratrici agricole e la loro organizzazione.
Sicurezza e sovranità alimentare sono direttamente connesse con lo sviluppo dell’agroecologia e attengono alla realizzazione del diritto universale all’accesso regolare e permanente ad alimenti di qualità, in quantità sufficiente, senza compromettere l’accesso ad altri essenziali bisogni educativi e culturali.
Sovranità alimentare significa considerare la dimensione culturale, politica, le concezioni del mondo, una visione più ampia che abbracci lo sviluppo evolutivo dei sistemi alimentari insieme con le popolazioni e le loro diverse dimensioni socioculturali. Da una prospettiva di genere e di diritti umani, la sovranità alimentare implica ad esempio: interrogare le relazioni di potere legate all’accesso alle risorse naturali; proteggere e mettere in salvo la conoscenza ancestrale legata alla produzione e preparazione di alimenti; partecipare al processo decisionale ai vari livelli della catena produttiva; produrre in condizioni lavorative dignitose e con la possibilità di aver accesso a cibo sano; assumere ruoli di corresponsabilità fra uomini e donne quanto al lavoro riproduttivo e di cura.
Sovranità alimentare e agricoltura agroecologica non riguardano solo alcuni gruppi sociali o specifici problemi per le donne. Bisogna che sia chiaro che la grande industria agricola moderna non sfama la popolazione. Secondo la FAO, nel 2016 in America Latina il 6,6% della popolazione ha sofferto la fame (denutrizione) e la produzione del cibo che finiva direttamente nel piatto delle persone è stata soprattutto fornita dall’agricoltura familiare.
Nel continente americano, le coltivazioni in mano a piccoli agricoltori rappresentano più dell’80% del totale e sono responsabili del 30-40% del Pil agricolo regionale, trattandosi del più grande generatore di occupazione nell’area rurale.
È importante allora mettere in luce le alleanze che si sono rafforzate nella sfera politica e pubblica, così come le relazioni tra genere e agroecologia e i programmi delle donne indigene. In Brasile un’azione molto simbolica, indice dell’avvicinamento fra donne indigene e donne contadine, è stata la recente saldatura tra la Prima marcia delle donne indigene e la Marcia delle margaridas ("margherite"), entrambe svoltesi nell’agosto del 2019. La Marcia delle margaridas è una manifestazione che si tiene fin dal 2000, è considerata la più grande azione organizzata delle donne in America Latina e vede la partecipazione di donne rurali, contadine e contadini, sostenitrici e sostenitori da tutto il paese. Le radici storiche del rapporto fra popolazione contadina e indigena compaiono anche nelle definizioni di teorici nel contesto latino-americano.
Indubbiamente, l’insieme di possibilità per un’interazione fra agroecologia e donne che abbiamo illustrato nel presente articolo costituisce solo una parte dello scenario più ampio di azioni in corso condotte da donne rurali, contadini indigeni, popoli dei fiumi, accademici militanti.
Quello che ci preme mettere in evidenza in questa conclusione è la pluralità e, al tempo stesso, la capacità di far convergere le azioni collettive delle donne per la sovranità alimentare e nel settore dell’agroecologia in America Latina. Per quanto in larga parte continuino ad agire fuori dal contesto urbano e dai femminismi più in vista, queste donne hanno contribuito a portare avanti proposte per sostenere la vita basate sulle loro articolazioni politiche e sulla loro capacità organizzativa.
Il che indica l’esistenza di molteplici possibilità, di strade e di confluenze che si formano attraverso la prassi, e ci parlano di un asse di critica radicale della modalità predatoria con cui abbiamo fondato le nostre relazioni umane e con cui concepiamo la natura. Le lavoratrici agricole dell'America Latina hanno fatto tutto questo storicamente, politicamente e quotidianamente. E lo hanno fatto concependo e mantenendo forme concrete di confronto, produzione e riproduzione della vita.
Traduzione a cura di Sara Concato.
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