L’ “Economic Case” per l’uguaglianza di genere
La dimensione sociale dell’uguaglianza di genere induce alcuni benefici non economici, tra i quali la riduzione della povertà infantile e una maggiore libertà personale (Rubery e Humphries 1995). Tuttavia, la parità di genere è spesso considerata in termini di costi finanziari potenziali e, dunque, come vincolo alla crescita economica. Se si considera il concetto di uguaglianza di genere, anziché come una finalità socialmente opportuna ma potenzialmente costosa, come un investimento economicamente produttivo allora è possibile rilevare quanto l’uguaglianza di genere contribuisca alla crescita economica ma anche demografica. In tal modo si può considerare la parità di genere come un investimento, capace di promuovere occupazione e incremento del pil. Rubery et al (2003b) sostengono che è importante vedere uguaglianza di genere come fattore di sviluppo sia per una migliore comprensione della politica economica e sociale, sia per i benefici indotti da una maggiore flessibilità tesa a garantire la coerenza tra le esigenze produttive e le aspirazioni personali. In altri termini, i benefici indotti da una maggiore flessibilità nascono da una ridotta specializzazione nella divisione del lavoro tra donne e uomini sia nel contesto familiare sia in quello professionale. In questa Analysis Note sono individuati quattro punti nodali affinché sia possibile instaurare una correlazione diretta tra le politiche di uguaglianza e quelle orientate alla crescita: incremento quantitativo e qualitativo della partecipazione femminile al mercato del lavoro; maggiore indipendenza economica delle donne e il conseguente contributo in qualità di consumatrici di beni e servizi; integrazione delle donne nel sistema fiscale nelle vesti di contributori netti al welfare state; istituzione di un sistema sostenibile di riproduzione sociale, essenziale per la crescita economica, la futura offerta di lavoro e la sostenibilità delle finanze pubbliche.