La segregazione di genere nel mercato del lavoro

Data pubblicazione
Autori
Francesca Bettio e Alina Verashchagina
Committente
Commissione Europea, Direzione generale occupazione, affari sociali e pari opportunità

Nell’UE la segregazione occupazionale a livello di genere non è sostanzialmente mutata a partire dagli anni ’90.

Secondo l’indice IP (Karmel and MacLachlan index; varia in termini percentuali tra 0 e 50) circa il 25,3% degli occupati nel 2007 avrebbe bisogno di cambiare occupazione, al fine di favorire l’uguaglianza di genere nella distribuzione dei posti di lavoro.
A livello nazionale emerge un gap di circa 10 punti percentuali tra i Paesi con più (Estonia, Finlandia, Lettonia, Slovacchia) e meno (Grecia, Italia, Malta, Romania) segregazione occupazionale. In termini tendenziali, nel corso degli aumenti anni, è cresciuta in Bulgaria, Irlanda, Italia, Lettonia, Romania e Spagna e diminuita in Austria, Repubblica Ceca, Danimarca, Norvegia, Svezia e Regno Unito.
Una delle evidenze, tuttavia, indica che la segregazione occupazionale non sempre implica disuguaglianza di genere. Per i livelli retributivi più elevati la disuguaglianza è in diminuzione (specialmente tra le donne giovani), viceversa per i livelli più bassi. Questa tendenza è collegata anche al livello di istruzione della forza lavoro femminile. Alla luce dei forti progressi compiuti dalle donne nel campo dell’istruzione, la segregazione occupazionale tende ora a svilupparsi per ambito di studio. Tuttavia, la corrispondenza tra tipo di occupazione e campo di studio è significativa soltanto per il 10% circa dei posti di lavoro.