L'espressività e la forza evocativa di Annie Pootoogook, Ningeokuluk Teevee e Shuvinai Ashoona, artiste della comunità inuit nell'Artico canadese. Al museo Pigorini di Roma

Colori di donne dai ghiacci dell'Artico

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La mostra Women in charge che è ospitata nelle marmoree sale del Museo etnografico Pigorini di Roma (15 dicembre-15 febbraio) è una vera sorpresa nel panorama delle mostre, non solo romane.

Sono esposte  qui una cinquantina di opere, fra disegni e stampe di tre donne inuit: Annie  Pootoogook, Ningeokuluk Teevee e Shuvinai Ashoona, artiste dai nomi impronunciabili ma dall’estro interessante.

Come spesso accade, è la componente femminile di una comunità che si incarica di tenere assieme i fili: della memoria della propria appartenenza a un gruppo etnico, a un territorio perduto e anche  della testimonianza dell’adattamento a una vita diversa.

Tutte provengono dall’area in cui vivono oggi le comunità inuit, nel sud dell’isola di Baffin, nell’Artico canadese. Con la loro vita coprono età e periodi molto differenti: dagli anni Dieci  (le due artiste scomparse) fino ai Sessanta  dello scorso secolo, quando nasce l’unica delle tre tuttora vivente.

Eppure, hanno un’espressività stranamente simile, una forza evocativa che le accomuna.

In tutte si ritrova una irreale luminosità degli ambienti, una rappresentazione del quotidiano  - domestico e femminile in particolare, con la raffigurazione della cura della casa, dei bimbi -  minuziosa e sempre piena di colori. 

L’uso del colore  è una costante, che attraversa molte delle loro opere: riunioni di comunità che si incontrano,  interni casalinghi, ma anche geometrici pesci, e orsi che in formazione traversano i ghiacci .

A volte la raffigurazione adotta un linguaggio infantile, da disegno elementare che è colorato con le matite pastello; a volte è astratto e rarefatto, in bianco-nero, o con gelidi monocromi.

Qualunque sia la forma che il   linguaggio usa -  e che con grazia e forza sempre richiama la memoria di esperienze vissute -   l’elemento che traspare ovunque è la grande vitalità, la capacità di rappresentare l’esterno da sé, simbolico o figurativo, la vita in città o nel  ghiaccio  e “del” ghiaccio -  sempre con totale partecipazione.

Forse perché le artiste sono donne? Non conoscendo artisti inuit maschi, è  un’ipotesi forse azzardata, tutta da verificare. Però …