Il delitto d'onore in Turchia uccide le donne che non si adeguano a rigidi codici di condotta, con la complicità di tutti i membri della comunità, non solo degli uomini che materialmente perpetuano l'omicidio
L'onore dei turchi
I delitti d’onore in Turchia sono un fenomeno all’ordine del giorno. In alcune occasioni gli episodi salgono alla ribalta delle cronache, come nel recente caso di una sedicenne sepolta viva perché accusata di avere troppi amici maschi (1), ma la maggior parte di questi omicidi avviene nel silenzio, coperta dalla complicità delle famiglie e da una comunità consapevole testimone della tragedia.
Se è vero che gli uomini uccidono le donne in tutte le parti del mondo, al di là della loro razza, della loro cultura e della loro religione, ci sono caratteristiche particolari che fanno di un omicidio un delitto d’onore, e la connivenza della famiglia della vittima e della comunità è una di queste. Le modalità con cui avvengono i crimini d’onore affondano le loro radici in comportamenti rigidamente codificati all’interno della società e da essa stessa monitorati. Quando ci si trova di fronte a un delitto d’onore, non è la furia dell’atto in sé che va giudicata e analizzata per comprendere il gesto omicida, quanto piuttosto le dinamiche socio - culturali che sono venute a determinare l’omicidio di genere (2).
Il delitto d’onore non va quindi confuso con il cosiddetto crimine passionale: laddove quest’ultimo è causato dal gesto di un singolo, molto spesso un ex partner rifiutato o un amico intimo, nell’estremo tentativo di riprendere il controllo sulla donna considerata una proprietà, i delitti commessi in nome dell’onore sono invece il risultato di una complessa dinamica sociale (3). Donne più o meno giovani, accusate di comportamenti impropri che hanno leso l’onore della famiglia, vengono uccise da un parente di sesso maschile: un fratello, un cugino, uno zio o il loro stesso padre. Il gesto criminale serve a riparare la perdita dell’onore causata da un atteggiamento considerato immorale, sia esso reale o solo ipotetico. Non si tratta, come erroneamente si crede, di un destino riservato esclusivamente alle donne adultere, bensì a tutte quelle sospettate di non essersi attenute alle regole della comunità. Difficile stabilire quale sia il confine di queste norme, poiché le cause dei delitti variano dalle gravidanze prematrimoniali, ai flirt adolescenziali o al rifiuto di un matrimonio combinato, fino alle uscite al cinema con le amiche o alle visite ai genitori senza previa autorizzazione del marito. Si arriva poi ai casi più estremi scolpiti nella memoria di tutti, come quello della ragazza uccisa per aver ricevuto una canzone in dedica alla radio o della stessa adolescente che si pensava frequentasse troppi coetanei di sesso maschile.
Quando una famiglia si trova a dover far fronte a una situazione considerata disonorevole, il parente più anziano convoca una riunione dei membri di sesso maschile del clan, durante la quale uno dei più giovani viene designato come l’autore materiale dell’omicidio. Tutta la famiglia, incluse le donne, incapaci di proteggere le loro stesse figlie, partecipa alla brutale esecuzione del delitto e all’omertoso silenzio che ne consegue.
Il delitto d’onore che colpisce tante donne in Turchia non è una triste prerogativa di questo Paese, ma di questo luogo resta purtroppo una terribile tradizione che né le riforme legali avvenute nel quadro del processo di adesione all’Unione Europea, né le campagne di sensibilizzazione organizzate negli ultimi anni sono riuscite a scalfire. I dati ufficiali (4) che riportano una media di 230 delitti l’anno, non possono tuttavia includere i molti omicidi che restano nascosti o i sempre più numerosi suicidi “d’onore” che soprattutto nel sud - est del paese sono andati progressivamente diffondendosi fra le ragazze più giovani a causa dell’insostenibile pressione familiare che presenta il suicido come unica soluzione possibile.
L’eco dei più recenti episodi di questa estrema e brutale forma di violenza avvenuti in Turchia ha raggiunto l’Italia, provocando dure reazioni fra l’opinione pubblica, già particolarmente colpita da vicende simili avvenute proprio nel nostro paese (si ricordino i casi di Hijna e Sanaa). Va qui forse sottolineato che il delitto d’onore a cui si fa riferimento differisce nelle sue modalità dalla pratica nota in Italia con lo stesso nome e magistralmente narrata da Pietro Germi nel famoso “Divorzio all’italiana” del 1961, dove il marito assassino riceveva – nella finzione come nella realtà – una condanna attenuata dalla causa d’onore per l’omicidio della moglie colta in flagranza di adulterio (5).
Tornando alla cronaca, ciò che risalta maggiormente dalla stampa italiana che si occupa di questi episodi, è il continuo riferimento alla religione islamica come principale – e quasi sempre unico – fattore scatenante il brutale atto di violenza. Attribuire al Corano o all’Islam l’origine di questa pratica è un modo semplicistico di leggere un fenomeno che racchiude in sé una dinamica socio culturale assai complessa, e solo parzialmente riconducibile a moventi di tipo religioso. La maggior parte dei delitti d’onore avviene effettivamente in paesi a prevalenza musulmana, ma soprattutto in quelle aree in cui la società è ancora basata su una forte struttura tribale, dove il sistema di norme comportamentali viene stabilito dai clan e ha valore di legge per la comunità. Nessun altro sistema organizzativo e istituzionale viene riconosciuto al di sopra di esso. Crimini commessi in nome dell’onore sono stati registrati anche in molti altri paesi fra i quali il Brasile, l’India, Israele, gli stati Uniti d’America, il Libano, la Norvegia, la Svezia e anche l’Italia (6), ed è stato proprio l’emergere di certe pratiche in contesti culturali ai quali esse tradizionalmente non appartenevano ad aver portato alla luce delle cronache un fenomeno di per sé antico di secoli. L’associazione della verginità femminile con l’onore famigliare risale infatti a tempi antichissimi: già riscontrabile presso le comunità assire, essa è radicata in tutte le culture del Mediterraneo, dove vendetta e onore sono al centro dei codici tribali (7).
La diffusione del fenomeno in altre aree geografiche e culturali è sicuramente dovuta all’intensificazione dei fenomeni migratori. L’incontro di culture e di modi di vita a volte profondamente diversi, viene a scontrarsi con i ruoli tradizionali e le aspettative riservate a ogni membro della comunità. Laddove la castità femminile incarna l’onore dell’intera famiglia, ai maschi ne è riservato il ruolo di protettori. Quando si deve far fronte a un disonore in seno alla famiglia, la tradizione impone l’unica via d’uscita ritenuta possibile. Alle donne spetta la morte, agli uomini il compito di uccidere.
È infine importante sottolineare che all’interno di questo sistema tribale le donne sono le prime vittime, ma non le sole. Lo sono infatti anche quei ragazzi, a volte ancora bambini, incaricati di compiere l’atroce delitto e privi di ogni strumento culturale ed economico che possa fornire loro un modo alternativo per relazionarsi con le donne, che non passi attraverso la violenza. A causa dell’estrema povertà e della bassa scolarizzazione che caratterizza le zone in cui avviene la maggior parte dei delitti d’onore, la sopravvivenza è garantita solo attraverso un’economia di scambio in seno alla comunità stessa. Ribellandosi ai codici sociali, i giovani verrebbero automaticamente esclusi dalla società e privati di ogni strumento di sopravvivenza. È quindi solo attraverso un cammino comune verso la costruzione di una società dove i ruoli e le aspettative non siano codificate in stereotipi di genere, che si può pensare di combattere una violenza figlia di una società patriarcale per il cui mantenimento la sottomissione delle donne è un elemento essenziale.
(1) http://news.bbc.co.uk/2/hi/8501181.stm
(2) Sen, P. (2005) “’Crimes of honour’, value and meaning”, in Welchman and Hossain (eds.), 'Honour': Crimes, Paradigms, and Violence against Women, London: Zed Books, pp. 42-63, p. 51
(3) Ertürk, Y. (2004a) ‘Violence in the name of honour within the context of International Regimes’, in Mojab and Abdo (eds.), Violence in the name of honour. Theoretical and Political Challenges, Bilgi University Press, Istanbul, pp. 165-177, p.166
(4) http://www.ihb.gov.tr/Raporlar.aspx
(5) Il Codice penale turco, adottato nel 1926 su modello del codice penale italiano, il cosiddetto “Codice Rocco”, prevedeva come quest’ultimo un’attenuante per la causa d’onore (in Italia abrogata solo nel 1981 grazie alla legge 442 del 5 agosto). Con la riforma del 2004, anche il codice penale turco è stato modificato con l’eliminazione delle attenuanti legate all’onore. Tuttavia, l’articolo 82 che regola le circostanze aggravanti è da molti ritenuto insufficiente e troppo aperto all’interpretazione dei giudici.
(6) Cryer, A. (2003) ‘So-called ‘honour crimes’’, Report to the Council of Europe, Committee on Equal Opportunities for Women and Men, DOC 9720, 7 March 2003
(7) Treiner, S. (2006) “In nome dell’onore: i delitti nel mondo Islamico”, in: Ockrent (ed.), Il libro nero della donna, p. 105