
I divari di genere diminuiscono al crescere del titolo di studio, lo confermano gli ultimi dati Istat sui ritorni occupazionali dell'istruzione. "Un più elevato livello di istruzione contribuisce a ridurre il divario occupazionale di genere, sebbene resti più marcato di quello medio europeo e di quello di altri grandi paesi europei" spiega l'istituto.
Il differenziale tra i tassi di occupazione è pari a 32,1 punti tra coloro che hanno un titolo secondario inferiore, scende a 20,2 punti per i diplomati e si riduce a 9,1 punti tra i laureati, e il vantaggio occupazionale derivante da un più elevato livello di istruzione, spiega Istat è più marcato per la popolazione femminile: nel 2020, le donne con un titolo secondario superiore hanno un tasso di occupazione di 25,5 punti superiore a quello delle coetanee con basso livello di istruzione, vantaggio quasi doppio rispetto a quello degli uomini, e la differenza tra i tassi di laureate e diplomate è di 16,6 punti, vantaggio più che triplo di quello maschile.
"Sui premi occupazionali incide sia la maggiore spendibilità nel mercato del lavoro dei titoli di studio più alti, sia l’interesse a partecipare al mercato del lavoro che aumenta al crescere del livello di istruzione raggiunto" commenta Istat. "Quest’ultimo fattore è particolarmente evidente per la componente femminile, per la quale il tasso di inattività scende di oltre 40 punti nel passaggio dalla licenza media inferiore alla laurea".
Ma se andiamo a guardare alle singole materie, scopriamo che il divario aumenta a sfavore delle donne proprio nelle discipline STEM, dove l'occupazione maschile è cresciuta e ci sono 10 punti percentuali di differenza tra uomini e donne nel tasso di occupazione. E la ragione non sembra essere che le donne non scelgono di studiare le discipline tecniche e scientifiche, ma che anche quando scelgono le STEM le donne non vengono assunte.
Una conferma del fatto che favorire l'accesso delle donne allo studio delle discipline tecniche e scientifiche non risolve il divario, se non cambia la cultura delle organizzazioni.
Leggi tutto il report di Istat
Leggi anche