Jamila Haussoune e Haddad Joumana, due protagoniste delle primavere arabe, riflettono sugli esiti di quella stagione. Un incontro al Salone del libro di Torino

Arabe dopo la primavera

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Ci sono donne che hanno saputo usare tutti i canali a loro disposizione per raccontare quello che stava cambiando nei paesi attorno al mediterraneo, in quella che è stata definita la primavera araba. Alcune hanno partecipato a un incontro sul tema del risveglio arabo al salone del libro di Torino, dov'è stato possibile parlare di persona con due di loro. La prima è Jamila HaussouneHaussouneHaussouneHauso, autrice del romanzo "La libraia di Marrakech": per più di dieci anni ha portato i suoi libri in giro per le scuole dei villaggi rurali dell'Haut Atlas, vicino Marrakech, una delle aree più sottosviluppate del Marocco, dove il tasso di analfabetismo raggiunge il 60%. Negli anni della censura, HaussouneHaussouneHaussouneHauso è riuscita a combattere il regime senza provocarlo: ha contribuito a liberare le menti di giovani e di donne dalla trappola dell’ignoranza, con l’arma del dibattito pubblico e della discussione politica sui diritti civili.

«Non si può avere spirito critico se non si legge», dice. E oggi che il Marocco ha attraversato quasi indenne il periodo della primavera araba - appena sono partite le proteste in altri paesi, il re Mohammed VI ha parzialmente modificato la costituzione - HaussouneHaussouneHaussouneHauso è convinta che alla radice di questa differenza ci sia una grande memoria storica del suo paese e le rivendicazioni degli anni '80: «Le donne e i giovani sono memori delle conquiste e degli eccidi di quegli anni, del 1965 in particolare, quando i civili furono uccisi da elicotteri militari: le rivolte per l’istruzione, per la riforma del diritto di famiglia, per l’educazione dei giovani hanno inciso profondamente sulla formazione di una opinione pubblica consapevole; così oggi abbiamo ottenuto un codice del diritto di famiglia abbastanza paritario, nonostante in alcune zone non venga applicato alla lettera. Ma dagli anni '80, la società civile ha preso coraggio, ha cominciato a capire che il governo limitava la libertà d'espressione e ciò ha contribuito in maniera determinante a non emulare l'esperienza della Tunisia» spiega l'autrice. In Tunisia è in discussione la modifica dell’art.28 della costituzione, che ha introdotto il divorzio e ha vietato la poligamia: una conquista del 1956 che ha sancito l’uguaglianza tra i sessi, e rendendo la Tunisia un esempio per altri Paesi del Maghreb. Alcuni fondamentalisti hanno però proposto di sostituire la parola "eguaglianza” tra uomini e donne con “complementarietà”, sancendo così un sistema di subordinazione femminile. E pochi giorni fa ha fatto il giro del mondo la notizia dell’arresto di Amina, un'attivista tunisina di Femen, per aver protestato contro la condizione femminile nei paesi arabi.

«Troppo spesso noi donne arabe siamo viste unicamente come oggetto di soddisfazione sessuale», dice Haddad Joumana, giornalista libanese, attivista per i diritti umani, poeta e traduttrice, la seconda protagonista della primavera araba che incontriamo a Torino. «Sapere che in Iraq le donne hanno dovuto ricorrere ad uno sciopero del sesso mi amareggia profondamente: quand’è che saremo in grado di raggiungere questo risultato con altri scioperi, lavorativi, intellettuali o politici?», chiede, «Queste rivoluzioni non appartengono al popolo femminile, perché sono ostaggio degli oscurantisti e ciò sembra essere una tappa imprescindibile per i paesi arabi, si verifica ad ogni passaggio dalla dittatura alla democrazia».

Nel suo libro “Superman è arabo. Libro su Dio, il matrimonio, il machismo e altre invenzioni disastrose” (Mondadori ed.), Joumana spiega che questi uomini sostengono di salvare il mondo, proprio come Superman, ma in realtà è il mondo che deve essere salvato da loro.

«Loro la definiscono primavera araba, in realtà è solo un altro inverno: tutte le chiacchiere sulla democrazia sono invenzioni, se non c’è parità, diritti civili e uguaglianza dei sessi. E per legittimare i diritti delle donne bisogna sbarazzarsi da gerarchie e sistemi di potere fondati su modelli patriarcali, che usano la religione per limitare il nostro ruolo nella società. La vera primavera araba arriverà forse tra una generazione o due, se ancora ci saranno donne che non si abbandonano alla disperazione di questi anni, se saranno in grado di indignarsi e combattere, se modificheranno radicalmente il loro modo di pensare, gridando “prenderò” i miei diritti, con le mie mani anziché “datemi” i miei diritti».

Joumana ricorda che la necessità di indignarsi appartiene a tutti, perchè le violenze e le prevaricazioni nei confronti delle donne non sono una prerogativa del mondo arabo: «In Italia avvengono ogni giorno femminicidi e violenze per mano di mariti e fidanzati. E quando sento queste storie e ripenso alle battaglie degli anni ’60 e ’70,  non riesco a non indignarmi: non possiamo arrenderci».