A Torino, nell'ambito del Digital for Jobs, si è svolto l'incontro delle geek girls italiane: storie di donne che lavorano nel mondo dell'informatica e sono state in grado di reinventarsi con essa in tempi di crisi. Con molti progetti ma (ancora) pochi soldi
Geek girls, donne italiane in rete
Sono giovani, intraprendenti e mamme, le "geek girls" italiane: donne che lavorano con le nuove tecnologie e nel web 2.0. Si sono incontrate una settimana fa Torino, nell'ambito del Digital for Job, uno spazio dedicato all'evoluzione delle professioni digitali e dell'auto-imprenditorialità.
Per conoscersi, confrontarsi, e soprattutto far sapere che tra gli informatici ci sono anche loro e sono pronte a fare "rete". Le si può conoscere a una cena informale, organizzata tramite il magazine Dols; oppure si può approfittare delle loro conoscenze, se con l'informatica si è
alle prime armi: per esempio visitando FashionAndroid, la prima community italiana su Android tutta al femminile; in futuro si potrà partecipare a Unatech, una giornata stile "Linux Day" in cui le geek girls saranno a completa disposizione delle neofite del web, sia dal vivo che online.
Ma dietro ogni piattaforma c'è una storia: ad esempio Cristina Interliggi per molti anni è stata la web-designer di una grossa società di informatica e oggi è senza lavoro, con due figli. Ha deciso di mettere le sue competenze al servizio di altre mamme. E non solo: ha pensato che altre mamme potevano fare lo stesso con lei. Così ha creato Network Mamas: un luogo, naturalmente virtuale, in cui possono scambiarsi consulenze, sia formali che informali. Come si sostiene un progetto del genere che, è proprio il caso di dirlo, è ancora in fase embrionale? Naturalmente tramite crowdfunding: la campagna è attiva non a caso da domenica 12, giornata della festa della mamma.
Angela Micocci, invece, ha presentato un sistema che consente di conciliare al meglio la gestione dei tempi casa-vita-lavoro ed è nato grazie all'impegno di un gruppo di donne appassionate di tecnologia. Il loro progetto imprenditoriale si chiama Spazio D ed è una piattaforma su cui si può mettere a disposizione il proprio tempo per svolgere determinate commissioni per qualcun altro che, dietro compenso, ne può usufruire: non avere più tempo per sé, infatti, è un problema tipicamente femminile. Se ne è accorta Marta Mainieri, che ha avuto modo di riflettere sul suo lavoro e sulla sua vita durante il periodo della gravidanza: così, ha sfruttato il suo bagaglio professionale, il tempo a disposizione e ha creato Collaboriamo.org, un sito che raccoglie diversi servizi di sharing economy (come il prestito, lo scambio, ecc.) per ottimizzare ogni risorsa.
Lavorare sul web ha dei vantaggi per le donne: sia perché è più flessibile di un lavoro tradizionale, dunque consente di conciliare meglio vita e lavoro, sia perché richiede investimenti più bassi di un progetto imprenditoriale tradizionale.
Secondo le stime della Commissione Europea, nel 2015 il settore dell'ICT (Information and Communication Technology) richiederà l'impiego di 7 milioni di persone, e si calcola che solo il 30% di queste saranno donne: ma i dati UE dicono anche che non siamo preparati a questi numeri e avremo circa 700mila profili inadeguati a ricoprire le posizioni richieste.
Inoltre all'incirca il 65-70% delle scelte di acquisto è determinato da donne e le vendite saranno sempre più spesso online. Comprendere la presenza femminile all'interno di questo comparto è quindi essenziale anche nelle stategie di business, al fine di orientare l'offerta verso le preferenze della clientela.
Si stima che le donne utilizzino la rete più degli uomini per cercare servizi. Invece utilizzarla per fare networking è ancora una prerogativa maschile: "Un gap che deve essere colmato", secondo Flavia Marzano - docente alla Sapienza di Laboratorio di Tecnologie per la Comunicazione Digitale e ideatrice della mailing list Wister (Women for Intelligent and Smart Territories) - "perché è essenziale per costruirsi una rete di supporto, consenso e dunque, opportunità di carriera" (dati interessanti in questo senso sono forniti anche dal sociologo Richard Florida).
Il famoso "tetto di cristallo", quindi, esiste anche per colpa di un "gender digital divide"?
A guardare le storie di queste donne impegnate si direbbe che il divario tecnologico sia stato superato: i loro progetti sono innovativi, concreti, immediatamente fruibili. Quello che ancora manca è la sicurezza di guadagnarci su.
In fondo, però, non è quello il punto: le donne che hanno creato queste piattaforme, quasi tutte gratuite per gli utenti, l’hanno fatto con l'entusiasmo e la volontà di mettere a frutto le proprie conoscenze per il bene comune, per migliorare la vita di qualcun altro.
(Image courtesy of agency Moma Propaganda)