Dagli Stati Uniti un campanello d'allarme: con il sistema pensionistico in crisi diventa fondamentale saper gestire i propri beni e farli fruttare. E anche, le donne sono single in diversi momenti della vita e sempre più a lungo: non è più possibile lasciare il controllo degli investimenti e dei risparmi agli uomini.
Come diventare ricche
e invecchiare serene
Ho avuto di recente il piacere di recensire il libro di Mariko Chang “Imbrogliate: perchè le donne non sono ricche e cosa si può fare per cambiare” edito dall’Oxford University Press nel 2012 per la rivista Review of Income and Wealth.[1]
Trovo che questo sia un libro importante perchè contribuisce a indagare un tema pochissimo investigato: quello della distribuzione di genere della ricchezza, le differenze nell’accumulo di capitale tra i diversi tipi di nucleo familiare e le differenze tra uomini e donne nelle coppie. Questo argomento è praticamente inesplorato, soprattutto se comparato al divario salariale di genere, anche a causa della penuria di dati sulla ricchezza rispetto ai dati disponibili sul reddito e alla difficoltà di disaggregare i dati sulla proprietà; per esempio su chi possiede il controllo del patrimonio nelle coppie.
In questo momento storico è necessario enfatizzare che costruirsi una ricchezza personale è importante, visto che negli Stati Uniti sempre più donne (e uomini) sono single: quasi la metà delle famiglie sono monoparentali e ad oggi le donne adulte vivono più tempo da single che da sposate, i matrimoni non rappresentano più un riparo per gli anni della vecchiaia e la sostenibilità futura del sistema pensionistico pubblico è in forse.
I fatti
Negli Stati Uniti le donne guadagnano il 78 percento[2] di quello che guadagnano gli uomini, ma detengono solo il 36 percento della ricchezza. Le donne che non si sono mai sposate e lavorano a tempo pieno guadagnano il 95 percento di quello che guadagnano gli uomini a parità di condizioni, ma possiedono solo il 16 percento della ricchezza che possiedono loro. In caso di perdita del lavoro o altre emergenze le donne sono quindi economicamente molto vulnerabili.
Le opportunità per arricchirsi e quelle per impoverirsi
L’autrice argomenta nel libro che le dinamiche sul posto di lavoro, nella società, ma soprattutto nella coppia sono alla radice della disuguaglianza patrimoniale tra uomini e donne. In conclusione il libro spiega anche perché una riduzione del divario di ricchezza dovrebbe essere considerato un argomento di interesse sociale collettivo. Quello che davvero mi è piaciuto di questo libro è il modo in cui concettualizza i fattori che spiegano le differenze patrimoniali tra uomini e donne. Tradizionalmente si pensa che siano i redditi o i salari la principale fonte di disuguaglianza tra uomini e donne. Redditi e i salari sommati agli schemi di investimento e di eredità generano il divario patrimoniale. L’autrice parla di un meccanismo di accumulo e distruzione della ricchezza molto forte a cui si riferisce come scala mobile della ricchezza e ancoraggio al debito.
Le donne hanno lavori meno pagati e sono più precarie, ma non è questo a renderle più povere. Uno dei dispositivi più diffusi nella creazione e accumulo di ricchezza sono le indennità accessorie legate ai lavori più retribuiti e più prestigiosi. Queste indennità accessorie possono riferirsi a opzioni sulle azioni o fondi pensione, e spesso sono accompagnate da agevolazioni fiscali. Sono soprattutto gli uomini a godere di indennità accessorie, mentre le donne sono spesso escluse da questo importante “meccanismo crea ricchezza”.
L’altro lato della medaglia è l’ancoraggio al debito. L’autrice divide il debito in due: quello “buono” e quello “cattivo”. Le donne hanno più debito cattivo-distruttivo ossia quello usato per comprare beni di consumo soprattutto dalle donne in difficoltà economica. Il debito buono si riferisce invece ai mutui ipotecari e ai prestiti per lo studio: debiti che consentono alle persone di accumulare più ricchezza e beneficiare di agevolazioni fiscali.
Risparmio e investimento sono un altro aspetto della costruzione di un patrimonio. L’autrice sottolinea che avere investimenti propri è la cosa che crea maggiore distribuzione della ricchezza. Ci sono differenze di genere molto significative nella scelta del portfolio di investimenti. L’autrice indica diversi fattori che trovano conferma negli studi per spiegare queste differenze. Le donne tendono a investire in settori a basso rendimento. Le azioni che producono più ricchezza implicano anche maggiore rischio e le donne non solo hanno minore propensione al rischio ma sono anche meno alfabetizzate dal punto di vista finanziario (Jianakoplos and Bernasek, 1998).
Coppie
Nel libro si parla molto delle donne che vivono in coppia, della loro indipendenza economica, che secondo le parole dell’icona del femminismo Virginia Wolf è “molto più importante del diritto di voto”. Spesso le coppie trascurano la divisione dei beni perché in caso di divorzio si presume che ci sarà una divisione 50-50 degli investimenti. Ma la cooperazione spesso viene meno sulla strada del divorzio lasciando le persone più scaltre finanziariamente in chiaro vantaggio.[3]
L’autrice argomenta come spesso nella coppia le donne passino dall’avere meno ricchezza all’avere meno controllo sulla ricchezza[4] e sottolinea il bisogno di alfabetizzazione finanziaria delle donne che consentirebbe loro di prendere decisioni migliori.[5]
“le donne sono (…) gettate nello sconforto finanziario in un momento in cui sono già stressate e vulnerabili perchè nel bel mezzo di un divorzio o di un lutto. Nel momento in cui non possono evitare di farsi carico della gestione finanziaria perché single, le donne si trovano in una situazione di svantaggio perché sono sempre state escluse dalla gestione finanziaria e non hanno acquisito nè gli strumenti nè la sicurezza che viene con l’esperienza“
In conclusione
Oltre a documentare la precarietà della ricchezza delle donne, l’autrice propone diverse soluzioni per diminuire il divario patrimoniale. Al momento negli Stati Uniti esistono politiche disegnate per incentivare la parità salariale, per conciliare il lavoro a tempo pieno e le responsabilità familiari, ma non esistono politiche che consentano alle donne di accedere alla scala mobile della ricchezza.
Leggendo il libro si impara quali sono le cause e le possibili soluzioni, alcune di queste già testate in altri angoli di mondo, come per esempio in Europa (Gornick and Meyers, 2003). E’ possibile che questo libro ispiri molti e molte, me inclusa, a cercare risposte simili in Italia e in Europa, a domandarci se le politiche del mercato del lavoro esistenti consentono alle donne di arricchirsi allo stesso modo degli uomini e se l’accesso alla “scala mobile della ricchezza” è aperto sia agli uomini che alle donne.
Il libro piacerà moltissimo agli economisti e sociologi che vogliano meglio comprendere le radici delle differenze nei patrimoni di uomini e donne e tra diverse tipologie di famiglie. E’ una lettura chiara, comprensibile e molto piacevole anche per lettori e lettrici non addetti ai lavori. Infine credo che vada sottolineato che l’autrice non mostra solo come vengono costruiti diversi atteggiamenti di genere rispetto alla ricchezza, ma anche che il sistema statunitense ha conseguenze molto concrete sulle possibilità di accumulo patrimoniale e in ultima istanza sul benessere economico. E’ necessario che questo dibattito emerga e si allarghi, visto che l’affidamento ai fondi di pensione privati potrà solo crescere.
Bibliografia
Gornick, J.C. and M.K. Meyers, editors, Families that Work: Policies for Reconciling Parenthood and Employment, Russell Sage Foundation, 2003.
Grabka, M., J. Marcus and E. Sierminska, "Wealth Distribution within Couples," Review of Economics of the Household (forthcoming), December 2013
Jianakoplos, N. and A. Bernasek, "Are Women More Risk Averse?," Economic Inquiry, 36(4), 620-630, 1998.
Sierminska, E. M., J. R. Frick, and M. M. Grabka, "Examining the gender wealth gap," Oxford Economic Papers, 62(4), 669-690, 2010.
[2] based on median annual earnings
[3] Negli Stati Uniti, solo nove stati richiedono che in comunione dei beni si divida, in caso di divorzio, al 50 e 50.
[4] La ricerca in Germania riporta che solo il 15% delle famiglie riportano un regime di gestione paritario (Sierminska et al 2010).
[5] Un articolo che parla della Germania riporta che il gap di ricchezza è minore dove le donne hanno l’ultima parola nelle decisioni finaniziarie. Queste coppie non sono le più ricche ma è difficile avallare una correlazione, anche se si potrebbe affermare che nelle coppie dove le decisioni vengono prese alla pari anche la ricchezza è distribuita (Grabka et al 2013).