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In Sardegna un gruppo di giovani imprenditrici ha sviluppato idee innovative all’interno del progetto Talent Up. Sette donne e sette startup per ripartire da inclusione e sostenibilità e cambiare il volto dell’imprenditoria femminile sull'isola

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Foto: Unsplash/Denis Rayson

Nel corso degli ultimi anni la cosiddetta "gendered innovation" è diventata la lente attraverso cui favorire processi e percorsi di innovazione inclusivi. Sviluppato nel 2009 all’Università di Stanford, questo approccio ha guadagnato sempre più rilevanza nel promuovere l’eccellenza nelle scienze, nella tecnologia e nell’innovazione integrando una prospettiva di genere nelle attività imprenditoriali. All'interno di questo contesto, la Fondazione Giacomo Brodolini, che da anni coordina progetti di incubazione e accelerazione con l’obiettivo di favorire l’imprenditorialità inclusiva, ha guidato il percorso di incubazione Talent Up per conto dell’Agenzia Sarda per le politiche attive del lavoro (Aspal).  

Fin dalla fase iniziale dell’ultima edizione del programma della Regione Sardegna Entrepreneurship and Back, all'interno del quale è nato il progetto, l'iniziativa ha visto partecipare attivamente un numero significativo di donne, pari alla metà dei partecipanti selezionati. Questo dato segna una rottura rispetto alla tradizionale idea dell’innovazione come campo prevalentemente maschile, specialmente alla luce dei dati Istat del 2021, secondo cui la Sardegna, regione di provenienza di tutte le persone partecipanti, presenta un numero relativamente basso di imprese femminili rispetto a quelle totali attive.

Le persone che hanno partecipato al percorso di Talent up hanno avuto l’opportunità di integrare all’interno dei loro progetti la prospettiva di genere: dodici settimane trascorse negli Stati Uniti, precedute da quattro di lezioni in Sardegna, hanno offerto così un’occasione unica per la sensibilizzazione e la formazione sull’importanza di generare eccellenza attraverso l’integrazione della prospettiva di genere nelle attività imprenditoriali. Le lezioni, le visite presso aziende della Silicon Valley e gli incontri con esperte come Londa Schiebinger dell’Università di Stanford hanno illustrato i benefici economici e sociali che derivano dall’aumento della presenza femminile nelle attività di ricerca e nei team innovativi.

Nello specifico, durante il programma al Babson College, nel Massachusetts, le partecipanti si sono confrontate con le tipiche sfide che le donne incontrano all’avvio di una start up, come la difficoltà di accesso a finanziamenti, le barriere culturali e gli stereotipi di genere, la concorrenza e la costruzione di una rete di contatti. Attraverso il tutoraggio, il mentoring e la partecipazione alla conferenza 32nd Annual Women in Business, organizzata dalla Business School dell’Università di Harvard, le imprenditrici hanno avuto la possibilità di connettersi con altre donne di successo nel mondo imprenditoriale e ricevere supporto nella costruzione e gestione delle loro attività.

Le imprenditrici che hanno preso parte al programma per start up in Sardegna provengono da settori diversi, che vanno dai servizi per il turismo alle scienze agrarie, dalla comunicazione al design. I loro progetti mostrano un comune impegno verso il benessere delle persone, la connessione con la natura e un impatto positivo sul territorio.

Il progetto Traveller di Sara Fadda è legato allo slow tourism di carattere culturale, al fine di valorizzare gli itinerari meno conosciuti della Sardegna con una piattaforma che allevia lo stress della pianificazione, permettendo di prenotare alloggio ed esperienze in un’unica soluzione.

Caterina Paddeu, con la sua Uire Retreats Sardinia fornisce invece un luogo in cui le donne che ricoprono posizioni di leadership e soffrono di stress da lavoro correlato possano disconnettersi dalla propria vita frenetica e giovare del contatto con la natura e con una comunità rurale, orientandosi verso il proprio benessere psicofisico.

Sempre di benessere femminile si occupa Irene Ciabattini Bolla (Aphrodyte), con un focus sulla salute sessuale, attraverso un integratore innovativo derivato interamente dall’apicoltura, il cui obiettivo è aiutare le donne a riconnettersi con la propria intimità e rafforzare la propria sessualità.

La fashion designer Silvia Cadelano (Nerei) si concentra sul dare nuova vita ai capi d’abbigliamento usati e invenduti e ai prodotti tessili inutilizzati. Partendo dall’upcycling (riutilizzo creativo di materiali considerati di scarto, ndr), la sua start up si propone di creare un network di artigianato con lo scopo di ottimizzare la produzione in un’ottica di produzione distribuita, offrendo alle sue clienti anche un servizio di styling personalizzato.

Eleonora Todde (Interiors Be Cool), artista e interior designer, ha ideato una piattaforma specializzata in progettazione d’interni per Do It Yourself, che connette persone che hanno esigenza di rinnovare i propri spazi domestici a basso budget con professionisti del settore, o con persone che hanno sperimentato le stesse necessità, per le quali hanno trovato soluzioni interessanti da suggerire. L’idea alla base della sua start up è quella di democratizzare la possibilità di vivere in spazi esteticamente gradevoli e funzionali.

Camilla Mameli (Anda) offre tour esclusivi che aiutano a ridurre lo stress connettendosi con la natura utilizzando la combinazione tra la pratica giapponese dei bagni in foresta e le blue zone, ovvero le cinque aree nel mondo in cui le persone vivono più a lungo e in salute, tra cui la Sardegna.

Gaia M. Sitzia (PROS) ha invece progettato una piattaforma per freelance che fornisce un servizio di matching basato su hard e soft skill, grazie al quale gli utenti possono connettersi per collaborare e consegnare prodotti e servizi aumentando la propria velocità di consegna e la qualità del lavoro. PROS offre supporto per la costruzione e gestione del team, ma anche consulenza per attività che aiutino a rinforzare i legami fra collaboratori.

L’approccio delle partecipanti al programma ha messo in luce, insieme a una forte e crescente tendenza alla leadership, il loro desiderio profondo di cambiare le dinamiche economiche e sociali della propria terra di origine in favore delle comunità. Spesso sono state proprio le donne del gruppo a fare da traino per tutti i partecipanti nei processi di scoperta dei diversi ecosistemi dell’innovazione analizzati.

Le lezioni e le sessioni di mentoring con le docenti e gli incontri con le imprenditrici, inoltre, hanno accresciuto la loro consapevolezza sulla possibilità di un presente e un futuro maggiormente caratterizzati dal lavoro imprenditoriale femminile.

Gli obiettivi delle partecipanti rimangono solidi, e tutte quante sono all’opera anche ora che il programma organizza la sua fase di ritorno al territorio: mentre portano avanti i loro progetti, cercano di fare rete con gli attori locali e partecipano a eventi a tema start up e innovazione.

Le sfide sono tante, soprattutto in una regione come la Sardegna, dove il tessuto economico risulta al momento meno sviluppato rispetto ad altre realtà. Le lezioni apprese e le esperienze ascoltate in questi mesi, tuttavia, hanno incentivato in ogni momento le partecipanti a trasformare le crisi in opportunità e a costruire fieramente quella sicurezza nelle proprie capacità che spesso viene minata culturalmente.