Un universo letterario in cui vestiti, gioielli, utensili condizionano la vita quotidiana in modi imprevedibili...e minacciosi 

Monili micidiali - Silvina Ocampo

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Pettine di Charlotte Bara - Museo comunale d'arte moderna ascona

Entrare nell’universo letterario di Silvina Ocampo (1903-1993) significa fare conoscenza con un immaginario fantastico di grande originalità dove i veri protagonisti delle storie narrate sono molto spesso oggetti dal comportamento perturbante. Ultima delle sei figlie di una famiglia aristocratica di Buenos Aires, sorella di Victoria – grande protagonista della cultura argentina del secolo scorso – Silvina studiò pittura con De Chirico e si dedicò inizialmente alla poesia. Nel 1940 uscì l’Antologia della letteratura fantastica, da lei curata insieme all’amico Borges e al marito Bioy Casares, che riunisce i migliori esempi di quel genere letterario (da Rabelais a Poe a Kafka) al quale Silvina si dedicò con impareggiabile talento.

Nelle sue raccolte di racconti brevi, la vita quotidiana è condizionata in maniere imprevedibili e minacciose dal mondo degli oggetti intorno. Sono presenze animate, parlanti, mutevoli, che intrecciano con gli esseri umani – in gran parte bambini e adolescenti – intense relazioni segnate dalla crudeltà e spesso inevitabilmente destinate a conclusioni tragiche. Oltre a costituire una vera e proprio enciclopedia di arredi e abbigliamenti piccolo-borghesi, le storie di Silvina Ocampo sono ricche di dettagliate descrizioni di modesti gioielli, mobilia povera, vestiti ornati con trine e ricami di cattivo gusto, uccelli e fiori dai colori sgargianti, i quali di punto in bianco cambiano aspetto e diventano creature minacciose pronte ad aggredire alla prima occasione; senza un’apparente ragione all’ improvviso si risvegliano e cominciano a trasformarsi in esseri pericolosi che volano, mordono, feriscono a morte. L’intero universo inanimato assume sembianze persecutorie.

Nel racconto “L’abito di velluto” quest’ultimo finisce per uccidere la donna che lo sta provando; ne “L’inimicizia delle cose” il giovane protagonista si rende conto di essere assediato dall’ostilità dei vestiti che indossa; al centro de “Il cappello metamorfico” un copricapo verde con una piccola piuma di madreperla corre da un capo all’altro della città e provoca mutamenti radicali negli esseri umani; “I libri che volano” descrive una casa abitata da volumi che di notte si spostano da uno scaffale all’altro, ridono, corrono e si riproducono in grandi quantità finché si gettano in volo dal balcone. Per la protagonista de “Gli oggetti”, infine, essi stabiliscono un legame  indissolubile con la memoria dell’infanzia: quelli perduti molti anni prima tornano insistenti a trovarla, ricompaiono inaspettati per incuterle un indicibile terrore.