Per ogni 100 euro guadagnati da un uomo, una donna ne guadagna 60. I dati appena pubblicati dal servizio ricerche del parlamento Ue mettono in luce le diseguaglianze economiche e sociali tra donne e uomini in Europa. Facciamoci gli auguri per questo 8 marzo, la strada della parità è ancora lunga
In Europa la strada della
parità è ancora lunga

Il 13 e 14 marzo prossimi il parlamento europeo discuterà la proposta di risoluzione Equality between women and men in the European Union in 2014-2015, sulla base di una relazione del Comitato su diritti delle donne e uguaglianza di genere (Femm). Nella relazione si chiede al governo dell’Ue di mettere in cima alla propria agenda politica la parità di genere, promuovendo la rappresentanza femminile a tutti i livelli decisionali e di colmare il divario retributivo. A questo proposito, e proprio in occasione dell'8 marzo, il team di GlobalStat dell’European University Institute (EUI) di Firenze insieme all’European Parliament Research Service (EPRS) ha deciso di pubblicare dei brevi contribuiti sulla condizione delle donne in Europa, in una prospettiva globale. Il rapporto, intitolato Empowering women in the EU and beyond, si rivolge ai rappresentati del parlamento europeo e a tutti i cittadini dell’Unione europea. Di seguito una sintesi dei principali dati messi in luce dalla ricerca che si è concentrata prevalentemente su quattro aree strategiche: potere economico e finanziario, mercato del lavoro, leadership ed educazione alla salute.
Accesso alle risorse finanziarie ed economiche
Garantire alle donne pari accesso alle risorse economiche e finanziarie, generando cosi nuove opportunità di crescita economica e finanziaria è stato riconosciuto come un contributo fondamentale verso la parità di genere, l'eliminazione della povertà e lo sviluppo sostenibile. Secondo l'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere (Eige), l'accesso delle donne dell’Ue alle risorse economiche e finanziarie rimane inferiore a quello degli uomini: da un punteggio di 68,9/100 nel 2005 si scende addirittura a 67,8/100 nel 2012.
Come si vede nell'immagine, il gender gap dei guadagni complessivi in Ue è al 39,7% significa che per ogni 100 euro guadagnati da un uomo, una donna ne guadagna 60, anche se con una certa variabilità all’interno degli stati membri[1]. La percentuale spazia dal 19,2% in Lituania al 47,5% nei Paesi Bassi. I salari delle donne tendono anche a diminuire quando hanno un figlio, mentre al contrario aumentano i salari dei padri, quasi a conferma di un effetto penalizzante della maternità. Al 40% si attesta pure il gender pension gap, che cattura le disuguaglianze di reddito accumulate dalle donne dopo i 65 anni. In tutti gli Stati membri la pensione media delle donne risulta inferiore a quella degli uomini, lasciando così le donne di età superiore ai 65 anni sostanzialmente a più alto rischio di povertà rispetto agli uomini.
Nei paesi dell'Unione, gli uomini (62%) tendono a risparmiare più soldi rispetto alle donne (59%): i divari più grandi tra generi, misurati in punti percentuali, sono in Spagna (16), Italia (15) e Polonia (12). Gli uomini tendono (38%) a prendere denaro in prestito più delle donne (34,9%), come confermato dai dati in 18 stati membri. Questa tendenza trova conferma anche a livello globale: come riportato in un recente report delle Nazioni Unite, uscito nel 2016, secondo cui è il 57% delle donne ad avere un conto finanziario rispetto al 64% degli uomini.
Peggiora il settore del risparmio e del credito, soprattutto per chi versa in condizioni di estrema povertà (meno di due dollari al giorno): le donne hanno il 28% in meno di probabilità rispetto agli uomini di avere un conto bancario formale, a causa della loro minore credibilità presso banche e istituzioni finanziarie.
Mercato del lavoro
Le dinamiche di genere da sempre modellano i mercati del lavoro europei assieme ai programmi di protezione sociale, limitando l’accesso al mercato del lavoro o mostrando come il tasso di partecipazione sia inversamente proporzionale al tasso di fertilità, pari a 1,5 figli per donna in Ue. Una situazione che si è acuita in questi tempi di crisi economica e finanziaria.
Come si può vedere nell'immagine, al contrario, in media nove su 100 donne (9,3%) sono senza lavoro con grande variabilità tra gli stati membri, dal 28,9% della Grecia al 4,2% della Germania. Pari a circa 2 milioni si attestano le giovani, tra i 15 e i 24 anni, europee disoccupate e, nella stessa fascia di età, circa il 12,3% in media in Ue sono Neet, ovvero persone inattive nel mondo del lavoro, dell’educazione o della formazione.
Negli ultimi due decenni c’è stato un continuo aumento della forza lavoro femminile: a oggi le donne impiegate in età compresa tra i 20 i 64 anni in Ue sono in media il 64,3% del loro totale. Ma il quadro si complica quando andiamo a scomporre per livelli educativi. Tra le donne con un’educazione di livello primario solo il 42,8% risulta impiegato.
La Commissione europea ha analizzato 613 delle più grandi società quotate dell'Ue: soltanto il 5% delle donne ricoprono il ruolo di Chief Executive Officer (CEO), il 7% di Presidente e circa il 23% sono membri di Consigli di amministrazione. Il 6,3% delle donne e l'8% degli uomini sono assunti come scienziati e ingeneri: in 10 stati membri, il tasso di occupazione delle donne in questi settori è superiore a quello degli uomini. Al contrario, la Finlandia ha molti più uomini (14,9%) rispetto alle donne (6,5%) che lavorano in questi settori.
Inoltre, le donne e le ragazze sono più propense ad impegnarsi in lavoro non retribuito, come ad esempio la cura, la cucina e la pulizia. Globalmente, le donne dichiarano di spendere il 19% del loro tempo in attività non retribuite, mentre gli uomini riferiscono di spendere non più di 8%.
Leadership e risoluzione dei conflitti
Per gran parte della storia, le donne sono state anche escluse da ruoli di comando nella maggior parte delle società. I movimenti femministi del ventesimo secolo hanno messo in risalto l'assenza delle donne dalle arene tradizionali di potere, fornendo un'occasioen per cominciare ad emergere. Tuttavia le donne sono ancora sottorappresentate nelle posizioni di leadership. Globalmente i capi di stato e di governo donna sono ancora una minoranza, anche se sono aumentate da 12 a 22 negli ultimi 20 anni e soltanto il 18% dei ministri nominati sono donne, e ad esse di solito sono assegnati portafogli relativi alle questioni sociali.
Ad oggi in Ue, soltanto il 37% dei membri del parlamento europeo è donna: il 27% dei ministri e il 26% dei sottosegretari tra gli stati membri dell’Ue sono donne.
Le donne sono agenti chiave nella mediazione, pacificazione e giustizia di transizione. I dati provenienti da 182 accordi di pace firmati tra il 1989 e il 2011 mostrano che, quando sono coinvolte le donne nel processo di pace, gli accordi di pace hanno il 20% in più di probabilità di durare almeno 2 anni e del 35% di durare almeno 15 anni.
Educazione e salute sessuale e riproduttiva
Recentemente l’Unesco ha ricordato che ancora a 60 milioni di ragazze nel mondo viene negata l’educazione: per questo c’è ancora bisogno di lavorare sull’accesso a educazione, sanità, mercato del lavoro e partità di retribuzione. Secondo le Nazioni Unite il diritto alla salute sessuale e riproduttiva non è soltanto parte integrante del diritto alla salute, ma è anche legata al godimento di molti altri diritti umani.
I dati dimostrano che fornire alle bambine e alle ragazze un’adeguata formazione educativa aiuta a rompere il ciclo della povertà per un effetto a catena di opportunità che influenza le generazioni a venire.
Le donne istruite hanno meno probabilità di sposarsi in età minore e contro la loro volontà, meno probabilità di morire di parto, maggiori probabilità di crescere e allevare bambini sani e sono più propense a mandare i figli a scuola.
Come nell'immagine, più alto è il tasso di alfabetizzazione, più basso il divario educativo tra maschi e femmine. Soltanto 20 stati membri dell'Ue prevedono l’educazione alla salute sessuale e riproduttiva come insegnamento obbligatorio e molte donne ancora non hanno un accesso adeguato alla contraccezione.
Una recente ricerca mostra che in Europa il gender wealth gap, ovvero il divario nella ricchezza - dati i beni posseduti, d’investimento e di risparmio - sta diventando più importante del reddito quale fattore determinante della diseguaglianza. La politica e le istituzioni possono attenuare questa disuguaglianza, colmando il divario retributivo e aiutando le donne a costruire ricchezza da investire su stesse e sul futuro dei propri figli, contro la disoccupazione e le emergenze finanziarie.
Se è vero che nel quadro globale le donne europee primeggiano secondo alcuni parametri, la strada da percorrere sembra ancora lunga. Facciamoci gli auguri, insomma, per questo 8 marzo: la strada da percorrere è ancora lunga.
Note
[1] Il valore a cui facciamo qui riferimento misura l'impatto di tre fattori combinati: i guadagni orari medi, la media mensile del numero di ore retribuite (prima di qualsiasi aggiustamento per il lavoro part-time) e il tasso di occupazione, sui guadagni medi di tutte le donne in età lavorativa - dipendente o non dipendente - rispetto agli uomini. Il gender pay gap a cui invece di solito si fa riferimento, e che in Ue è attualmente al di sopra del 16% è invece il gender pay gap "non aggiustato" (unadjusted gender pay gap) e rappresenta la differenza tra la retribuzione media oraria lorda dei dipendenti salariati uomini e delle donne, in percentuale della retribuzione media oraria lorda dei dipendenti salariati maschi.