Storie

Di patrimonio e risparmi continuano a occuparsi solo gli uomini. Se da un lato i prodotti finanziari sono spesso standardizzati e un po' paternalisti, dall'altro le donne continuano a essere troppo impreparate in materia. Ma le strutture familiari stanno cambiando, ci sono molti motivi per cui c'è sempre più bisogno anche di donne in grado di occuparsene

La cura della finanza.
Strategie per famiglie nuove

6 min lettura

Molti compiti nelle famiglie moderne, specie quando entrambi i coniugi lavorano, sono divisi tra uomo e donna, tuttavia esiste un ruolo che il più delle volte è riservato all'uomo di famiglia: la cura del patrimonio. E anche le donne single, che non hanno un compagno cui affidare le decisioni finanziarie, sono spesso poco a loro agio nel ruolo di gestori del patrimonio. Viene spontaneo domandarsi: è a causa dell'offerta, ossia degli intermediari finanziari, che non hanno tra i target il mondo femminile, o comunque non riescono a catturare l'attenzione del pubblico femminile, oppure è a causa della domanda, cioè delle donne stesse, che sono spesso poco preparate sul tema, anche quando diventano il capofamiglia? In questo articolo argomenteremo che sia l'offerta sia la domanda sono migliorabili, e vedremo come.

Cominciamo dall'offerta: in una recente indagine del Boston Consulting Group [1] è emerso che le donne si sentono trascurate a livello di consulenza finanziaria. I motivi di tale sentimento sono evidenziati con chiarezza: hanno l'impressione che l'industria finanziaria offra loro dei prodotti eccessivamente standardizzati. In generale, esiste una tendenza conservativa e, spesso, paternalistica nel dare consigli di investimento alle donne, puntando sulla loro prudenza, indipendente dal loro profilo di rischio e dalle loro possibilità di diversificazione individuali. La stessa evidenza è emersa guardando all’Italia, con una recente indagine di GfK Eurisko [2]

Proseguiamo con la domanda: è un dato di fatto che la gestione di un portafoglio, così come la pianificazione intertemporale delle risorse da destinare per il futuro, siano per la pensione o l’istruzione dei figli, richieda una dimestichezza con concetti finanziari, cioè una financial literacy, da cui spesso le donne sono lontane. Recenti lavori di Annamaria Lusardi [3] hanno messo in luce come la financial literacy delle donne sia stabilmente inferiore a quella degli uomini, evidenziando una mancanza di strumenti basilari con cui gestire la pianificazione delle risorse. Dai dati di Banca d’Italia (Analisi sulle famiglie italiane) riferiti al 2010 emerge che solo il 28% delle donne risponde correttamente ai tradizionali quesiti sulla conoscenza finanziaria, contro il 38% degli uomini [4].

Tabella 1. Percentuale di risposte corrette ai questionari di Financial Literacy

Fascia d'età

Maschio

Femmina

Totale

<=30

38                        

27

32

31-40

37                      

36

36

41-50

42

37

40

51-60

43                       

34

39

>60

34                       

19

27

Totale

38                         

28                                  

33

* I dati sono tratti dai dati SHIW del 2010 per 7951 famiglie italiane, di cui 4,335 con uomini capofamiglia e 3,616 con donne capofamiglia

Nella Tabella 1 abbiamo riportato un quadro della financial literacy, come emerge dai dati di Banca d’Italia 2012 (Analisi sulle famiglie italiane). Le percentuali riportate in tabella, e suddivise per genere e fascia d'età,  rappresentano la frazione di individui che risponde correttamente ai tradizionali quesiti sulla conoscenza finanziaria. Il primo dato allarmante che emerge è che, tra  tutti gli individui tra i 24 e i 65 anni che prendono decisioni finanziarie, solo il 27 % delle donne risponde correttamente, ed è pertanto presumibilmente dotato delle conoscenze finanziarie atte a rendere tali decisioni ben documentate. La percentuale sale al 38% per gli uomini.

A fronte di questo dato inquietante, esiste invece una caratteristica rasserenante: il maggiore gap di genere, cioè la maggior differenza tra la conoscenza finanziaria tra uomini e donne, si riscontra nella fascia  di età   superiore ai 60 anni. In tale gruppo, la percentuale di risposte corrette tra gli uomini è superiore di 15 punti percentuali rispetto a quella delle donne. La minor differenza di genere si riscontra tra gli individui che hanno meno di 30 anni: in questo caso il gap tra i due sessi è di soli 11 punti percentuali. Tutto ciò sembra indicare che le grandi disparità di genere siano una caratteristica delle "vecchie generazioni", e non  delle “nuove generazioni".

A parziale "giustificazione" dello scarso interesse delle donne per la finanza, è un altro fatto: spesso il linguaggio iper-specialistico della finanza rappresenta un ostacolo alla comprensione dei prodotti finanziari, da parte di chi, come le donne, non possiede una competenza adeguata (si veda Boggio et al. 2014)[5]

Eppure le donne manifestano o dovrebbero manifestare curiosità e volontà di apprendimento su questi temi, per rendersi più consapevoli e preparate a fronteggiare il futuro.  Il mondo più ricco sta evidenziando nuove dinamiche familiari in cui il modello monoreddito, generato dal maschio della coppia, va scemando. Sempre più assiduamente assistiamo ad un evolversi del concetto di famiglia, spesso single anche con figli, ove le donne si trovano a dover fronteggiare la gestione delle finanze della famiglia, oltre che la quotidianità del menage. Alcune di loro in situazione di vulnerabilità finanziaria, con poche risorse, altre con risorse non indifferenti ma con un ruolo nuovo di gestione del portafoglio familiare. Nelle nuove famiglie, la gestione delle risorse finanziarie deve entrare a far parte del care giving, cioè del lavoro di cura, e le donne devono imparare anche questa forma, per loro spesso nuova, di care giving. Molto potrebbe andare a vantaggio delle donne e dei loro familiari con una pianificazione e, per arrivarvi, una formazione finanziaria adeguata.

Puo' tale formazione limitarsi a uno dei canali ormai tradizionali di impiego del risparmio, ossia l'acquisto di polizze assicurative vita? A priori, sapendo che le donne sono più avverse al rischio degli uomini, le assicurazioni dovrebbero essere uno degli strumenti finanziari loro più congeniali. Tuttavia, proprio dalle assicurazioni, e precisamente da un recente lavoro presso il Collegio Carlo Alberto (Luciano et al. [6]), in cui abbiamo scandagliato la domanda di assicurazione vita delle italiane e degli italiani, emerge un dato interessante.  A parità di condizioni, le donne domandano meno assicurazioni degli uomini, ma l’effetto sbiadisce una volta che si controlla per la loro partecipazione al mercato finanziario. Ad esempio, coloro che detengono azioni o hanno un immobile, per cui probabilmente hanno acquisito dimestichezza con banche e mutui, sono anche propense ad acquistare assicurazione. L’evidenza contribuisce dunque a metter in luce come l’accesso al mercato azionario, a quello immobiliare e assicurativo, e la pianificazione delle tre dimensioni, vada fatta di pari passo.

Sarebbe importante un supporto adeguato per ovviare alla storica inadeguatezza delle donne in tema di finanza personale, per avvicinarle a nuovi ruoli e nuove responsabilità, e suscitare il loro desiderio di apprendere. Sarebbe ottimale che tale supporto non arrivasse da singole componenti dell’offerta (banche, compagnie di assicurazioni), ma che vi fosse un supporto “neutrale” per fornire strumenti di pianificazione adeguati a donne che vogliono fronteggiare la pianificazione finanziaria con conoscenze adeguate. Il “pink target” è difficile da colpire,  ma un’adeguata scelta dei contenuti oltre che dei modi di comunicazione, tenuto conto del fatto che tra l’altro le donne richiedono più informazioni per arrivare  ad una concreta decisione finanziaria o di risparmio, non è certo impossibile.



[1] Boston Consulting Group, Women want more (in Financial Services), http://www.bcg.com/documents/file31680.pdf

[3] Annamaria Lusardi è Direttrice del centro Global Financial Literacy Excellence Center, http://www.gflec.org/

[4] Le domande considerate sono relative alla consapevolezza della rata fissa di un mutuo a tasso fisso rispetto al variabile, al concetto di diversificazione del rischio e di interesse composto. Le percentuali indicate in Tabella 1 sono relative alle risposte corrette a tutte e tre le domande relative alla conoscenza finanziaria.

[5] C. Boggio, E. Fornero, H.M. Prast and J. Sanders (2014), Seven ways to knit your portfolio: is investor communication neutral?, CeRP Working Paper 140/14, Turin.

[6] Elisa Luciano, Federico Petri e Mariacristina Rossi, Life Insurance demand. Evidence from Italian households with a gender twist, CeRP- Collegio Carlo Alberto, work in progress