Politiche di pari opportunità, parità di genere e protezione sociale sono le sfide che il nuovo Parlamento europeo avrà il compito di affrontare nei prossimi mesi. Ne parliamo con Ruth Paserman, che ha seguito da vicino l’iter del Pilastro sociale europeo
Nel preambolo alla proposta di proclamazione interistituzionale sul Pilastro europeo dei diritti sociali del 20 ottobre 2017, si legge che "gli obiettivi dell'Unione sono, tra l'altro, promuovere il benessere dei suoi popoli e adoperarsi per lo sviluppo sostenibile dell'Europa" e si aggiunge che "l'Unione combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore". Sta ora al nuovo Parlamento europeo, che si insedierà ad inizio luglio, assicurarsi che le proposte in ambito sociale lasciate in eredità dalla Commissione europea guidata da Jean-Claude Juncker (in scadenza alla fine del prossimo ottobre) trovino attuazione e soprattutto adeguato finanziamento. Importanti in questo ambito sono le sfide che riguardano le politiche di pari opportunità, di parità di genere e di protezione sociale di cui abbiamo già parlato su inGenere con due articoli di Valeria Viale. Ne abbiamo discusso con Ruth Paserman, vicecapo di gabinetto della Commissaria per l’occupazione e gli affari sociali, Marianne Thyssen, che ha seguito da vicino l’iter del Pilastro sociale sin dalle sue origini.
Nell’ambito del Pilastro europeo dei diritti sociali, la Commissione Junker ha presentato una serie di iniziative legislative e non legislative concernenti l’equilibrio tra attività professionale e vita privata.
Nell’Ue le donne sono ancora sottorappresentate nel mercato del lavoro e questo causa notevoli perdite economiche. È dimostrato da vari studi che al diminuire del gender employment gap corrisponde un tasso di occupazione generale più elevato. È perciò evidente che per innalzare il tasso di occupazione europeo è necessario innalzare il tasso di occupazione femminile. Sebbene le donne siano spesso più qualificate degli uomini e raggiungano livelli di istruzione più elevati, molte di loro “spariscono” dal mercato del lavoro a causa delle responsabilità di cura. Questo è imputabile soprattutto al fatto che le vigenti politiche di conciliazione non hanno consentito sinora a uomini e donne di condividere equamente i carichi di cura affinché possano entrambi essere parte attiva a livello sociale ed economico. È importante sottolineare quanto affermato nella risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 4 aprile 2019 sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza (work-life balance): l'equilibrio tra attività professionale e vita familiare resta una sfida considerevole per molti genitori e lavoratori con responsabilità di assistenza, in particolare a causa della crescente prevalenza di orari di lavoro prolungati e di orari di lavoro che cambiano, il che ha un impatto negativo sull'occupazione femminile. La proposta legislativa è stata approvata definitivamente dal Consiglio il 13 giugno. Nell'attuare la direttiva, gli stati membri dovranno considerare il fatto che una pari fruizione dei congedi per motivi familiari tra uomini e donne dipende anche da altre misure appropriate, quali l'offerta di servizi accessibili e a prezzi contenuti per la custodia dei bambini e l'assistenza a lungo termine, che sono cruciali per consentire ai genitori e alle altre persone con responsabilità di assistenza di entrare, rimanere o ritornare nel mercato del lavoro. L'eliminazione dei disincentivi economici può anche incoraggiare i percettori di reddito secondario, nella maggior parte dei casi donne, a partecipare pienamente al mercato del lavoro.
Il lavoro delle donne si caratterizza per precarietà e bassi salari: come far valere gli stessi diritti per lavoratori e lavoratrici?
La direttiva sul work-life balance si applica, secondo la risoluzione del Parlamento europeo, a tutti i lavoratori che hanno un contratto di lavoro o un altro rapporto di lavoro, compresi i contratti di lavoro o i rapporti di lavoro riguardanti lavoratori a tempo parziale, lavoratori a tempo determinato o persone che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro con un'agenzia interinale. Inoltre, il quinto principio del Pilastro sociale stabilisce che, indipendentemente dal tipo e dalla durata del rapporto di lavoro, i lavoratori abbiano diritto a un trattamento equo e paritario per quanto riguarda le condizioni di lavoro e l'accesso alla protezione sociale, e che debba essere promossa la transizione a forme di lavoro a tempo indeterminato. I mercati del lavoro hanno subito profondi cambiamenti a causa degli sviluppi demografici e della digitalizzazione, per cui sono apparse nuove forme di lavoro che hanno favorito l'innovazione, la creazione di posti di lavoro e la crescita del mercato del lavoro. Alcune nuove forme di lavoro si distanziano però notevolmente dai rapporti di lavoro tradizionali in termini di prevedibilità, creando incertezza in merito alla protezione sociale e ai diritti applicabili per i lavoratori interessati. In questo mondo del lavoro in evoluzione, cresce l'esigenza che i lavoratori e le lavoratrici siano pienamente e tempestivamente informati per iscritto, in un formato per loro facilmente accessibile, in merito alle condizioni essenziali del loro lavoro. Per inquadrare adeguatamente lo sviluppo di nuove forme di lavoro, dovrebbero essere riconosciuti nell'Ue nuovi diritti minimi intesi a promuovere la sicurezza e la prevedibilità dei rapporti di lavoro e a consentire, al tempo stesso, che venga salvaguardata l'adattabilità del mercato del lavoro. Per questo è importante la risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 16 aprile 2019 sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell'Unione europea. Anche questa, approvata definitivamente dal Consiglio il 13 giugno.
Dare accesso alla protezione sociale è fondamentale per la sicurezza economica e sociale della forza lavoro e per mercati del lavoro ben funzionanti che creino occupazione e crescita sostenibile.
Sappiamo che un numero crescente di persone, soprattutto donne, a causa del loro tipo di rapporto di lavoro o di attività autonoma, non godono di un accesso sufficiente alla protezione sociale. Il dodicesimo principio del Pilastro sociale recita "indipendentemente dal tipo e dalla durata del rapporto di lavoro, i lavoratori e, a condizioni comparabili, i lavoratori autonomi hanno diritto a un’adeguata protezione sociale". L’iniziativa della Commissione europea sull’accesso alla protezione sociale per i lavoratori subordinati e autonomi mira ad attuare tale principio e a contribuire all’attuazione di altri principi del Pilastro sociale, come un'occupazione flessibile e sicura, prestazioni di disoccupazione assistenza sanitaria e reddito e pensioni di vecchiaia. Ci aspettiamo l’adozione definitiva da parte del Consiglio nel prossimo luglio. I sistemi di previdenza e protezione sociale nell’Ue variano tra loro e riflettono tradizioni nazionali, preferenze politiche e bilanci differenti, ma si trovano ad affrontare sfide simili dovute al cambiamento. Ad esempio, in passato i rapporti di lavoro erano principalmente caratterizzati da contratti a tempo pieno e indeterminato tra un lavoratore e un unico datore di lavoro. Tuttavia negli ultimi vent’anni la globalizzazione, la tecnologia, le variazioni delle preferenze individuali e i mutamenti demografici hanno contribuito a importanti cambiamenti dei mercati del lavoro, che hanno portato all’aumento di forme di occupazione diverse dai contratti a tempo pieno e indeterminato, quali il lavoro a tempo determinato, a tempo parziale e occasionale. Analogamente, e per ragioni simili, gli ultimi vent’anni hanno visto un cambiamento del lavoro autonomo. A fianco dei tradizionali imprenditori e delle libere professioni, la condizione di lavoratore autonomo viene utilizzata in senso più ampio, in alcuni casi anche quando di fatto esiste un rapporto di lavoro subordinato. Data l’evoluzione del mondo del lavoro – con un numero crescente di persone che svolgono un lavoro autonomo o non regolato da contratti standard, che passano da attività subordinate ad attività autonome o che combinano le due – sempre più membri della forza lavoro restano senza un accesso sufficiente alla protezione sociale a causa della loro condizione lavorativa o del tipo di rapporto di lavoro. Ciò provoca un aumento dei rischi per il benessere dei lavoratori coinvolti e delle loro famiglie, che si trovano ad affrontare una maggiore incertezza economica, ma anche per l’economia e la società, da un punto di vista della domanda interna, degli investimenti nel capitale umano e della coesione sociale. Gli effetti cumulati delle disparità di accesso alla protezione sociale possono dar luogo nel tempo a nuove disuguaglianze inter e intragenerazionali tra quelli che hanno o che riescono a trovare un impiego con contratti che prevedono tutti i diritti sociali e quelli che non ci riescono. Ciò può costituire una discriminazione indiretta nei confronti dei giovani, dei nati all’estero e delle donne, che hanno più probabilità di essere assunti con contratti atipici.
Al fine di monitorare il raggiungimento degli obiettivi del Pilastro sociale, è essenziale migliorare la disponibilità e la qualità degli indicatori sociali.
I dati e gli indicatori statistici[1] rappresentano i cardini di politiche responsabili basate su elementi concreti. Nel contesto della strategia Europa 2020[2] e del rafforzamento della governance economica, gli indicatori sociali svolgono un ruolo essenziale nel dar forma e sostegno alle priorità fondamentali dell'Ue. Gli indicatori sociali dovrebbero, in particolare, assicurare una solida base statistica che consenta di sviluppare e monitorare le politiche adottate dall'Ue e dagli Stati membri riguardo a tali priorità. La validità dei dati è inoltre della massima importanza in quanto rappresenta un baluardo contro la misinformazione. La comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sul metodo di produzione delle statistiche Ue Una visione per il prossimo decennio[4] ha messo in evidenza il crescente uso di fonti multiple di dati e di metodi innovativi di rilevazione dei dati, come pure l'importanza sempre maggiore dell'armonizzazione dei concetti e dei metodi statistici in tutti i settori. Essa ha rilevato la necessità di una nuova generazione di normative statistiche, estesa ad ambiti più ampi. Come sottolineato nella recente risoluzione legislativa del Parlamento europeo relativa al Quadro comune per le statistiche europee sulle persone e sulle famiglie, al fine di razionalizzare meglio il quadro di riferimento per le statistiche sociali europee ricavate da campioni, le attuali statistiche europee sulle persone e sulle famiglie, basate su dati a livello individuale, dovrebbero essere raggruppate in un unico quadro. Una volta approvata la risoluzione dal Consiglio (speriamo in autunno), si potrà garantire che le statistiche sociali europee ricavate da campioni comprendenti i settori della forza lavoro, dei consumi, del reddito e delle condizioni di vita, dell'uso del tempo, della salute, dell'istruzione e della formazione, nonché dell'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione siano prodotte in modo più uniforme, coerente e coordinato, tenendo conto, dove possibile, delle disaggregazioni di genere.
Note
[1] Gli indicatori relativi al Pilastro sociale, raggruppati nel cosiddetto social scoreboard, sono disponibili sul sito di Eurostat
[2] Comunicazione della Commissione "EUROPA 2020 - Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva", COM (2010) 2020 del 3 marzo 2010.
[3] COM (2009) 404 del 10.8.2009.