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Il cambiamento portato dalla digitalizzazione del lavoro non è neutro rispetto al genere e ha un impatto diverso per uomini e donne, soprattutto quando al centro della riorganizzazione ci sono spazi nuovi, di cui è importante capire rischi e opportunità

Lo spazio delle donne
nel lavoro digitale

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Foto: Unsplash/ LinkedIn Sales Navigator

Negli ultimi anni le tecnologie hanno cambiato radicalmente il nostro modo di lavorare rendendo sempre meno rilevante lo spazio fisico in cui lavoriamo a favore di una progressiva digitalizzazione, non soltanto dei processi ma anche degli spazi di lavoro.

Lo spazio, che pure è una componente così determinante delle organizzazioni in cui lavoriamo, è stato a lungo sottovalutato negli studi organizzativi e, paradossalmente, inizia a riscuotere interesse proprio in un momento in cui assistiamo alla sua progressiva scomparsa.[1]

Sempre più organizzazioni adottano modalità di lavoro smart, che consentono a lavoratori e lavoratrici, sulla base di specifici accordi, di svolgere le proprie mansioni in spazi che non sono né l’ufficio né l’abitazione, e che possono essere scelti in autonomia. Questo permette a imprenditori e imprenditrici di ristrutturare gli uffici riducendo i costi legati alla manutenzione degli spazi.

Sempre più velocemente le tecnologie digitali, e in particolare i microprocessori, hanno consentito la costruzione e la diffusione di dispositivi di piccole dimensioni che possono processare una quantità impressionante di dati e permettere la realizzazione di molte attività da remoto. Allo stesso tempo l’innovazione tecnologica ha permesso di tracciare, senza soluzione di continuità nello spazio e nel tempo, oggetti, soggetti e attività, contribuendo a determinare quella che alcuni studiosi definiscono una micro o iper-coordinazione.

I software, infine, hanno permesso di creare nuove e complesse forme di spazialità automatizzata.

Quello che accade oggi è che il lavoro, l’attività lavorativa, viene svolta sempre più spesso al di fuori dei tipici confini fisici, spaziali e temporali dell’organizzazione, oppure in ambienti che vengono definiti come “spazi terzi” o “ spazi liminali”.

Spazi nuovi per il lavoro, rispetto ai quali diventa importante capire come posizionarsi, per valutarne opportunità, rischi, modalità di funzionamento.

Questo tipo di cambiamento organizzativo è neutro rispetto al genere? Che tipo di impatto ha per uomini e donne?

Una prima riflessione porterebbe a rispondere che per le donne – che da sempre chiedono flessibilità di tempo e di spazio per poter meglio combinare i propri carichi di cura (che a tutt’oggi, in Italia, impegnano comunque almeno il 20% del loro tempo) con i propri impegni lavorativi – questo nuovo approccio sia completamente positivo e che il fatto che “la collocazione fisica del contributo del lavoro al processo di produzione diventi irrilevante”[2] apre spazi di autonomia e libertà di movimento inesplorati.

Tuttavia, a un’analisi più attenta, emergono una serie di implicazioni che rischiano di rendere ambigue, soprattutto per le donne, le opportunità offerte dal diffondersi di spazi di lavoro digitali.

In primo luogo, la possibilità di “lavorare ovunque ed in qualsiasi momento” – così come ci ricorda in modo evocativo una recente pubblicazione di Eurofound[3] – rischia di far saltare completamente i confini tra vita privata e vita lavorativa, al di là delle opportunità offerte dalla possibilità di bilanciare le due dimensioni – creando situazioni di iper-connessione o continua connessione, in cui il tempo e lo spazio del non lavoro soccombono all’invasione dello spazio di lavoro.

Al contempo, però, la limitata presenza nello spazio di lavoro tradizionale – l’ufficio, il negozio, il centro servizi – rischia di influenzare negativamente la possibilità di crescita e di carriera delle donne in contesti organizzativi in cui, come accade per quelli italiani, la presenza viene comunque premiata come sinonimo di fidelizzazione ed allineamento agli obiettivi organizzativi.

A ciò si aggiunga che se in un primo momento la possibilità di lavorare da remoto è apparsa come una chiara opportunità di lavorare in maggior autonomia dal management, studi più recenti hanno evidenziato che, in realtà, la presenza 'virtuale' in uno spazio organizzativo digitale e condiviso sia nei fatti molto più soggetta a forme invasive di controllo dell’attività svolta di quanto non avvenga monitorando la sola presenza in ufficio. I nuovi software consentono infatti di tracciare in modo puntuale le attività svolte dal lavoratore e dalla lavoratrice da remoto, con un livello di micro controllo molto più spinto.

In questo senso lo spazio organizzativo digitale consente discrezionalità ma non autonomia, a meno che il lavoratore o la lavoratrice non godessero già in precedenza di tale autonomia.

Se si incrociano le riflessioni precedenti con la lettura dei dati del mercato del lavoro che ci dicono che le donne sono ancora oggi sottorappresentate nelle posizioni manageriali che godono di maggiore autonomia (le donne-dirigenti sono solo il 31%, quelle quadro il 45%, dati Istat) viene spontaneo riflettere sulla necessità di trovare modalità di utilizzo delle opportunità offerte dalla digitalizzazione volte a limitarne gli eventuali rischi: stabilire accordi chiari e regole definite per lo smart working, che deve essere un’opportunità per tutti e non solo per le donne; definire di periodi di disconnessione; integrare presenza fisica e lavoro da remoto.

Infine, la digitalizzazione ha un impatto non soltanto nella creazione di spazi organizzativi “ibridi” ma anche nella trasformazione delle organizzazioni che utilizzano informazioni digitali e assumono decisioni mediante flussi di lavoro digitali. 

Per poter giocare un ruolo di primo piano in questo tipo di organizzazioni servono competenze relazionali ma anche competenze digitali. Secondo il recente rapporto Ocse Going-Digital-the-Future-of-Work-for-Women due tipologie di competenze che acquisiranno valore con la digitalizzazione saranno le cosiddette soft skills, da una parte, e le competenze specialistiche in campo ICT (Information Communication Technology), dall’altra. Mentre per le prime l’Ocse rileva una sostanziale equa distribuzione tra uomini e donne, vi è un’importante differenza di genere nelle seconde: attualmente, le possiedono il 5,5% dei lavoratori a fronte del solo 1,4% delle lavoratrici.

Come per altre rivoluzioni tecnologiche, anche l'industria 4.0 offre opportunità, l'importante è essere preparate per coglierle. 

Riferimenti

Albano, R; Bertolini S.; Curzi Y. ; Fabbri T.; Parisi T. (2018) DigitAgile: The Office in a Mobile Device. Threats and Opportunities for Workers and Companies

Baldwin, R. (2016), The Great Convergence, 2016th ed., Belknap, Harvard University Press, Cambridge, Massachusetts

Eurofound, Working anytime, anywhere: The effects on the world of work

Thrift N, French S, (2002) “The automatic production of space”, Transactions of the Institute of British Geographers

Note

[1] Il tema della relazione tra spazio e organizzazione è oggetto della tesi di Dottorato Industriale che l'autrice completerà entro il 2019 presso l’Università di Modena e Reggio Emilia. Alcuni riferimenti bibliografici fanno parte del lavoro di ricerca per la tesi.

[2] Baldwin, 2016

[3] Working anytime, anywhere: The effects on the world of workEurofund, 2017

Questo articolo è stato pubblicato anche sulla rivista Bene Comune

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