Linguaggi

Ida Dominijanni ci conduce in un viaggio avvincente e grottesco, a ritroso negli ultimi anni del governo Berlusconi. Qui, il sistema inciampa nell’imprevisto della libertà femminile. E l’incantesimo si rompe svelando il trucco che da tempo era sotto gli occhi di tutti

3 min lettura

Ida Dominijanni guida contromano in un avvincente viaggio a ritroso negli ultimi anni di Berlusconi. Una storia vecchia? Nient’affatto, un punto di partenza per guardare al futuro con occhi edotti.

Il viaggio conduce attraverso un quadro interpretativo affascinante in cui le donne sono le vere protagoniste della fine di un’epoca.

Il sistema berlusconiano ha lavorato con determinazione alla restaurazione dei ruoli deputati alle donne. Diversi da quelli riservati agli uomini, neanche a dirlo. E incastonati nella tradizione più retrograda. Madonne, mogli, madri da un lato, e donne con un prezzo sul mercato dall’atro. Una storia vecchia come il mondo.

Ma il mondo cambia per fortuna. I costumi si evolvono. E la consapevolezza di sé, che piaccia o no, penetra fra le donne più diverse, determinando cambiamenti irreversibili.

Le donne non si lasciano agire. Si dimostrano in grado di scegliere il proprio destino, di calcare la scena del sultano, di abbandonarla, di disprezzarla. Comunque sia, assecondano i propri desideri e interessi.

In questo modo si consuma la rottura e irrompe la novità. Le belle statuine si animano sulla scena pubblica. Chi ci avrebbe mai scommesso?

Ed è proprio su questo errore di calcolo che Berlusconi frana.

Il progressivo emergere dei costumi del premier fra minorenni, escort e bunga bunga mina lentamente l’immagine di Berlusconi. Come una goccia cinese scava lentamente, ma in maniera inesorabile, un solco che lo separa dall’opinione pubblica.

L’entrata in scena di Patrizia Daddario, Ruby ruba cuori, Veronica Lario determina una rottura dal sapore definitivo. Tre protagoniste della caduta. Tre donne diverse, con ruoli distinti in questa storia. Rompono la convenzione del silenzio fino a quel momento in essere.

Come un castello di carte al soffio del vento l’impero berlusconiano ricade su se stesso rivelando tutta la sua immensa fragilità.

Il sistema, che solo superficialmente sembrava funzionare fino a quel momento e che prevedeva donne zitte e zittite, crolla quando il presupposto strutturale della connivenza femminile viene a mancare.

Le donne sono libere. Libere di essere fuori dagli schemi costituiti. Libere di pensare, scegliere, parlare. Libere di considerare la misura colma.

Non è solo Berlusconi a rimanere di sale, ma buona parte dell’opinione pubblica. Non era stato messo in conto. Era un’ipotesi nettamente marginale.

Il sistema berlusconiano inciampa nell’imprevisto della libertà femminile. L’incantesimo si rompe svelando il trucco che da tempo era sotto gli occhi di tutti. Il re è nudo.

La presa di parola pone sul piatto un tema dirimente. Le abitudini sessuali del premier non sono fatti meramente privati, ma irrompono nel dibattito pubblico con dovizia di particolari.

Queste donne parlanti non pongono delle questioni scomode solo per Berlusconi, ma per un intero ordine costituito maschile. Ammettere la compenetrazione dei piani fra pubblico e privato è un tema scivoloso per troppi.

La sola ipotesi di un cambiamento così potente fa tremare le vene ai polsi. La parte più conservatrice e al contempo minacciata si ricompatta indipendentemente dall’arco parlamentare. E così viene inaugurato un nuovo atto della commedia che corre sulla distinzione fra pubblico e privato, personale e politico. Gli uomini corrono a difendere la stabile occupazione del potere. A chi importa cosa succede sotto le lenzuola di un instancabile e virile maschio, voglioso nonostante l’età? Non è certo una questione politica. La vulgata diventa maggioritaria trovando paladini valorosi, a destra come a sinistra.

Le donne che hanno preso la parola, come da tradizione secolare, vengono tacitate, accusate alternativamente di follia, di avidità, di sfruttamento. Ricacciate nell’irrilevanza.

Un’altra occasione persa. Specialmente a sinistra, per avviare un dibattito onesto che potesse accogliere nuove istanze per ripensarsi.

Dopo una fase bulimica, di tutto questo non ragioniamo più molto. L’analisi a freddo di Ida Dominijanni non ha solo il pregio di ripercorrere l’accaduto riportandolo alla nostra attenzione. Nutre la più ambiziosa vocazione alla consapevolezza. Educa lo sguardo sollevando veli. Per non essere nuovamente impreparate.

Il trucco, Ida Dominijanni, Ediesse, 2014, pp.256