Politiche

Negli ultimi anni la popolazione anziana ha attutito l'impatto della crisi sui figli. Ora però anche loro si stanno impoverendo e quando necessitano di assistenza le finanze familiari sono messe a dura prova. Le conseguenze di un annoso problema, affrontato poco e male

Anziani, da risorsa a costo.
Il boomerang della cura

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La popolazione anziana sembra essere in controtendenza rispetto alle dinamiche generate dalla recente crisi economica. Negli ultimi vent’anni (1991-2012) la ricchezza netta delle famiglie anziane è cresciuta del 117,8%, ovvero più del doppio di quella del totale delle famiglie italiane , ferma al 56,8%. Questo è quello che emerge dall’anticipazione dei risultati di una ricerca realizzata dal Censis in collaborazione con Fondazione Generali. 

In particolare si è assistito ad uno spostamento della ricchezza privata verso le famiglie più anziane a discapito del resto della popolazione, e specialmente delle generazioni più giovani. Se nel 1991 la ricchezza familiare era prodotta prevalentemente dalla popolazione attiva, e alla popolazione anziana restava solo una piccola fetta della torta, negli ultimi vent’anni i ruoli sono lentamente cambiati, e oggi le famiglie anziane detengono più di un terzo della ricchezza totale (34,2%).

Sono diverse le cause che possono spiegare questo cambiamento. Un periodo di crescita e le generose (e onerose) politiche pensionistiche beneficiate dalla popolazione nata a cavallo degli anni '40 – ed entrata nell’età anziana a partire dagli anni 2000 - hanno garantito a quest’ultima una stabile e vantaggiosa situazione economica. La ricerca mostra che oltre alle pensioni, che rappresentano il 64,3% dei redditi delle famiglie anziane, un ruolo importante è giocato dalla gestione della ricchezza accumulata durante la vita lavorativa: ben il 27,6% dei redditi della popolazione over 65 deriva da redditi di capitale. È importante notare inoltre che sono quasi 2,7 milioni le persone con 65 anni e oltre che lavorano, in modo regolare o in nero, e di questi circa un terzo svolge un’attività lavorativa con continuità. Queste condizioni sono quasi esattamente ribaltate nella generazione più giovane, riduzione del tasso di crescita, differenti dinamiche salariali, riforme pensionistiche che hanno legato direttamente la pensione alla storia contributiva, hanno accompagnato le giovani generazioni nate dagli anni '70 in poi, determinando la riduzione della percentuale di ricchezza familiare detenuta dalla popolazione under 65.

L’impoverimento dei giovani ha riattivato il meccanismo, mai interamente interrotto, di trasferimenti di risorse (economiche e non) tra genitori e figli. Trasferimenti infra-famigliari si assumono così il compito di riequilibrare in parte le disparità intergenerazionali, e compensare le distorsioni generate dalle decisioni politiche, presenti e passate. Ogni anno 7 milioni di anziani (di cui 1,5 milioni regolarmente) contribuiscono al sostentamento delle famiglie dei figli, attivando un flusso redistributivo di risorse pari a 5,4 miliardi di euro. Inoltre gli anziani svolgono una fondamentale funzione di conciliazione tra le esigenze lavorative e le necessità familiari dei figli (1), permettendo così alle donne di lavorare e alle famiglie dei figli di garantirsi il doppio reddito familiare ormai indispensabile per uscire dalla soglia di povertà. Ed è proprio la popolazione femminile (anziana) che riveste un ruolo chiave in questa sussidiarietà intergenerazionale, non solo in virtù del fatto che nel nostro paese le attività di cura e accudimento rientrino più facilmente nella sfera di competenza femminile, ma soprattutto perché la popolazione anziana è prevalentemente una popolazione femminile: tra gli over 75 solo il 38,4% è di sesso maschile.

Il problema si pone quando questo meccanismo si interrompe e sono gli anziani ad avere necessità di assistenza. Non solo viene meno un elemento di supporto per le famiglie dei figli, ma spesso è la direzione dei trasferimenti di risorse ad invertirsi, e le famiglie che prima erano beneficiarie di aiuti e cura, corrono il rischio di trovarsi nella condizione opposta. La non autosufficienza in età anziana rappresenta in Italia un problema molto importante ed è purtroppo affrontato con strumenti inefficienti.

I dati del Censis confermano quanto sia gravosa questa condizione di disabilità: 330mila sono le famiglie che hanno dovuto usare tutti i risparmi per pagare l'assistenza, 190mila hanno dovuto vendere l'abitazione con la formula della nuda proprietà, e 152mila si sono dovute indebitare. Nel vuoto del sistema di supporto pubblico ai non autosufficienti, dovere e volere aiutare un parente non autosufficiente può trascinare a fondo l'economia di intere famiglie

Se la perdita di autosufficienza e l’onerosità delle cure portano già porta già a qualificare la valutazione ottimistica della situazione economica degli ultrasessantacinquenni suggerita dai dati aggregati sulla quota di ricchezza detenuta, l’analisi sulla distribuzione della ricchezza mostra un quadro diverso, che evidenzia invece il crescente impoverimento della popolazione anziana. Nel 2012, un anziano su cinque viveva in una famiglia a rischio di povertà, e i dati sui redditi pensionistici presentati nella ricerca confermano quanto la ricchezza familiare sia distribuita in modo tutt’altro che uniforme: più del 40% degli anziani riceve una pensione lorda inferiore ai mille euro, e il valore medio (lordo) delle pensioni è pari a 1.284 euro. Bisogna considerare quindi che se da un lato la popolazione anziana può rappresentare una risorsa di welfare familiare di fondamentale supporto per le famiglie dei figli in questo periodo di crisi, dall’altro lato sta subendo un crescente deterioramento della propria condizione economica, e rischia di divenire un’ulteriore causa di trasferimento intergenerazionale di povertà.

In Italia si sta assistendo dunque a un duplice processo la crescente dipendenza della società dalla popolazione anziana e il contemporaneo impoverimento di una parte rilevante di quest'ultima. Data la dipendenza dei figli dall’aiuto dei genitori, la crescente divaricazione nella situazione economica nella popolazione anziana diventa un potente meccanismo di trasmissione intergenerazionale della condizione economica, cioè un fattore di immobilità sociale. Inoltre l’inversione della direzione di trasferimento di reddito nell’ultima fase di vita, quando cioè la condizione di fragilità e dipendenza dei genitori impone pesanti costi di assistenza e di cura, indica la estrema vulnerabilità di questo modello già ora, e sempre più nel futuro. I prossimi pensionati avranno infatti redditi nettamente inferiori rispetto agli attuali, e saranno molti di più di oggi, e l’onere della cura e dell’assistenza spetterà a una sempre più ridotta popolazione attiva, che non avrà le forze necessarie per far fronte autonomamente a questo compito.

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Note

(1) La ricerca conferma la funzione dei nonni nel permettere la conciliazione tra lavoro e famiglia ai propri figli, sono infatti 9 milioni (3,2 milioni regolarmente) gli anziani che si prendono cura dei nipoti.