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La Spagna ha attivato un piano di contingenza contro la violenza domestica durante la pandemia, ma come gli altri paesi del sud Europa, avrà bisogno di una prospettiva femminista per contrastare gli effetti negativi della crisi sulle vite delle donne

Come la pandemia colpisce
le donne in Spagna

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Foto: Unsplash/ Katherine Hanlon

La pandemia ormai deflagrata in Spagna in tutta la sua gravità, ha costretto anche il governo di coalizione progressista a decretare lo stato di allarme e ha incalzato il consiglio dei ministri ad approvare misure straordinarie per far fronte all'impatto sociale e alle ricadute economiche del Covid19. “Nessuno verrà lasciato indietro” il presidente del governo, Pedro Sánchez, lo ripete ad ogni comunicazione governativa e il vicepresidente, Pablo Iglesias, lo ribadisce come un mantra a ogni conferenza stampa.  

Così di giorno in giorno viene arricchito il pacchetto di provvedimenti per ampliare il cosiddetto “scudo sociale” necessario per affrontare questa crisi con politiche più o meno forti e dare priorità a quella che viene individuata come la popolazione più vulnerabile. 

Un governo progressista e femminista, come si definisce quello spagnolo, che sostiene i principi di eguaglianza e di non discriminazione, diventati merce rara in Europa, non ha ignorato che le donne vittime di violenza maschile sono più vulnerabili nelle situazioni di isolamento domestico, vincolate dalle misure di distanziamento sociale che le costringe a dividere spazio e tempo con chi le aggredisce e maltratta, o le vuole uccidere. Per cercare di tamponare il problema è stato varato un "piano di contingenza" contro la violenza di genere che si scatena durante la crisi da Covid19, per garantire alloggi alternativi e sicuri per le donne che lo richiedono attraverso la sistemazione in albergo, quando non sono disponibili i servizi di accoglienza. L'esecutivo spagnolo ha anche deciso di considerare servizi essenziali, e quindi di supportarli economicamente e con una campagna mediatica, i servizi di assistenza 24 ore su 24, l'accoglienza delle vittime a rischio, i centri di emergenza, gli appartamenti sorvegliati, gli alloggi per le vittime della tratta. Inoltre ha disposto che i tribunali che stanno lavorando sui casi di violenza maschile contro le donne, continuino a svolgere i loro compiti per garantire comunque una assistenza legale. 

La crisi del coronavirus si sta rivelando anche una questione di genere, e non bastano le indispensabili misure stabilite contro la violenza maschile in quarantena per evitare che si acutizzino disuguaglianze già presenti nella società spagnola prima del diffondersi del virus.  

Non possono bastare le misure adottate, con ritardo, a favore delle lavoratrici domestiche, il cui contratto è scaduto durante lo stato di allarme, e il riconoscimento di una indennità di disoccupazione temporanea a loro negato quando vengono licenziate o sono costrette a ridurre l'orario di lavoro in circostanze normali. Né basteranno gli interventi a sostegno delle lavoratrici addette alle pulizie ospedaliere, finora considerate lavoratrici “a basso rischio” e quindi senza accesso ai test diagnostici ed escluse dalla prevenzione speciale prevista per chi lavora direttamente nell'emergenza sanitaria, esposte al virus e con un più alto rischio di contagio e di diffusione come tutto il personale sanitario. 

Le statistiche sanitarie degli ultimi giorni rivelano che, sebbene il virus possa colpire sia gli uomini che le donne in egual misura, finora il tasso di mortalità risulta un po' più elevato tra gli uomini, ma in realtà sono le donne a subire un maggiore impatto sociale in questa pandemia che svela, a chi ancora non vuole proprio riconoscerli, i tanti compiti che  assumono, loro malgrado, al posto degli uomini. L'assistenza e la cura, sia professionale che informale, ricoprono un ruolo essenziale per affrontare una pandemia e principalmente ricadono sulle donne. Chi si prende cura di bambine e bambini a casa per la chiusura delle scuole? E delle persone anziani che hanno bisogno di assistenza? Chi si preoccupa della spesa, della cucina, della pulizia della casa? 

In Spagna i dati non si discostano molto da quelli raccolti negli altri paesi del cosiddetto sud europeo. Secondo i risultati dell'ultima indagine sull'uso del tempo realizzata dall'Instituto Nacional de Estadística le donne passano in media ogni giorno due ore e un quarto in più degli uomini per svolgere le mansioni domestiche. Nel contesto prevedibile di distruzione di posti di lavoro, provocata dalla crisi economica che seguirà quella sanitaria, le donne partono da una situazione di disuguaglianza anche nel mercato del lavoro: hanno un tasso di attività del 53%, contro il 65% degli uomini; un tasso di disoccupazione del 17% contro poco meno del 14% degli uomini; e un tasso di occupazione del 44% contro il 56% degli uomini. Una risposta che non affronta le realtà diverse di uomini e donne, non potrà che aggravare i divari già esistenti. 

Anche in Spagna, secondo i dati più recenti dell'Instituto de la Mujer, le donne rappresentano il 68% dei professionisti della sanità, di questi il 50% sono mediche, il 72% farmaciste, l'81% psicologhe e l'84% infermiere. Il divario salariale in questo settore è compreso tra il 15 e il 20%. Il peso dell'assistenza e della cura, sia nella sfera privata che nei servizi sanitari, già ricade più pesantemente sulle donne che non sugli uomini, ma è una realtà che resta invisibile, ignorata nella maggior parte delle analisi della crisi.

Una prospettiva di genere che garantisca di affrontare le differenze nel modo in cui la crisi determinata dal Covid19 colpisce uomini e donne sembra assente o, quando c'è, rincorrere le richieste che collettivi di donne, di femministe, suggeriscono e reclamano di volta in volta.

In Spagna, come altrove, la pandemia sta evidenziando lo smantellamento della sanità pubblica, la precarietà del mercato del lavoro, la doppia giornata lavorativa delle donne, divise tra lavoro produttivo e riproduttivo.

Se la società che uscirà da questa crisi sarà con una maggiore o minore uguaglianza di genere, amplierà o ridurrà i troppi divari esistenti, potenzierà o smantellerà gli stereotipi e i ruoli della divisione sessuale del lavoro, dipenderà molto da se verrà applicata in maniera trasversale a tutte le politiche e le misure attuate per superarla una prospettiva di genere, una visione femminista.