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Cosa dicono le due proposte di raccomandazione che la Commissione europea vuole sottoporre al Consiglio europeo su assistenza all'infanzia e long term care, i punti principali in una scheda 

Due raccomandazioni
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Foto:Unsplash/Shona Corsten

Al centro della Strategia per l'assistenza presentata di recente dalla Commissione europea, c’è la proposta di due raccomandazioni da sottoporre alla approvazione del Consiglio sulla revisione degli obiettivi di Barcellona rispetto ai servizi di educazione e cura per la prima infanzia e sull’accesso all’assistenza a lungo termine che forniscono il quadro di riferimento per riforme a livello nazionale. Ecco cosa dicono le due proposte di raccomandazione.

Proposta per la cura all'infanzia

La proposta di una Raccomandazione del Consiglio sulla revisione degli obiettivi di Barcellona in materia di educazione e cura della prima infanzia, facendo seguito a quanto già previsto nella European Child Guarantee nel quadro dello Spazio europeo dell’istruzione, stabilisce che gli stati, in base ai modelli prevalenti a livello nazionale, dovrebbero garantire che entro il 2030 almeno il 50% dei bambini al di sotto dei 3 anni e almeno il 96% dei bambini tra i 3 anni e l’età di inizio della scuola primaria obbligatoria dispongano di quei servizi.[1] 

Nella media europea gli obiettivi di Barcellona sono stati raggiunti, ma parecchi stati, tra cui l’Italia, sono tuttora lontani dal raggiungerli, specie per quanto riguarda il numero dei posti negli asili nido e la loro disponibilità per i bambini degli ambienti sociali più svantaggiati. Nell’UE, nel 2019, approssimativamente il 27% dei bambini di età 0-2 anni a rischio povertà o esclusione sociale frequentava il nido con un tasso di partecipazione molto inferiore a quello della partecipazione dell’insieme dei bambini di quella età (35%).

In questo, esistono grandi differenze tra gli stati membri: sette hanno introdotto un diritto legale a usufruire dei servizi per i bambini di età 6-18 mesi, mentre per i bambini dai tre anni fino all’inizio dell’obbligo esiste in 13 paesi il diritto legale ad un posto di asilo che, quindi, deve essere garantito a ciascun bambino i cui genitori lo richiedano; in alcuni stati è poi obbligatoria la frequenza specie nell’ultimo anno prima della scuola dell’obbligo. 

La raccomandazione propone una convergenza verso l’alto tra gli stati e non si limita a rivedere gli obiettivi quantitativi in quanto, oltre alla disponibilità e alla sostenibilità dei costi, raccomanda garanzie di qualità, in un approccio olistico che non solo faciliti la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, ma innanzi tutto promuova lo sviluppo fisico, emotivo, cognitivo e sociale di bambine e bambini specie di quelli più vulnerabili o svantaggiati. Riguarda quindi il fatto di evitare ogni tipo di discriminazione eliminando il gap nella presenza nei servizi dei bambini con disabilità e a rischio povertà, se necessario garantendo loro anche l’accesso gratuito. Invita tutti gli stati a introdurre un diritto legale ai servizi per la prima infanzia, tenendo conto anche della disponibilità, durata e accessibilità dei congedi di maternità paternità e parentali, in modo da evitare intervalli di tempo troppo lunghi tra la fine dei congedi e l’inizio degli stessi.

La raccomandazione chiede pure di stabilire un orario dei servizi sufficientemente lungo da permettere ai genitori di lavorare, suggerendo una durata settimanale di almeno 25 ore per i bambini con meno di 3 anni e di almeno 35 a partire dai 3 anni, oltre che orari di doposcuola che possano offrire ulteriore sostegno scolastico ai bambini con disabilità, figli di immigrati e/o appartenenti a contesti svantaggiati. Ribadendo che la qualità dei servizi è elemento fondamentale anche per aumentare la fiducia e l’apprezzamento dei genitori e, dunque, la loro fruizione, raccomanda di assicurare un adeguato rapporto tra il personale e il numero di bambini, particolarmente nel caso di bambini con disabilità, e di garantire alti livelli di professionalità, formazione continua e valorizzazione delle competenze del personale.

Proposta per l'assistenza di lungo termine

Più innovativa è la Proposta di Raccomandazione del Consiglio sull'accesso all’assistenza di lungo termine, di alta qualità e a prezzi accessibili in quanto si tratta della prima iniziativa legislativa sul tema.[2] Come si è visto, in media negli stati membri la disponibilità di servizi di assistenza a lungo termine è limitata anche perché i prezzi non sono accessibili per tutti e la qualità è spesso scadente.

Quando esiste una possibilità di scelta questa è principalmente tra assistenza informale e strutture residenziali (riservate in genere a necessità particolarmente gravi o ai meno abbienti), dal momento che l’offerta di assistenza a lungo termine a domicilio e community-based è scarsa. Si stima che nel 2019 il valore dell’assistenza fornita in modo informale da famigliari e parenti si aggirasse attorno all’equivalente del 2,5% del Pil dell’Ue, mentre la spesa pubblica per l’assistenza di lungo termine ammontava solo all’ 1,7%, con grandi differenze tra i paesi che vanno da una spesa  inferiore all’1% del Pil a una superiore al 3%.

Le differenze tra gli stati sono marcate anche rispetto alle modalità di fornitura dei servizi e alla loro maturità. In molti Stati l’assistenza a lungo termine è organizzata in modo complesso tra sistemi sanitari, assistenza sociale e altri tipologie di sostegno, con il risultato che è spesso frammentata. In media risulta insufficiente l’integrazione tra assistenza informale, domiciliare, di comunità e residenziale, e anche tra quella fornita a livello nazionale o locale. Per non parlare della scarsa disponibilità e delle difficoltà di accedervi nelle aree rurali e poco popolate.

Per contribuire a superare queste deficienze strutturali la Commissione aveva tempo fa lanciato una consultazione a livello europeo alle cui risposte si ispira anche questa proposta di Raccomandazione che raccoglie in parte gli specifici suggerimenti della Rete europea per l'invecchiamento e dell’Age Platform Europe. La proposta delinea un insieme comprensivo di riforme e una guida agli investimenti per un'assistenza a lungo termine e altri tipi di misure di sostegno che mirano all’empowerment delle persone anziane e disabili, garantendo loro il diritto alla libertà di scelta e a uno standard di vita dignitoso che ne salvaguardi l’autonomia evitando ogni forma di segregazione. Data la complessità dei molti aspetti dell’assistenza la proposta non pone obiettivi quantitativi da raggiungere, ma insiste sull’assicurare la disponibilità di servizi a prezzi accessibili per tutti e sui livelli di qualità che pongano al centro tutto l’insieme dei bisogni della persona.

Gli stati dovrebbero offrire un mix equilibrato ed integrato, anche con il sistema sanitario, di servizi di assistenza domiciliare, di comunità e residenziale, assicurandone tempestività, continuità e accessibilità pure per i disabili, colmandone lacune territoriali e implementando soluzioni digitali di telecare e robotica.

Per quanto riguarda le persone che forniscono assistenza si raccomanda di prendere in considerazione sia le situazioni delle professioniste e dei professionisti del settore che quelle degli informal carers, famigliari e parenti il cui contributo sociale dovrebbe essere valorizzato, assicurando loro sostegno economico e psicologico contro sovraccarico lavorativo, stress, burnout e promuovendo l’equa condivisione delle responsabilità per ridurre il gender care gap.

La crisi del Covid ha gettato una luce drammatica sulle condizioni di lavoro nel settore spesso illegali, in specie quelle delle lavoratrici nell’assistenza domiciliare e delle badanti nella stragrande maggioranza immigrate.

Anche in conseguenza di queste condizioni lavorative, si registra nei paesi europei, dove più dove meno, carenza di personale, in particolare di personale con le professionalità adeguate. Solo per mantenere i livelli attuali di assistenza si stima che per il 2050 l’occupazione nel settore dovrebbe aumentare di più di 1 milione e 600.000 lavoratori, con un correlato aumento della spesa pubblica valutato attorno al 2,5% del Pil dell’Ue. Si tratta quindi di aumentare l’occupazione creando posti di lavoro qualificati, assicurando standard professionali elevati, sviluppando opportunità di training, riqualificazione e formazione continua anche utilizzando le possibilità offerte dal programma EU4Health.

Per migliorare condizioni di lavoro e salari si raccomanda agli stati di realizzare una più efficace implementazione, anche in questo settore, dell’acquis comunitario relativo alla legislazione del lavoro, di promuovere la contrattazione collettiva nazionale nel settore, di garantire diritti, tutele assicurative e previdenziali per la miriade di lavoratori atipici che abbondano in particolare nell’assistenza domiciliare e nel campo delle piattaforme digitali.

Ultimo ma non meno importante, si raccomanda di garantire migliori standard di salute e sicurezza sul lavoro prevenendo i rischi di violenza fisica, verbale e psicologica e di molestie sessuali a cui sono regolarmente esposte badanti e lavoratrici nell’assistenza domiciliare. In questo senso, gli Stati sono invitati anche a ratificare e a implementare in modo appropriato nel settore dell’assistenza sia le disposizioni della Convenzione dell‘ILO190/2019 sulla violenza e le molestie sul lavoro che quelle della Convenzione ILO189/2011 sulle garanzie dei diritti fondamentali e gli standard di protezione sociale per i lavoratori domestici.[3]

In particolare la proposta di raccomandazione invita gli stati a regolare le situazioni di maggiore vulnerabilità quali quelle di domestiche e badanti immigrate da paesi non Ue. A questo scopo la Commissione si impegna a lanciare per la fine del 2022, uno studio per mappare su scala europea le condizioni di ammissione e i diritti dei lavoratori nell’assistenza provenienti da paesi non Ue.

La Commissione intende inoltre esplorare le possibilità per aprire canali di immigrazione legale per questi lavoratori e lavoratrici nonché la fattibilità e il potenziale valore aggiunto di politiche europee per attrarre da paesi non Ue lavoratori con adeguata qualificazione, sulla base dell’esistenza nei paesi membri della domanda delle loro competenze, secondo quanto già stabilito per altri settori nell’iniziativa Attracting Skills and Talent in the EU. Questa proposta formalizzerebbe a livello Ue la diffusa prassi, eticamente discutibile, di privilegiare nel settore dell’assistenza ingressi legali di migranti in base al bisogno di competenze specifiche nei paesi d’accoglienza, come ben esemplificato dal caso italiano con le varie sanatorie che hanno favorito in particolare la regolarizzazione di badanti e lavoratrici domestiche immigrate.

Note

[1] Proposta di Raccomandazione del Consiglio relativa alla revisione degli obiettivi di Barcellona in materia di educazione e cura della prima infanzia, Brussels, 7.9.2022 COM(2022) 442 final. Obiettivi fissati nel 2002 nel Consiglio di Barcellona: per il 2010 il 33% dei bambini al di sotto dei 3 anni avrebbero dovuto disporre di un posto in asilo nido e il 90% dei bambini dai 3 anni fino all’ingresso nella scuola dell’obbligo avrebbero dovuto disporre di un posto nella scuola materna. Council Recommendation (EU) 2021/1004 of 14 June 2021 establishing a European Child Guarantee, OJ L 223, 22.6.2021, p. 14-23.

[2] Proposta di Raccomandazione del Consiglio relativa all'accesso a un'assistenza a lungo termine di alta qualità e a prezzi accessibili.  Bruxelles, 7.9.2022 COM(2022) 441 final 2022/0264 (NLE)

[3] Dal 2011 solo otto Stati membri hanno ratificato la Convenzione.

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