Governatori e sindaci che si apprestano a fare le nuove giunte sono avvisati: per rispettare la parità non basta una donna, ma serve almeno il 40%. Lo ha stabilito il Tar del Lazio, bocciando la giunta di Civitavecchia. Una sentenza importante, destinata a fare scuola, a partire dalle prossime giunte. Anche regionali
Il 21 gennaio 2013 è stata depositata una sentenza del Tar Lazio (1) che segna un enorme passo avanti verso il pieno riconoscimento della parità di genere nei governi degli enti locali e, più in generale, verso la democrazia paritaria.
La sentenza ha accolto il ricorso presentato dall’Ande Roma (Associazione nazionale donne elettrici), per l’annullamento della delibera di nomina della giunta del comune di Civitavecchia, che vedeva la presenza, oltre al sindaco, di una sola donna su sette assessori.
Una sola donna in giunta dunque non basta a garantire il rispetto del principio di pari opportunità. Il Tar Lazio lo afferma a chiare lettere, spingendosi oltre: “l’effettività della parità non può che essere individuata nella garanzia del rispetto di una soglia quanto più approssimata alla pari rappresentanza dei generi, da indicarsi dunque nel 40% di persone del sesso sotto-rappresentato.”
Vale la pena ripercorrere brevemente l’iter argomentativo seguito dalla sentenza, che riprende principi già enunciati dalla giurisprudenza costituzionale ed amministrativa. Essa muove innanzittutto dal riconoscimento che l’art. 51 della Costituzione, che sancisce la parità di accesso di donne e uomini alle cariche pubbliche, costituisce una norma cogente e immediatamente vincolante.
La parità di accesso alle cariche pubbliche costituisce inoltre “immediato svolgimento del principio di uguaglianza sostanziale di cui all'art. 3 della Costituzione, non solo nella sua accezione negativa (come divieto di azioni discriminatorie fondate sul sesso), ma anche positiva, impegnando le Istituzioni alla rimozione degli ostacoli che di fatto impediscono la piena partecipazione di uomini e donne alla vita sociale, istituzionale e politica del Paese.”
Essa si ricollega altresì, in chiave strumentale, al principio costituzionale di buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa (art. 97 Cost.): “la rappresentanza di entrambi i generi nella compagine degli organi amministrativi, specie se di vertice e di spiccata caratterizzazione politica, garantisce l'acquisizione al modus operandi dell'ente, e quindi alla sua concreta azione amministrativa, di tutto quel patrimonio, umano, culturale, sociale, di sensibilità e di professionalità, che assume una articolata e diversificata dimensione in ragione proprio della diversità del genere.” Ne deriva che “il nostro ordinamento pone il riequilibrio fra donne e uomini in generale e il principio della c.d. parità democratica nella rappresentanza, in particolare, come valori fondanti del nostro sistema ordinamentale.”
La sentenza interviene inoltre dopo la recente entrata in vigore della legge sul riequilibrio delle rappresentanze di genere negli enti territoriali (legge n. 215/2012), sgombrando il campo da possibili interpretazioni restrittive cui proprio le disposizioni sulla composizione delle giunte sembravano potersi prestare ed accogliendo un’interpretazione costituzionalmente orientata (in proposito rinvio al mio commento alla legge). La nuova legge – afferma il Tar Lazio – “lungi dall’essere interpretata … come introduzione di un principio nuovo – non può che essere letta come interpretazione del principio di parità democratica nella rappresentanza già immanente nell’ordinamento interno.”
Dunque, dopo un’approfondita ricostruzione dei principi europei ed internazionali in tema di parità di genere e di non discriminazione, la conclusione del Tar Lazio è netta: 40% di donne nelle giunte, anche a prescindere da specifiche disposizioni degli statuti (2). La sentenza richiama in proposito la proposta di direttiva europea Reding, che indica proprio quella percentuale per la composizione dei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa.
Ma cerchiamo di andare oltre e valutare le conseguenze che la pronuncia del Tar Lazio, se confermata dalla giurisprudenza successiva, potrebbe comportare, provando ad applicare i principi enunciati anche al di fuori del ristretto ambito delle giunte comunali. Innanzitutto il vincolo del 40% risulta applicabile alle giunte provinciali (organi peraltro in via di soppressione) ed alle giunte circoscrizionali, che sono regolate dalla stessa disciplina delle giunte comunali.
Ma non sembrano esservi motivi per non estenderlo anche alle giunte regionali. Pur essendo la materia rimessa alle regioni, queste ultime sarebbero comunque tenute ad applicare i principi costituzionali di democrazia paritaria chiaramente enunciati dal Tar Lazio.
Ancora: la nuova legge sul riequilibrio delle rappresentanze di genere negli enti locali riguarda non solo le giunte ma tutti gli organi collegiali non elettivi di comuni e province, nonché gli enti, aziende ed istituzioni da essi dipendenti. Anche a questi organi dunque può essere riferita la garanzia di presenza del 40% del sesso sotto-rappresentato, tanto più che il principio della parità di accesso alle cariche pubbliche è inteso come strumentale all’attuazione del principio costituzionale di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione. Proprio il nesso strumentale con quest’ultimo principio costituzionale potrebbe deporre nel senso dell’estensione del vincolo del 40% più in generale a tutti gli organi collegiali delle pubbliche amministrazioni.
Infine, dulcis in fundo, il governo nazionale, che è composto – non dimentichiamolo – da minisitri, viceministri e sottosegretari. Esiste al riguardo un dato di diritto positivo: una norma di legge, contenuta in una legge finanziaria (sic!), prevede espressamente che la composizione del governo deve essere coerente con il principio di pari opportunità sancito dall’art. 51 della Costituzione (3).
Ma l’articolo 51 – ci insegna il Tar Lazio – è una norma cogente, che costituisce diretto svolgimento del principio di uguaglianza sostanziale ed impone “la garanzia del rispetto di una soglia quanto più approssimata alla pari rappresentanza dei generi, da indicarsi … nel 40%.”
Il futuro presidente del consiglio – chiunque (e quando) sarà - non potrà non tenerne conto.
Note
(2) Lo statuto del comune di Civitavecchia prevede norme di carattere generale sul principio di pari opportunità non specificamente riferite agli organi politici.
(3) Art. 1, comma 376, Legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Legge finanziaria 2008).