Politiche

Brava, competente, preparata, Janet Yellen ha tutte le carte in regola per presiedere la Federal Reserve. Ma è una donna, e l'argomento del genere irrompe nel dibattito sulla politica monetaria. "Colomba", inadatta, manca di "gravitas", per i suoi detrattori. Guarda caso, tutti vicini agli interessi grossi della finanza. Ecco cosa nasconde lo scontro sul sesso della Fed

Il sesso della Fed
e l'arte del banchiere centrale

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Janet Yellen

“È strano come l’argomento del genere non sia mai spuntato fuori in occasione della nomina di Bernanke. O di Greenspan. O di Volker”, ha osservato sarcastico Ezra Klein sul Washington Post.

La guerra per la successione a Ben Bernanke, attuale presidente della Federal Reserve, scoppiata nell’estate americana, si è presentata, all’inizio, con i toni di una questione di genere. Nelle argomentazioni dei sostenitori delle due parti – da un lato Larry Summers, discusso presidente dell’Università di Harvard (1), segretario del tesoro nell’amministrazione Clinton e ascoltato consigliere economico di diversi presidenti, da Clinton a Obama, dall’altro Janet Yellen (2), studiosa altrettanto brillante, una carriera nella Fed, di cui è attualmente vice-presidente - si sono sprecati tutti gli stereotipi di genere. Geniale, aggressivo, carismatico, l’uomo per le “circostanze eccezionali”, Summers; affidabile, conciliatrice, riflessiva, perfetta per tempi normali (3), ma, come è stato osservato, priva di “gravitas”, Yellen.

Questo dibattito rimanda non solo agli stereotipi sulle differenze di genere nel comportamento e nelle motivazioni, per esempio nell’avversione al rischio, ma anche all’idea dominante sul funzionamento dei mercati finanziari, guidati da ricerca dell'interesse individuale e propensione al rischio. Questa rappresentazione dei mercati distorce quello che pensiamo che si possa chiedere alle istituzioni e ai padroni della finanza (di entrambi i sessi) e contribuisce a rafforzare l’idea di un capitalismo “muscoloso” (cowboy capitalism) (4). E dunque delle caratteristiche “tipicamente maschili” associate alla leadership, tanto più nel caso del guardiano del Sancta sanctorum della finanza.

E tuttavia non mancano gli esempi di donne che esibiscono un comportamento “maschile”, nella finanza, nell’economia, nella politica. E’ forse più fruttuoso dunque cercare le ragioni del comportamento delle donne nella finanza, non nella biologia o nella diversa attitudine al rischio in quanto donna, ma in quanto “outsider”. E certamente Yellen è un'outsider, rispetto al ristretto club che ha governato la politica economica statunitense negli ultimi anni: un club caratterizzato, oltre che da una certa linea di pensiero e dalla vicinanza agli interessi di Wall street, anche dall'essere composto di soli maschi. Si veda l'efficace descrizione che ne hanno fatto, sul New York Times, Benyamin Appelbaum e Annie Lowrey. La prospettiva di un outsider mostra che quelli che sono considerati come leggi “naturali” e valori universali sono in realtà costruiti. Così è per la finanza, che destra e sinistra vedono governata da speculazione e desiderio di profitto, concorrenza e mercato, gli uni per osannarne il funzionamento (la  mano invisibile) gli altri per condannarlo. E dunque l’atteggiamento responsabile delle donne va bene “in tempi normali” o per “riparare i cocci”.

Vista da questa prospettiva, la contesa che contrappone i sostenitori dei due contendenti  fa affiorare, al di sotto della questione di genere, una questione, più concreta, di interessi economici.  Lo scontro non riguarda tanto la politica monetaria che la Fed dovrà adottare – tema sul quale i due contendenti non sembrano differenziarsi in modo sostanziale, se non forse per una nota di scetticismo di Summers sulla sua efficacia -  bensì quello della regolamentazione finanziaria. Il presidente della Fed è al vertice del potere di regolamentazione, ed è questo che ha spinto un terzo dei senatori democratici a firmare una lettera in favore di Yellen. Come è stato acutamente osservato, più  che una lettera pro-Yellen era un appello contro Summers, cui viene rinfacciata la deregolamentazione finanziaria degli anni 1990 (nella quale, come Segretario al Tesoro con Clinton, ha avuto un ruolo propulsivo e decisivo, con lo smantellamento del Glass Steagall Act e la fine della separazione tra banche commerciali e di investimento); l’opposizione alla regolamentazione degli strumenti derivati negli anni 90 e all’attuazione della “Volcker rule” (5) nel 2010, nonché una eccessiva vicinanza al mondo della finanza, in particolare al colosso Citigroup, di cui è consulente dal 2012. La sua predisposizione alla de-regolamentazione e gli stretti legami con Wall Street mal si conciliano con l’incarico alla presidenza di una istituzione che dovrà sovrintendere l’attuazione dei nuove provvedimenti di regolamentazione previsti dalla riforma del sistema finanziario (il Dodd-Frank financial reform bill) (6).

Ma, almeno in questo, Summers non è stato certamente né il primo, né il solo: il suo principale sponsor, Mr. Rubin, alla fine del suo mandato come ministro del tesoro, guadagnò più di 100 milioni di dollari in virtù della sua collaborazione con Citigroup. Come ha ricordato Richard W. Painter, ex capo dello staff legale del presidente George W. Bush, “abbiamo già avuto due segretari al Tesoro – dunque con compiti da regolatore – che sono stati ai vertici della Goldman Sachs: noi (i repubblicani, ndr) abbiamo avuto Hank Paulson, Clinton ha avuto Rubin”. Dunque, Painter – in compagnia di molti altri – non vede nella scarsa indipendenza di Summers dalla finanza privata un ostacolo alla sua nomina. Ma il disinvolto uso delle porte girevoli tra grandi incarichi pubblici e privati, fatto da Summers come da molti altri, oltre a risultare particolarmente pericoloso in una fase nella quale la Fed dovrà mettere in atto la riforma finanziaria, mostra una volta di più come funzioni e operi il “club degli old boys”.

Per tutti questi motivi, la disputa estiva sulla successione alla Fed è di grande rilevanza, anche per noi. Da un lato, ha fatto venire allo scoperto argomenti più o meno velatamente sessisti – che hanno trovato però degli anticorpi, almeno in una parte dell'opinione pubblica americana (sarebbe successo lo stesso anche da noi?, è il caso di chiedersi). Dall'altro, sta mostrando che la posta in gioco è nel merito della stessa politica della Fed, in particolare nel ganglio cruciale dei rapporti tra regole e mercato, politica e finanza. In tutto ciò la questione di genere non è solo un pretesto o una copertura, ma gioca un ruolo importante. E' un fatto che, nel loro sfondare il tetto di cristallo ai vertici della politica monetaria ed economica americana, le donne siano venute spesso a trovare spesso dalla parte dell'innovazione politica, e abbiano fatto storcere il naso ai potentati della finanza de-regolata. Forse perché il ruolo di outsider aiuta; o perché non si sfonda il tetto se non si cambia anche un po' l'edificio.

Note

(1) Nel 2005, quando era presidente di Harvard, creò sconcerto una sua dichiarazione sulla diversa disponibilità attitudinale delle donne verso la scienza rispetto agli uomini, quale spiegazione della minore presenza femminile fra i professori nelle discipline scientifiche. 

(2) Janet Yellen ha presieduto il Council of Economic Advisers per due anni nell’era di Clinton, è stata presidente della Federal Reserve Bank di San Francisco per 6 anni, è vice presidente della Federal Reserve dal 2010.

(3) “Spesso è la persona più perspicace presente nella stanza, ma non sembra che senta il bisogno di farlo n notare, ha scritto di lei Bradford de Long, manifestando il suo endorsement per Summers sul Financial Times: “Se questi fossero tempi normali, la mia scelta sarebbe caduta senza dubbio su Yellen. Ma questi – ha aggiunto – non sono tempi normali”.

(4)  Julie A. Nelson, Would Women Leaders Have Prevented the Global        Financial Crisis? Implications for Teaching about Gender, Behavior, and Economics, INET 2012.

(5) La "Volcker rule" ha l'obiettivo di limitare l’attività speculativa delle banche, vietando l’uso dei depositi per condurre operazioni finanziarie in proprio

(6) Si tratta della proposta tesa a limitare l'attività speculativa delle banche, vietando l'uso dei depositi per condurre operazioni finanziarie in proprio.

 

Nelle foto Janet Yellen e Larry Summers