La presenza femminile nei cda di aziende quotate è aumentata grazie alla legge. Ma gli effetti positivi non si fermano ai numeri: i vertici risultano ringiovaniti (anche per la componente maschile), è aumentato il livello di istruzione, sono diminuiti i membri legati da rapporti di parentela e sono calate le posizioni multiple. Smentendo molte critiche preventive. Una ricerca fornisce tutti i dati
Le donne sotto sottorappresentate nei processi decisionali economici. Questo fenomeno, come è noto, è diffuso in tutta Europa. Ma se consideriamo i consigli di amministrazione di società quotate, tempio del potere maschile, la situazione sta cambiando, almeno in Italia. Questo grazie alla legge 120/2011, cosiddetta Golfo-Mosca, che impone quote di rappresentanza di genere nei consigli di amministrazione e collegi sindacali delle società quotate e a controllo pubblico. La quota, di natura temporanea, è fissata al 20% per il primo rinnovo e al 33% per il secondo e terzo. Come risulta chiaro dalla figura 1, la percentuale di donne nei consigli di amministrazione delle società quotate è passata rapidamente da valori al di sotto del 7% nel 2012, all’attuale valore vicino al 22%, calcolato al 30 giugno 2014. Un balzo in avanti rivoluzionario per le donne nei luoghi decisionali. Ma non si tratta solo una rivoluzione numerica. La legge, come è già stato sottolineato, rappresenta anche un’occasione di cambiamento radicale per la governance italiana.
Il progetto “Women mean business and economic growth”, svolto dal Centro Dondena dell’università Bocconi in partnership con il dipartimento Pari opportunità della Presidenza del consiglio dei ministri, finanziato dalla Commissione europea nell’ambito dei progetti Progress, si propone di andare a fondo nell’analisi dei cambiamenti conseguenti alla legge 120/2011.
Figura 1 - Percentuale di donne nei cda di società quotate
Nella prima parte del progetto, focalizzata sui cambiamenti nella composizione dei consigli di amministrazione delle società quotate, costruiamo un nuovo database che raccoglie le informazioni da circa 3.170 curriculum vitae dei consiglieri e sindaci, uomini e donne, delle società quotate italiane al giugno 2013. La legge è stata approvata a luglio 2011, con applicazione da agosto 2012. Prendendo come riferimento il 30 giugno 2013, questo ci permette di identificare tre gruppi di società: quelle che non hanno rinnovato il consiglio dopo l’approvazione della legge (e quindi hanno avuto l’ultimo rinnovo prima di agosto 2011), quelle che hanno rinnovato il consiglio quando la legge era stato approvata ma non ancora in vigore (e quindi tra agosto 2011 e agosto 2012) e quelle che hanno rinnovato il consiglio dopo agosto 2012, e cioè quando la legge era in vigore. La figura 2 mostra che tra le società quotate che hanno rinnovato i propri consigli di amministrazione dopo l’emanazione della legge sulle quote di genere, la presenza femminile è sensibilmente aumentata: la quota di donne è passata dal 12,6% tra le società con consigli rinnovati prima della riforma, a circa un quarto nei consigli rinnovati dopo la riforma, superando i limiti minimi imposti dalla legge per il primo rinnovo (20%). Nella fase intermedia tra agosto 2011 e agosto 2012 la percentuale di donne è già salita a circa il 15%. Un’evoluzione simile, con percentuali leggermente superiori, si è verificata per i collegi sindacali.
Figura 2 - Presenza femminile nei cda prima e dopo la legge
Andando oltre l’aspetto numerico, la nostra analisi sui curricula mostra che l’ingresso nei consigli di una crescente quota di donne ha avuto effetti positivi sulla “qualità” generale di tutti i membri. Da una parte si osserva un ringiovanimento dei vertici, con una riduzione dell’età media di un anno sia tra le donne che tra gli uomini; dall’altra si nota un aumento del livello di istruzione, con 9 membri su 10 in possesso di una laurea. Nei consigli rinnovati dopo la riforma, le donne infatti risultano in media più istruite degli uomini e una su cinque ha ottenuto anche un master o un dottorato di ricerca.
Dopo l’introduzione delle quote di genere si è anche osservato un calo delle posizioni multiple. Sono meno i componenti in carica in più di un consiglio. Questa diminuzione è avvenuta in particolare tra le donne (dal 25,4% al 18,6%), segnalando un incremento in termini assoluti, oltre che relativi, del numero di professioniste scelte per ricoprire tali incarichi. In altri termini, non si è verificato il temuto fenomeno delle “golden skirts” norvegesi.
Infine, la nostra analisi evidenzia una riduzione dei membri legati da rapporti di parentela con altri componenti del consiglio, in particolare tra le donne. Queste costituiscono infatti solo il 7,9% delle donne appartenenti ai consigli rinnovati dopo la riforma, contro il 16,2% osservato in quelli non ancora rinnovati. Sempre più spesso dunque, la scelta dei vertici delle società quotate avviene al di fuori della cerchia familiare.
Per la prima volta il nostro Paese, grazie alla legge 120/2011, sta sperimentando cambiamenti radicali nelle caratteristiche dei componenti dei consigli di amministrazione delle società quotate. Le quote di genere sembrano portare non solo all’auspicato aumento della rappresentanza femminile nei luoghi decisionali, ma anche ad un rinnovamento benefico per tutti.