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Cosa prevede Next generation EU, il recovery fund predisposto dalla Commissione europea per sostenere i paesi più colpiti dalla crisi. La scheda

Next generation, cosa
prevede il recovery fund

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Foto: Unsplash/ visuals

All’alba del 21 luglio, dopo quattro lunghi giorni di trattative, i leader dei 27 paesi dell’Unione Europea (UE) hanno trovato l’accordo su una decisione senza precedenti. Oltre a rinnovare i fondi per il bilancio dell’Ue per il periodo 2021-2027 (e aumentarlo a più di 1.000 miliardi di euro), per la prima volta la Commissione europea metterà a disposizione dei paesi più colpiti dalla crisi pandemica (Covid19) 750 miliardi di euro, finanziati con l’emissione di Eurobond attraverso la predisposizione di un nuovo strumento, il Recovery fund Next generation EU.[1]

Sfruttando le potenzialità offerte dalle norme legislative che regolano la definizione del bilancio dell’Ue, il 26 maggio la Commissione europea aveva presentato una proposta innovativa per la ripresa dell’Europa, con l’obiettivo di contenere i danni economici e sociali della crisi causati dalla pandemia e, contemporaneamente, affrontare le sfide a lungo termine.

Di fronte a una situazione eccezionale – la più grande recessione dal dopoguerra a oggi, con una caduta del Pil stimata dell’8% nel 2020 l’Europa è riuscita a esibire una risposta che combina elementi di ‘solidarietà’ e di visione del futuro. La solidarietà viene dal fatto che i fondi del pacchetto approvato si prevede vadano a finire in misura maggiore nelle casse dei paesi più colpiti dalla pandemia.[2] La visione del futuro viene dagli obiettivi indicati per l’utilizzo di questi fondi: progetti d'investimento volti al raggiungimento di una economia basata su una crescita più sostenibile, verde e digitale.

L’accordo raggiunto il 21 luglio dai 27 leader si qualifica come un pacchetto che finanzierà riforme strutturali (es. riformare la pubblica amministrazione, semplificazione amministrativa per l’attività imprenditoriale, migliorare il funzionamento della giustizia civile, della sanità e della scuola) e investimenti pubblici in campo digitale, educativo, infrastrutturale ed energetico. Il nuovo strumento, Next generation, mette l’accento su un domani di una crescita in ripresa e più sostenibile.

L’obiettivo del nuovo strumento (attraverso aiuti e prestiti) è fornire un sostegno finanziario su larga scala a riforme e investimenti intrapresi dagli stati membri, con una duplice finalità: i) attenuare gli effetti della pandemia sul contesto sociale ed economico; e ii) rendere le economie dell'Ue più sostenibili, resilienti e preparate per le sfide poste dalle transizioni verde e digitale.

Per accedere allo strumento, i paesi membri devono elaborare dei piani che definiscano i rispettivi programmi di riforma e investimento (per i prossimi quattro anni, fino al 2024). I piani nazionali devono delineare un insieme di riforme e investimenti volti alle transizioni verde e digitale, esplicitando in che modo contribuiscono a rafforzare il potenziale di crescita. Aiuti e i prestiti saranno erogati a rate, subordinatamente al raggiungimento dei target intermedi e finali definiti dagli stati nei rispettivi piani per la ripresa.

In questi giorni, molti commentatori hanno salutato l’accordo raggiunto il 21 luglio a Bruxelles dai 27 leader dell’Ue sulla proposta della Commissione europea per l’istituzione di questo nuovo strumento, il Recovery Fund Next generation EU, all’interno del bilancio Ue per i prossimi sette anni come un importante risultato, che potrebbe ridare slancio all’Europa, come progetto politico e rilancio dell’economia europea.

Sono anche stati evidenziati alcuni ‘peggioramenti’ rispetto alla proposta originaria della commissione, ma la valutazione complessiva è stata vista come molto positiva, sia per il futuro dell’Ue, sia per i problemi specifici dell’Italia. Non sono mancate osservazioni critiche. È stato evidenziato che il documento finale (approvato dal consiglio il 21 luglio 2020) è peggiorativo rispetto alla proposta iniziale della commissione (resa pubblica il 26 maggio), sia sul Recovery Fund, sia sul bilancio europeo. Ad esempio, gli elementi più innovativi proposti originariamente (su ambiente e innovazione digitale) sono stati ridimensionati a favore di politiche più tradizionali. Il supporto di 750 miliardi è composto da 390 miliardi di aiuti (che quindi non si aggiungeranno ai debiti pubblici nazionali) e 360 miliardi di prestiti (che se attivati produrranno maggiore debito pubblico), mentre la proposta iniziale vedeva un mix diverso, più centrato sulla solidarietà (con 500 miliardi di aiuti e 250 miliardi di prestiti).[3] Infine, è del tutto assente la dimensione di genere, come messo in luce dal rapporto di Elisabeth Klatzer e Azzurra RinaldiMa quest’ultima osservazione critica è passata quasi inosservata nel dibattito corrente.

Note

[1] La dimensione del bilancio dell’Ue è pari a circa l’1% del Pil.

[2] L’Italia dovrebbe ricevere circa 209 miliardi di euro, 81 in aiuti e 128 in prestiti.

[3] La nuova proporzione è soprattutto il risultato delle condizioni poste da cinque paesi – Austria, Olanda, Danimarca, Svezia e Finlandia – che volevano limitare il denaro a fondo perduto (gli aiuti). Per ottenere l’accordo dei primi quattro paesi, vi è stato anche un forte aumento dello ‘sconto’ strappato nelle trattative (in termini di riduzione del loro contributo al bilancio dell’Ue).

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