Politiche

L’audizione della ministra Madia porta definitivamente sul tavolo la questione della concilazione. È un passo importante. Bene ricordare che iniziative di sostegno alla genitorialità sono già in atto nel settore pubblico. Il caso del Mini*Mid*Mef e l’idea della “Carta per il rispetto dei tempi di vita”

Passi avanti per la conciliazione
nel pubblico impiego

6 min lettura

C'era una volta il pubblico impiego non privatizzato dove lavoravano ministri e sottosegretari della funzione pubblica. Erano tutti, nessuno escluso, uomini per lo più di estrazione politica moderata; talvolta anche di estrazione geografica centro-meridionale.

Spulciando negli archivi parlamentari relativi a quegli anni, emerge che in due governi Andreotti (IV e V) tra il marzo 1978 e l'agosto 1979, tal Ines Boffardi, (unico esempio di donna con un ruolo di governo nella storia dei governi della Repubblica fino agli anni '90 e fatta eccezione per rari esempi di donne ministre dell'istruzione) venisse nominata sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per i problemi della condizione femminile.

Erano i tempi in cui la "conciliazione" era vocabolo non declinabile al femminile, né riferibile alle tematiche dell'uguaglianza di genere, peraltro costituzionalmente garantita.

Sempre in quegli anni, gran parte delle donne che si confrontava con la possibilità di un impiego pubblico aspirava, nella migliore delle ipotesi, a un posto da impiegata (per essere precisi da segretaria); raramente intraprendeva una carriera da funzionario e solo in casi estremi e sempre che la legge lo permettesse (si vedano le leggi che hanno consentito l'accesso delle donne alla carriera magistratuale e alla carriera diplomatica nei tardi anni '60), da dirigente, rigorosamente attraverso concorso.

Di certo nessuno in quegli anni si sarebbe sognato che un ministro della Repubblica, nel presentare al Parlamento le dichiarazioni programmatiche relative al proprio mandato di governo, includesse, elencandola tra i sei punti "core" delle stesse linee programmatiche dell'azione governativa, la "Conciliazione dei tempi di vita e pari opportunità nei ruoli di vertice", opportunamente declinata nelle seguenti azioni positive: flessibilizzazione del part-time nel pubblico impiego; regolamentazione dei tempi di inizio e termine delle riunioni di lavoro; incentivazione di servizi di work-life aziendali; rispetto dell'equilibrio di genere nell'affidamento degli incarichi.

E invece è accaduto: l'ha detto una ministra della Repubblica, in Parlamento, in Italia (1).

Per concentrarmi su alcuni degli interventi specificamente indicati tra le azioni da intraprendere -in particolare l'incentivazione di servizi di conciliazione (nidi aziendali ecc.) e al rispetto dei tempi di vita attraverso la regolamentazione degli orari delle riunioni - non posso che partire dalla mia esperienza personale e professionale di pubblico dipendente, donna, madre di tre figlie, che soprattutto nei primi quindici anni di vita professionale, si è trovata a fare o a non fare importanti scelte di lavoro condizionate da necessità di vita familiare. E dal fatto che sono oggi responsabile della gestione di risorse umane e dell'attuazione di politiche di benessere organizzativo in un contesto aziendale ministeriale di circa diecimila persone, in tempi di tagli lineari ai capitoli di bilancio, di mancati rinnovi contrattuali e della ormai stra-sbandierata "spending review".

È negli ultimi anni che, grazie all'esperienza di tutti i giorni e insieme ad altri colleghi responsabili delle risorse umane, abbiamo cominciato a percepire la necessità di prestare attenzione sempre crescente al perseguimento di politiche sociali volte a migliorare il benessere del personale attraverso interventi che incidessero favorevolmente non solo sulla sfera lavorativa individuale, ma anche sull'intero microcosmo ministeriale.

Abbiamo così iniziato a sperimentare iniziative di sostegno alla genitorialità che, a differenza di quanto già previsto dalla normativa e dai contratti in essere e un po' innovando rispetto alla prassi dei permessi, congedi e assenze (utilizzate ampiamente nel pubblico impiego), facessero leva sui bisogni della donna o comunque del genitore-lavoratore. Genitore che, pur se ben inserito e desideroso di continuare a dispiegare pienamente le proprie energie professionali, scontava il disagio dovuto a un contesto di servizi educativi e sociali del tutto disallineati rispetto alle proprie esigenze. 

È nato in questo modo e da queste premesse, nel 2011, il "Mini*Midi*Mef" (MMM), servizio di custodia e d’intrattenimento rivolto ai figli dei dipendenti dai quattro ai dodici anni di età, attivo, di norma, durante i periodi d'interruzione delle attività scolastiche. Servizio che nel 2013 è valso all'Italia un riconoscimento internazionale nella categoria della promozione dei servizi pubblici "gender responsive". Il progetto, che aveva ottenuto un contributo finanziario dal dipartimento delle pari opportunità, ha poi ottenuto dal Cnr un altro prestigioso riconoscimento: il "Premio nazionale dell'innovazione" edizione 2013.

Il principio che ha ispirato la creazione del Mini*Midi*Mef è l'inclusività, intesa come effettiva rimozione degli ostacoli ad una piena partecipazione ai processi lavorativi, in particolare nell'ambito di una maggiore conciliazione tra la sfera lavorativa e quella familiare. Il servizio ha la caratteristica di permettere il pieno dispiegamento soprattutto del talento femminile attraverso una qualificata modalità di conciliazione vita-lavoro. Il MMM va incontro alle esigenze di vita di una notevole fetta del personale e, offrendo un servizio dal valore economico significativo per le famiglie, aumenta la produttività dell'intera organizzazione, mediante la riduzione dell'assenteismo. Questo contribuisce al miglioramento del clima organizzativo complessivo, dimostrando l'interesse dell'azienda (nel nostro caso una pubblica amministrazione) a farsi carico di parte delle esigenze di integrazione dei tempi di vita e di lavoro, al fine di aumentare sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, il grado di partecipazione/inclusione del dipendente ai processi lavorativi, e all'organizzazione del lavoro nel suo complesso.

Seguendo l'esperienza MMM stiamo per sperimentare la "Carta per il rispetto dei tempi di vita" all'interno della realtà lavorativa, con l'obiettivo, per l'amministrazione, di favorire sempre di più la previsione di modalità lavorative rispettose delle primarie esigenze familiari e della genitorialità, e di accrescere maggiormente il senso di appartenenza dei dipendenti, il loro desiderio di partecipazione attiva ai processi lavorativi, il miglioramento del clima organizzativo e con esso, della performance aziendale.

È questo il motivo per cui l'inclusione tra le linee programmatiche del Ministro della funzione pubblica dell'obiettivo della conciliazione dei tempi di vita e delle pari opportunità ha una valenza strategica ed emblematica: rappresenta una sfida ad innovare e a combattere l'incultura della disuguaglianza di genere anche lì dove la pari opportunità di genere dovrebbe essere un punto di partenza e non di arrivo.

Tutti/e sappiamo che non è così e che, quella dell'equilibrio di genere, è una guerra che si combatte poco alla volta, battaglia dopo battaglia, sconfiggendo luogo comune dopo luogo comune, promuovendo la diffusione delle buone pratiche con strumenti semplici e a basso costo, e soprattutto, attraverso l'educazione a una nuova cultura: quella del rispetto della diversità, anche di genere. Trovo illuminante, a questo proposito, la frase conclusiva del discorso che Malala Yousafzai - la ragazza pachistana ferita dai Talebani perché attivista per i diritti civili e per le sue idee sull'importanza dell'istruzione per le bambine e le donne del suo paese – ha tenuto lo scorso luglio davanti alle Nazioni Unite nel giorno del suo sedicesimo compleanno: "Education is the only solution: education first!". Ecco, l'educazione - nell'accezione di promozione della cultura della conciliazione e della pari opportunità di genere - rappresenta l'elemento cardine delle linee programmatiche della Ministra Madia. Un primo passo è compiuto. Speriamo ne seguano altri.

 

Note

(1) Audizione del Ministro della Funzione Pubblica, Maria Anna Madia, presso le Commissioni riunite I e XI della Camera dei deputati, mercoledì 2 aprile 2014.