Politiche

Nuovi dati, vecchi problemi, politiche migliori: un primo bilancio dal progetto ViVa di Cnr e Irpps nato per monitorare e valutare gli interventi di prevenzione e contrasto alla violenza contro le donne

Violenza, primi dati
dal progetto ViVa

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Foto: Unsplash/averie woodard

La strutturazione del sistema di prevenzione e contrasto alla violenza sulle donne nel nostro paese è stata storicamente influenzata da due fattori. Da un lato l’azione dei movimenti delle donne e femministi, che hanno esercitato pressioni sulle istituzioni per la presa in carico di questo fenomeno, fornendo al contempo una prima risposta attraverso centri antiviolenza e case rifugio, concepiti come motori di trasformazione politica e culturale. Dall’altro l’azione di moral suasion esercitata dalle istituzioni sovranazionali, che ha subito un’accelerazione nel 2011 con la Convenzione di Istanbul, il primo strumento giuridicamente vincolante su questo fronte.

La sua ratifica in Italia è avvenuta con la legge n.77 nel 2013, un anno spartiacque anche per la cosiddetta legge sul femminicidio (legge n.119) che ha introdotto un approccio multilivello e multi-agente e un meccanismo di ripartizione delle risorse nazionali in funzione delle caratteristiche dei sistemi regionali di prevenzione e contrasto al fenomeno. Le criticità di questo sistema sono note da tempo e sono state oggetto di numerosi approfondimenti nell’ambito del progetto ViVa, realizzato in base a un accordo tra Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali (Irpps) e Dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del consiglio dei ministri.

Tra le maggiori criticità, lo stesso meccanismo di finanziamento volto a sostenere i centri antiviolenza e le case rifugio, che spesso lamentano la carenza di fondi, anche a fronte della proliferazione di nuovi presidi, derivante in buona parte dalle misure di riequilibrio dell’offerta territoriale previste per legge.

Non di rado i soggetti promotori dei nuovi centri e case rifugio si sono caratterizzati per mission, esperienze pregresse e metodologie di intervento differenti, al punto che si è rivelato di centrale importanza armonizzare le procedure di accertamento dei requisiti nella selezione dei destinatari dei finanziamenti. A questo scopo nel 2014 è stata definita l’intesa stato-regioni per definire i requisiti minimi dei centri antiviolenza e delle case rifugio, uno strumento soggetto a numerose critiche da parte delle stesse regioni e delle associazioni, al punto che è attualmente in corso un processo di revisione. A rendere più articolato il sistema concorre la diffusione sul territorio nazionale dei programmi di intervento rivolti agli uomini maltrattanti, per i quali non sono stati ancora stabiliti requisiti minimi per l’accesso ai finanziamenti.

Migliorare la conoscenza dei servizi attivi, contribuendo a individuare un insieme di standard qualitativi e quantitativi verso cui dovrebbero tendere, è un obiettivo centrale del progetto ViVa. A questo proposito, uno dei principali risultati è costituito dalla prima mappatura nazionale realizzata sui servizi specializzati nel supporto alle vittime e nell’intervento sui maltrattanti. La mappatura di centro e case rifugio è stata realizzata combinando i risultati delle indagini parallele condotte nel 2018 da Istat e Cnr-Irpps rispettivamente sui presidi già finanziati dalle regioni e quelli che, pur presenti nel database della helpline nazionale (1522), non sono stati oggetto di finanziamento.

Per quanto riguarda nello specifico i centri antiviolenza, è stato costruito un indicatore sintetico per misurare il livello di aderenza ai requisiti minimi previsti dall’intesa stato-regioni: come atteso, tra i centri indagati da Istat si osserva un’aderenza maggiore rispetto a quelli rilevati dal Cnr-Irpps, ma appare degno di nota il fatto che, anche tra i primi, il 40% si caratterizzi per un livello di aderenza basso o medio-basso (70% tra i secondi), fatto che getta un’ombra sul funzionamento dell’intesa e conferma la necessità di procedere a passo spedito verso la sua revisione.

Rispetto ai programmi di intervento per uomini maltrattanti, l’indagine condotta da Cnr-Irpps ne ha fatto emergere l’eterogenea distribuzione territoriale e le principali caratteristiche, evidenziando al contempo alcune aree critiche, tra cui il limitato numero di uomini maltrattanti intercettati e presi in carico, la presenza del 30% di programmi che non effettua la valutazione del rischio e la diffuse difficoltà a collaborare con i centri antiviolenza.

A differenza delle indagini quantitative, che hanno rilevato le caratteristiche strutturali dei servizi, le visite sul campo (attualmente in corso d’analisi) permettono di studiare in profondità le concrete pratiche d’intervento all’interno di centri, case rifugio e programmi per maltrattanti. Partendo dalle dimensioni considerate rilevanti dagli standard europei, l’analisi sta facendo emergere i punti di forza e le criticità degli interventi, come anche le strategie messe in atto per fronteggiare le difficoltà incontrate. Ciò consentirà al gruppo di ricerca di individuare le buone pratiche e, per questa via, un set di possibili standard verso cui l’intero sistema dovrebbe tendere, che saranno oggetto di condivisione con associazioni e decisori politici.

Tra le altre principali criticità del sistema italiano, che il progetto sta contribuendo a colmare, non si possono non citare l’assenza di un efficace sistema di monitoraggio degli interventi realizzati a valere sul fondo del bilancio nazionale (relativamente agli artt. 5 e 5-bis della Legge 119/2013) e la carenza di una cultura valutativa rispetto alle politiche antiviolenza.

Già nel 2016, la corte dei conti rilevava infatti come il piano 2015-2017 si riducesse a un documento di indirizzo senza indicazioni puntuali su soggetti responsabili degli interventi, obiettivi, priorità, tempi di realizzazione, sollecitando un monitoraggio che andasse oltre la dimensione finanziaria. In risposta a questi rilievi, il progetto ViVa ha contribuito alla messa in opera del Piano strategico sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020: mediante schede-obiettivo volte a declinare il documento strategico in indicatori quantificabili, le amministrazioni responsabili degli interventi sono state infatti sollecitate a concretizzarne la programmazione.

Nonostante il ritardo nella sua pubblicazione, avvenuto nel luglio 2019, il piano costituisce un punto di partenza fondamentale in vista del monitoraggio degli interventi di prevenzione e contrasto alla violenza sulle donne. A tal proposito, in risposta ai rilievi della corte dei conti, il Dipartimento Pari opportunità della Presidenza del consiglio aveva già elaborato una scheda finalizzata a rilevare i trasferimenti effettuati alle regioni, che però ha mostrato difficoltà applicative.

A partire dall’analisi delle criticità riscontrate, le ricercatrici e i ricercatori del Cnr-Irpps hanno definito un nuovo modello di monitoraggio, corredato da una serie di raccomandazioni volte a favorirne la corretta implementazione. Nel sistema proposto, il piano strategico è inteso come un insieme strutturato di interventi (progetti o misure) che, a fronte di determinate risorse finanziarie, concorrono a conseguire un risultato atteso.

In quest’ottica, l’unità di rilevazione è quindi rappresentata dal singolo progetto, monitorato già a partire dalle procedure poste in essere dalle amministrazioni per l’attivazione delle risorse, per poi esser sottoposto al monitoraggio fisico e di avanzamento finanziario, corredato da un monitoraggio di contesto. Il modello proposto si caratterizza infine per una struttura a hub, in cui le amministrazioni sono punti di raccolta delle informazioni (rilevate da soggetti attuatori) e responsabili del flusso verso il dipartimento.  

Un adeguato sistema di monitoraggio consentirà in un prossimo futuro di identificare gli interventi che non rispondono alle aspettative, correggendo in questo modo la direzione intrapresa dalle politiche. Al contempo, l’analisi valutativa degli interventi realizzati a valere sul piano 2015-2017 e sul piano 2017-2020, che saranno concluse a metà 2021, permetteranno di disporre di informazioni preziose in vista di una programmazione più razionale dei futuri interventi di prevenzione e contrasto alla violenza sulle donne.

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