Politiche

Con la pandemia è aumentato l'uso degli strumenti digitali e con esso la violenza digitale verso donne e ragazze. Le utenti più vulnerabili ed esposte, soprattutto ad abusi di tipo sessuale, sono le preadolescenti. Come possiamo proteggerle

Preadolescenti alle
prese con il web

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Foto: Unsplash/Alexandr Podvalny

La diffusione dell’uso di Internet e delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione ha aperto nuove strade per la violenza contro donne, ragazze e bambine, che consiste in forme di violenza perpetrate tramite il web e gli strumenti digitali. E c’è una continuità con le forme di violenza più “tradizionali”, secondo l’organizzazione non governativa Women's Aid la violenza digitale è una forma sempre più comune nei casi di violenza domestica.[1]

Violenza digitale, il covid l’ha aumentata esponenzialmente

Così come le altre forme di violenza anche quella digitale durante la pandemia da Covid-19 si è acuita, in questo caso non solo, o non tanto, a causa del lockdown ma per l’aumento dell’uso di Internet e degli strumenti digitali in tutte le sfere del quotidiano (lavoro, scuola, attività sociali). Secondo UN Women, infatti, l’uso di Internet è aumentato del 50-70% dall’inizio della pandemia, e i tassi di violenza digitale contro le donne sono aumentati con esso. 

Le istituzioni europee, che sono la principale fonte di risorse e politiche per il contrasto alla violenza di genere anche a livello nazionale, registrando l’aumento della violenza digitale hanno adottato delle contromisure come, per esempio, la Risoluzione del Parlamento europeo del 2021 su “Lotta alla violenza di genere: violenza online”che propone una serie di azioni accolte – anche se parzialmente – dalla Commissione nella recente Proposta di “Direttiva sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica”.[2] 

Anche GREVIO, il gruppo di esperte ed esperti del Consiglio d’Europa incaricato di monitorare l’attuazione della Convenzione di Istanbul, è intervenuto sul tema con la Raccomandazione Generale numero 1 sulla dimensione digitale della violenza sulle donne, suggerendo azioni di prevenzione finalizzate, tra l’altro, allo sradicamento degli stereotipi di genere e all’adozione comportamenti sani e rispettosi nella sfera digitale, alla sensibilizzazione sulle diverse forme di violenza contro le donne perpetrate nella sfera digitale, all'inclusione dell'alfabetizzazione digitale e della sicurezza online a tutti i livelli di istruzione, alla diffusione di informazioni sui servizi di supporto e alla fornitura di formazione e risorse agli specialisti. 

Le istituzioni hanno quindi codificato e rilevato la “violenza digitale di genere” e adottato le prime misure per contrastarla. Ma andiamo a vedere cosa è e come funziona questo tipo di violenza.

La violenza digitale rappresenta un continuum della violenza di genere tradizionale, considerando la non-neutralità degli ambienti digitali rispetto al genere, che tendono a replicare le dinamiche di potere esistenti nelle interazioni offline. Questo tipo di violenza comprende dunque una vasta gamma di azioni compiute a danno delle donne e perpetrate, da un lato, online (es: attività svolte tramite Internet, tramite gli “Internet intermediaries” come provider, motori di ricerca, social media etc.) e, dall’altro, attraverso l’uso di strumenti tecnologici (pc, smartphone, telecamere, apparecchiature di registrazione, GPS, dispositivi e altri hardware, software o applicazioni mobili). 

Tra le manifestazioni della violenza digitale di genere[3] rientrano il cyberbullismo, il cyberstalking, la pornografia non consensuale (revenge-porn) e la pedopornografia online, oltre a offese e molestie basate sul genere, stigmatizzazione a sfondo sessuale, adescamento online, sorveglianza e pubblicazione online non autorizzata di dati personali sensibili (doxxing).

Violenza digitale, le preadolescenti le più esposte

Il punto di partenza è il dato, estrapolato dallo studio di Chayn Italia sulla violenza digitale, da cui risulta che tra le persone preadolescenti (11-14 anni) ci sia una percezione più alta di violenza digitale che tra giovani di altre fasce di età. E non è una percezione errata, se, stando ai dati raccolti dalla Internet Watch Foundation (UK), sono le ragazze tra gli 11 e i 13 anni le più vulnerabili in rete all’abuso sessuale.

Secondo il rapporto realizzato da Internet Watch Foundation nel 2020, sono 153.350 i materiali di abuso sessuale sui minori intercettati in quasi trecentomila pagine web e 88 canali di chat. La cosa però più allarmante è che molti di questi materiali, quasi la metà, erano prodotti dalle ragazze stesse e nell’80% dei casi da ragazze nella fascia di età 11-13 anni. Questo fenomeno di auto produzione di materiale pedo-pornografico registra negli ultimi tre anni un aumento costante. Secondo il rapporto, molte di queste bambine vengono adescate e minacciate nelle chat dei giochi online o dei social network affinché mandino immagini esplicite. 

Per comprendere quanto i preadolescenti e le preadolescenti siano vulnerabili alla violenza digitale sarebbe interessante avere dati e informazioni sull’uso che fanno di cellulari, pc, internet. Anche qui le informazioni, purtroppo, sono carenti, ma uno studio di Milano Bicocca del 2020 afferma che entro gli 11 anni, l’80% dei bambini e delle bambine possiede uno smartphone, e che l’età per le femmine è anticipata rispetto ai maschi.[4]

Secondo uno studio promosso da Laboratorio Adolescenza e Istituto di Ricerca Iard, risulta inoltre che il 54% degli adolescenti inizia la sua vita in rete tra gli 11 e i 12 anni, e il 12% addirittura prima dei 10 anni.[5] Le cose stanno cambiando velocemente: confrontando i dati con quelli relativi all’edizione 2017 della medesima indagine, si evidenziano una precocizzazione dell'accesso ai social media e una scarsa conoscenza degli strumenti.

È in aumento poi, la percentuale dei giovanissimi che non utilizza alcuno strumento di protezione del proprio profilo, esponendo pubblicamente i propri dati e contatti. Se i social network prevendono un'età minima di accesso, questa è facilmente aggirabile: il 47% dei giovani indica l’età minima per poter accedere, il 20% indica un’età a caso e il 23% indica di essere comunque maggiorenne.

Quindi, in una fase in cui la socialità nella vita reale è normalmente mediata e vigilata da un adulto di riferimento (in famiglia, a scuola, nelle attività sportive, creative, e di gioco), i preadolescenti entrano nei grandi spazi pubblici digitali senza intermediazione e senza sorveglianza, e senza esperienze e strumenti per gestire i pericoli che ne derivano, considerando che il tempo medio di permanenza online tra gli 11 e i 18 anni è di circa quattro ore al giorno. Infine, sempre secondo l’Istituto di Ricerca Iard, la pandemia ha acuito la dipendenza dalle relazioni online e anticipato l’età in cui si entra in possesso del primo smartphone. 

Secondo il prestigioso Pew Research Center, genitori e figli non frequentano le stesse piattaforme o gli stessi strumenti di messaggistica, e i primi sono dunque spesso all’oscuro dei canali usati dai e dalle preadolescenti in autonomia.[6]

Riassumendo, possiamo dire che le preadolescenti possiedono in maggioranza un cellulare privato, nonché profili social senza restrizioni su chi abbia accesso ai loro contenuti e contatti. Sono iperconnesse, trascorrendo moltissimo tempo online senza una supervisione di adulti di riferimento, utilizzando piuttosto strumenti che condividono con i loro pari e che sfuggono alla comprensione della comunità educante. Uno dei risultati è che le preadolescenti sono la fascia della popolazione realmente più esposta alla violenza sessuale digitale.

Autodifesa digitale

L’autodifesa digitale gioca un ruolo chiave nella prevenzione di queste forme di violenza. Tra le prime organizzazioni femministe a lavorare su questo tema c’è Chayn Italia, che nel 2017 ha diffuso in italiano la “Guida alla sicurezza online fai da te per ogni donna”con tecniche per assicurarsi una maggiore protezione.[7] 

È di oggi invece la diffusione della guida pratica messa a punto nell’ambito del progetto europeo DeStalk.

Certo è, che di questo come di educazione sessuale e all’affettività bisognerebbe parlare nelle scuole, non solo per colmare il gap di comprensione tecnologica tra genitori e figli, ma anche e soprattutto per fornire alle bambine e alle ragazze strumenti e pratiche per navigare il web in sicurezza.

Note

[1] Women’s Aid, The domestic abuse report, 2022

[2] Risoluzione del Parlamento europeo del 14 dicembre 2021 recante raccomandazioni alla Commissione sulla lotta alla violenza di genere: violenza online

[3] Per un elenco esaustivo, si veda: Women’s Media Center, “Online Abuse 101”

[4] Gui M., Gerosa T., Vitullo A., Losi L. (2020), L’età dello smartphone. Un’analisi dei predittori sociali dell’età di accesso al primo smartphone personale e delle sue possibili conseguenze nel tempo, Report del Centro di ricerca Benessere Digitale, Università di MilanoBicocca

[5] Laboratorio Adolescenza e Istituto di Ricerca Iard, Adolescenti e stili di vita2019

[6] Pew Research Center, Parenting Children in the Age of Screens (2020)