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Diventare genitori oggi, l'indagine del Censis sulla fertilità

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Un sistema sanitario più orientato alla cura che alla prevenzione e una disparità dell’offerta terapeutica presente sul territorio nazionale sono le caratteristiche principali che emergono dall’indagine Diventare genitori oggi, appena presentata dal Censis e relativa al punto di vista degli specialisti (ginecologi, urologi e andrologi) che accolgono le coppie con problemi di fertilità prima che venga intrapreso il percorso di procreazione medicalmente assistita (PMA). 

“Si tratta della seconda indagine che il Censis ha dedicato al tema, la prima era relativa all’opinione della popolazione, e ce ne sarà una terza, rivolta alle donne, soggetti principalmente chiamati in causa quando si parla di gravidanza” ha spiegato la Fondazione Ibsa che ha finanziato le indagini.  

“Che il nostro Paese viva un problema di bassa natalità è un’opinione che la gran parte dei medici coinvolti nello studio condivide” ha spiegato Concetta Maria Vaccaro, curatrice del rapporto. “Alla base della scarsa propensione ad avere figli sono ricondotte motivazioni principalmente economiche (75,3%). Inoltre, il 75% circa è convinto che la crisi economica scoraggi le coppie che devono ricorrere alla PMA”. 

Ma le motivazioni sono anche culturali e politiche. L'ingresso delle donne nel mercato del lavoro non è stato infatti accompagnato da misure adeguate per la maternità, inoltre la questione dei tempi è cruciale. Le coppie sempre più tendono a pensare ai figli dopo i 35 anni, vale a dire proprio nel periodo in cui la fertilità di uomini e donne si riduce drasticamente, sia per l'invecchiamento dei corpi, che per la comparsa nelle donne di patologie più frequenti in questa età (endometriosi, fibromi, policistosi). A incidere su questo slittamento in avanti è soprattutto il mercato del lavoro precario.

Quando è il caso di preoccuparsi, allora, se i figli non arrivano? Il 50 per cento degli specialisti risponde: tra i 12 e 24 mesi dai primi tentativi di concepimento (il 36% consiglia invece di farlo tra i 6 e i 12 mesi). Ma è evidente che, a livello anagrafico, più tardi si inizia meno sono le possibilità di andare incontro ad esiti positivi. In questo senso, ha ricordato Vaccaro “il ruolo dell’informazione nei confronti di tecniche come la PMA, che non sono onnipotenti, è cruciale. Come ricordano gli esperti, nelle donne il calo della fertilità dopo i 30 anni è del 50% e il tasso massimo di successo della PMS è del 21%”. Più della metà degli specialisti intervistati giudica i propri pazienti effettivamente poco o per nulla informati sui problemi di infertilità e sterilità e sulle tecniche di PMA.

Secondo il 50 per cento degli specialisti l'infertilità è un problema che riguarda il 20-30% delle coppie italiane. Tra queste, quasi il 70% con età compresa tra i 35 e i 40 anni. Nel 89,3% dei casi si rivolgono a un ginecologo, dando per scontato che il problema sia della donna, solo nel 5,3% si rivolgono al medico generico e nel 2,7% all'andrologo. "Nel 18% dei casi le coppie decidono di andare all'estero per intraprendere una PMA" spiega poi Vaccaro. Le motivazioni riportate dall'indagine vanno dall'accesso a tecniche non consentite in Italia (come la maternità surrogata), al più facile superamento delle liste d'attesa, alla maggiore qualità del servizio. 

C’è poi la questione dell’accesso alle cure in Italia. In base a quanto riportato dalle esperienze degli specialisti, i pazienti con problemi di infertilità sono seguiti quasi nella metà dei casi privatamente (46,6%), il 39,7% è seguito nel pubblico e il 13,7% sia nel pubblico che nel privato. "Il divario appare accentuato a livello territoriale tra le regioni: mentre a Nord i casi sono distribuiti equamente tra strutture pubbliche e private, al Centro il privato gestisce il 58% della domanda, e al Sud il 69%" ha spiegato Vaccaro.

Rispetto all’applicazione della legge 40 del 2004, nell’88,7% dei casi, i medici sottolineano che non in tutte le regioni italiane è assicurato lo stesso livello di qualità nei trattamenti per la PMA e che nonostante le dichiarazioni di principio non in tutte le regioni italiane è assicurata la gratuità dell’accesso alle cure per la PMA (83,3%). Il 76,0% si reputa d’accordo con una revisione della legge 40/2004. L’aspetto della legge che andrebbe principalmente modificato, riguarda la possibilità di offrire effettivamente alle coppie la possibilità di accedere alla fecondazione eterologa (60,5%), un’opinione più condivisa dai ginecologi (61,4%).

Per quanto riguarda il tasso di natalità (passato dal 9,8 per mille abitanti nel 2008 al 8,5 nel 2013, fonte Istat), ha spiegato Vaccaro, "c’è stata un’inversione di tendenza tra Nord (1,46) e Sud Italia (1,31) dovuto principalmente alla fertilità delle straniere residenti nelle regioni settentrionali. Se non avessimo il contributo degli stranieri saremmo già un paese in declino demografico, e nonostante ciò anche il tasso di fecondità tra le straniere si abbassa, perché forse è davvero difficile fare figli nel nostro Paese” ha continuato Vaccaro, che definendosi una veterofemminista ha tenuto a sottolineare come “non è un caso che nei paesi del nord europa le donne facciano più figli, perché sono più tutelate dal welfare rispetto alla loro presenza nel mercato del lavoro. Il tasso di natalità in Italia è così basso anche perché fare figli è diventata una questione privata. La decisione di fare figli è sì individuale, ma riguarda tutti, la funzione riproduttiva dev'essere percepita come un valore per la progressione sociale”. (Claudia Bruno)